sabato 2 maggio 2020
Oltre l'emergenza da Covid-19 emerge la preoccupazione per il proprio impiego, che resta incerto, amplificando così le paure del 50% degli italiani
La presentazione del rapporto Censis-Ugl

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È stato presentato ieri il primo Rapporto Censis-Ugl dal titolo Italiani, lavoro ed economia oltre l’emergenza Covid-19, realizzato per il 70° anniversario di fondazione del sindacato. Nella ricerca, illustrata da Paolo Capone, segretario generale del sindacato Ugl (Unione Generale del Lavoro) e Giuseppe De Rita, presidente del Censis, sono state analizzate le modalità con cui gli italiani sono entrati nell’emergenza, come la stanno affrontando e gli effetti che si produrranno al suo termine. Il Covid-19 sta costringendo tutti a misurarsi con sconvolgimenti della vita che resteranno nel tempo. Il Rapporto delinea uno spaccato delle condizioni reali e degli stati d’animo prevalenti nella popolazione, aiuta a capire gli effetti della pandemia sul lavoro e a conoscere le paure degli italiani, nella prospettiva futura di una ripresa del sistema economico che sarà forte di una rinnovata fiducia verso i corpi intermedi come i sindacati. Dalla ricerca emerge la preoccupazione per il lavoro, che resta incerto amplificando così le paure del 50% degli italiani. Lo confermano anche i dati diffusi dall’Istat, che indicano come gli inattivi tra i 15 e i 64 anni siano a marzo in forte crescita di 301mila unità, con un tasso di 0,8 punti che lo attesta al 35,7%. Inoltre, a preoccupare è anche il corposo calo del Pil, stimato dall’Istat nel 4,8% in termini tendenziali. Dal Rapporto si evince poi che il 57,1% degli italiani risulta pessimista sul proprio avvenire, il 25,5% è ottimista e il 17,4% non ha le idee chiare al riguardo. Tra i timori anche quello di perdere i propri risparmi (61,4%), acuito dal diffondersi della pandemia (il 79,3% si sente meno sicuro rispetto al passato).

EFFETTO LOCKDOWN SU LAVORO E IMPRESE
Quali saranno le conseguenze sul lavoro a seguito del grande blocco, in un Paese che dovrà far fronte a un crollo di Pil le cui previsioni oscillano tra -5% e -15%? Dopo il decennio 2009-2019 c’era più occupazione ma con retribuzioni inferiori e orizzonti temporali più ristretti (crescita di tempo determinato e part-time). I dati del bimestre gennaio-febbraio 2020 (rispetto allo stesso periodo dell’anno prima) non mutano il profilo: occupati stabili (+0,1%), tempo determinato a +1,8%, tempo indeterminato +0,4%. Poi è arrivato il lockdown, con i divieti e le autorizzazioni decise dal governo sulla base dei codici Ateco e delle relative autorizzazioni prefettizie. Il 51,5% del totale dei lavoratori riguarda i settori essenziali e il rimanente 48,5% quelli dei settori bloccati, pari a circa 7,1 milioni di lavoratori (anche giovani, contratti precari, più bassi redditi e microimprese con un solo addetto, a cui vanno aggiunti gli operatori delle varie forme della gig-economy). Il blocco ha colpito più duramente il tessuto delle microimprese, poiché tra quelle con un addetto, per esempio, afferiscono ai settori bloccati ben il 57% del totale delle imprese.

IL PESO DELL’UNIONE EUROPEA
Il Rapporto affronta anche il ruolo dell’Unione Europea in questa emergenza ed è significativo che il 70% degli italiani valuti come inadeguata la cooperazione nella Ue in materia di lotta al Coronavirus. Una quota molto più alta rispetto agli altri Paesi (49% in Francia e Germania). Inoltre, sulle priorità che dovrebbero guidare l’azione europea il 48% chiede maggiore cooperazione tra Stati membri e il 45% aiuti finanziari diretti, mentre il 41% punta sull’allentamento delle regole europee di budget per consentire ai Paesi di sostenere l’economia interna.

LO STATO E LA NUOVA FIDUCIA NEL SINDACATO
Per quasi nove italiani su dieci (l’88,6%) lo Stato è considerato una sorta di “comparsa”: a essere più convinti di questo sono le persone con un basso titolo di studio (34,4%), i redditi bassi (32,4%), i disoccupati (30,9%). In tale contesto, emerge una rinnovata attenzione a organismi intermedi, come il sindacato, nel quale ha fiducia il 34,9% degli italiani, con percentuali più alte tra laureati (38,3%), operai ed esecutivi (37,3%). Così, l’azione sindacale di un soggetto come l’Ugl può dare un contributo essenziale alla salvaguardia della vera ricchezza del modello sociale ed economico italiano.

Per Paolo Capone: «La pandemia ha sconvolto la nostra vita, con conseguenze drammatiche sull’occupazione e con danni gravissimi soprattutto alle pmi e alle microimprese. Dal primo Rapporto realizzato insieme al Censis emerge un pessimismo per il futuro, e occorre essere consapevoli che per vincere questa guerra ognuno dovrà fare al meglio la propria parte, evitando la deriva della disuguaglianza sociale e lo spreco di risorse».

Per Giuseppe De Rita: «È la straordinaria capacità di adattamento degli italiani a essere stata decisiva anche nell’emergenza in corso, in cui hanno accettato con grande compostezza limitazioni significative delle principali libertà individuali. La ripresa certo avrà bisogno di interventi di tipo economico, auspicabilmente per riattivare l’azione delle imprese e dei lavoratori e non per creare nuove dipendenze, e tuttavia potrebbero non bastare se non verrà riconosciuto il ruolo decisivo della società e in essa dei tanti soggetti che ne compongono il paesaggio economico, sociale e territoriale. È la società, non lo Stato, il motore del modello italiano, e dovrà esserlo anche nel prossimo futuro».

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