venerdì 21 giugno 2013
​Il volume – con la prefazione dell’attuale sottosegretario al Lavoro Carlo Dell’Aringa e una post-fazione del direttore di Avvenire Marco Tarquinio – ripercorre la storia dell’introduzione di questa metodologia di ricollocamento al lavoro dei dipendenti di aziende in difficoltà, analizzando in particolare i casi emblematici dell’Italsider di Genova Campi e di Bagnoli (Napoli) tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90.
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C’è uno strumento che in questi tempi di crisi profonda potrebbe essere decisivo, ma che è ancora scarsamente utilizzato nel nostro Paese. È il servizio professionale di ricollocamento, al quale è dedicato un interessante libro in libreria da qualche giorno: «L’outplacement collettivo in Italia» di Teresa Maggiore e Maurizio Carucci (edizioni Libri Este, 184 pagine, 15 euro). Il volume – con la prefazione dell’attuale sottosegretario al Lavoro Carlo Dell’Aringa e una post-fazione del direttore di Avvenire Marco Tarquinio – ripercorre la storia dell’introduzione di questa metodologia di ricollocamento al lavoro dei dipendenti di aziende in difficoltà, analizzando in particolare i casi emblematici dell’Italsider di Genova Campi e di Bagnoli (Napoli) tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Esperienze raccontate dalla voce dei protagonisti di allora e arricchite dalle interviste all’Arcivescovo di Napoli cardinale Crescenzio Sepe e a monsignor Luigi Molinari delegato della Curia genovese per i problemi sociali e del lavoro. Una seconda parte è poi dedicata all’illustrazione della metodologia vera e propria e di come possa essere applicata anche attraverso la collaborazione con gli enti pubblici per ridurre le liste di mobilità. Dove viene applicato correttamente, infatti, l’outplacement collettivo è in grado di assicurare il ricollocamento in una nuova occupazione per l’80% del personale coinvolto nel giro di 8-10 mesi. Anche in tempi di recessione come questi.
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