mercoledì 1 giugno 2022
Al Petrolchimino, che fa parte del gruppo russo Lukoil, il 100% del greggio arriva al momento dalla Russia. Il grido d'allarme del sindaco Gianni: il governo intervenga
Le nuove sanzioni affondano la raffineria di Priolo: 7500 posti a rischio
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Riaprire le linee di credito a Lukoil o acquisire le raffinerie di Priolo (Siracusa) trattando la vendita con la proprietà. Sono le proposte del sindaco di Priolo, Pippo Gianni, preoccupato per il futuro del Petrolchimico di Siracusa a causa della decisione dell'Ue di imporre l'embargo alle importazioni di petrolio russo via nave tra sei mesi, vale a dire a gennaio.

In ballo «c'è il destino economico non solo di una provincia e quello di 7.500 lavoratori», tra diretto e indotto. Il greggio proveniente dalla Russia è al momento l’unica fonte di approvvigionamento delle raffinerie siracusane. Situazione paradossale che ha fatto aumentare le importazioni nonostante la guerra in Ucraina, iniziata da quando il sistema creditizio ha voltato le spalle alla Lukoil troppo esposta con le banche. Prima il petrolio dalla Russia incideva solo per il 15%, adesso è il 100%.

La Isab (società che controlla il Petrolchimico e che ha come unico socio la Listasco, società svizzera parte del gruppo russo Lukoil), tra qualche mesi si ritroverà senza il greggio russo e dovrà chiudere i battenti. «Lo avevo detto nelle settimane scorse che sarebbe scattato un embargo sulle importazioni di petrolio russo, tale da pregiudicare la produzione delle raffinerie Lukoil, con conseguenze drammatiche sotto l'aspetto economico e occupazionale. E puntualmente è arrivato». «È curioso che alcuni Paesi – aggiunge il sindaco di Priolo – come l'Ungheria e la Bulgaria abbiamo avuto delle deroghe, mentre il nostro Paese no».

Gianni chiede al governo di pianificare una strategia per evitare il tracollo del petrolchimico con la convocazione di un tavolo nazionale con governo, sindacati e forze sociali e indica alcune soluzioni per salvare la zona industriale, su cui pende la scure dell'embargo: «Innanzitutto è indispensabile che il governo provveda a dissuadere le banche a sbloccare le linee di credito in favore della Lukoil, che necessita di risorse per portare avanti la sua attività produttiva. Se persiste tale atteggiamento non occorrerà aspettare sei mesi, la fine delle raffinerie avverrà molto prima».L'altra ipotesi è che l'esecutivo nazionale «tratti l'acquisizione delle raffinerie della Lukoil, magari d'accordo con la stessa proprietà, che ricordo essere svizzera nonostante abbia una partecipazione russa, o, nelle more, di assumerne la gestione in modo da non far morire la produzione. A quel punto, si potrebbe acquistare petrolio da altri Paesi». Sul tavolo ci sarebbe l'ipotesi di una nazionalizzazione con l'ingresso di Invitalia al 49% del capitale di Isab.

Ieri al Mise si è tenuto un incontro interlocutorio con il viceministro al ministero dello Sviluppo economico, Alessandra Todde. Cgil e Filctem temono il collasso dell'intera area industriale e parlano di una perdita di circa 10 mila posti di lavoro, se dovesse entrare in crisi e chiudere l'Isab di Priolo. La Uiltec chiede un confronto con il governo sui temi dell'energia partendo dal manifesto presentato da sindacati ed imprese all'esecutivo lo scorso 30 novembre. «Bisogna ridefinire il ruolo della raffinazione in Italia, erroneamente esclusa dai progetti della strategia energetica del governo – dicono i sindacati – è fondamentale aprire un confronto urgente sull'area industriale siracusana per ridisegnare l'assetto futuro del polo energetico siciliano. Non si può perdere altro tempo».

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