domenica 3 aprile 2016
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Latte sottocosto, stalle sull’orlo della chiusura, tensione nelle strade, scontro fra allevatori e trasformatori. La 'guerra del latte' ieri è tornata alla ribalta. A scatenarla gli allevatori di Coldiretti che a Udine si sono ritrovati a migliaia per chiedere, ad un anno dalla fine del regime delle quote europee di produzione, contratti nuovi e più equi oltre che protezione nei confronti del 'fiume' di latte in arrivo dall’estero e che, stando a quanto spiegato, si trasforma poi in prodotti italiani. Che molta ragione stia dalla parte dei produttori è vero. Gli allevatori spiegano che ormai si contano a tonnellate i quantitativi di «latte da buttare perché sono stati disdetti i contratti e il prodotto non viene più ritirato dalle stalle, dove bisogna però continuare a mungere per non far soffrire gli animali». Il problema d’altra parte è più vasto. Secondo Coldiretti «la realtà, è che si punta a far chiudere le stalle per giustificare l’aumento delle importazioni di semilavorati di provenienza straniera a basso costo e scarsa qualità per sostituire il latte italiano». Pura speculazione, quindi, ancora più vantaggiosa dopo lo scatenarsi dell’embargo russo ai prodotti lattiero-caseari europei. E Coldiretti amplifica ancora di più lo scenario. «Il settore agricolo è stato vittima di scelte di politica generale assunte senza alcuna considerazione del pesante impatto sul piano economico, occupazionale e ambientale sui nostri territori», ha detto il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo. In gioco adesso circa 120mila posti di lavoro oltre che la qualità e il buon nome dei prodotti lattieri nostrani. A Udine, da dove passano centinaia di milioni di chili di latte stranieri, la rabbia degli allevatori, che sono arrivati al gesto estremo di buttare partite di latte solo perché provenivano dall’estero. Una rabbia che ha trovato la sintesi in un’immagine: per bersi una tazzina di caffè al bar, servono tre litri di latte. Un’assurdità per chi il latte lo produce da sempre e bene. Sotto accusa ovviamente l’Europa. «La Commissione – ha detto ancora Moncalvo – ha letteralmente sbagliato tutte le analisi e previsioni relativamente al futuro del settore lattiero dopo la fine delle quote, non prevedendo un aumento così repentino delle produzioni soprattutto del nord Europa». Già, perché quello del latte è da tempo un mercato globale: gli effetti della maggior produzione in Irlanda e Olanda si fanno sentire anche qui dove gli aumenti sono già stati del 3-4%. Da tutto questo, la manifestazione di ieri alla quale ha cercato di rispondere il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina che ha spiegato di attendersi dall’Europa «risposte molto concrete» e intanto ha ricordato come «in queste ore stiano arrivando 21 milioni di euro di aiuti straordinari per 25mila allevatori» e come il governo abbia già «tagliato le tasse del 25%, aumentato la compensazione Iva al 10% e chiuso l’accordo con l’Abi per la moratoria di 30 mesi dei mutui delle aziende lattiere ». L’azione del governo ha spinto poi la grande distribuzione organizzata a effettuare una serie di promozioni per la vendita di latte. Mentre la cooperazione sta aumentando proprio gli acquisti di latte italiano: la stessa cosa potrebbe fare l’industria italiana. Ma gli allevatori non sembra vogliano mollare la presa facilmente. L’Ue si comporta come Ponzio Pilato, spiegano, e scarica le responsabilità sugli Stati: «Mancano risposte strutturali di fronte a evidenti squilibri di filiera». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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