domenica 16 giugno 2019
Il presidente di Coldiretti: «Meno chimica e più organico, siamo per la trasparenza nella produzione dei campi. La diffusione di prodotti chimici mascherati mette in pericolo anche l’agricoltore»
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti (Ansa)

Ettore Prandini, presidente di Coldiretti (Ansa)

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La Coldiretti chiede chiarezza sui falsi concimi e assicura: i controlli non fanno paura agli agricoltori. Con la consueta schiettezza, il presidente Ettore Prandini commenta le risultanze dell’inchiesta che ha portato Avvenire a scoprire un giro di concimi irregolari, un’inchiesta su fertilizzanti velenosi a Latina e una normativa a dir poco lasca (l’inchiesta sui falsi concimi in agricoltura biologica, che sono in realtà antiparassitari non autorizzati, è apparsa su Avvenire nei giorni 2, 5 e 8 giugno). L’organizzazione agricola rilancia: meno chimica e più concimi organici nei campi. Ma anche su questo punto, incomprensibilmente, il Ministero delle politiche agricole fa orecchie da mercante.

Coldiretti è preoccupata per l’inchiesta sui falsi concimi?

Non siamo minimamente preoccupati di quel che potrebbe emergere, al contrario. L’inchiesta di Avvenire punta i riflettori su alcuni fatti, che la magistratura valuterà per il loro eventuale rilievo penale e gli agricoltori possono solo essere avvantaggiati dalla trasparenza che verrà fatta. Voglio subito chiarire una cosa.

Cosa?

Siamo favorevoli ai controlli delle istituzioni sui prodotti utilizzati nell’agricoltura. Pensiamo che se, come appare, ci sono prodotti illegali, non debbano circolare nelle campagne e salutiamo positivamente l’incremento dei controlli della Repressione frodi, che sono quasi raddoppiati in un anno. Un sistema efficace di controlli aiuta il settore primario a crescere e gli permette di difendere il made in Italy dai pericoli esterni: oltre all’agropirateria, che fa concorrenza sleale ai nostri produttori sui mercati esteri, ci sono - non dimentichiamolo - le importazioni di erbicidi e concimi irregolari che mettono a repentaglio il nostro rapporto con la distribuzione e con i consumatori.

Non vi preoccuperebbe scoprire che numerosi agricoltori usano fertilizzanti che in realtà sono antiparassitari?

Coldiretti è molto attenta a tutti i danni che possono venire da un utilizzo distorto o criminale dell’agricoltura: quella italiana si è sempre contraddistinta per l’utilizzo di concimi di qualità, mentre altrove, ma pur sempre in Europa, si usa di tutto. Pensiamo ai Paesi dell’Est, dove non ci sono i controlli che abbiamo in Italia… Ripeto, sollevare il velo sulle storture, come state facendo, è un’operazione che va a tutelare gli agricoltori e il vero made in Italy, quello che non ricorre alle scorciatoie e che tiene alta la qualità dal campo alla tavola. Inoltre c’è un altro aspetto dell’inchiesta che è interessante.

Quale?

Soprattutto se si parla di prodotti chimici, l’agricoltore è la prima vittima, rischia in prima persona e non mi riferisco solo alle sanzioni pecuniarie o penali. Questi prodotti, se vengono utilizzati senza tutti gli accorgimenti del caso, nuocciono innanzi tutto all’agricoltore che li distribuisce sul terreno. Quindi, quando si lavora con la chimica, tutto dev’essere autorizzato, accertato, e responsabile. Ciò detto, voglio aggiungere però che, particolarmente nel settore dei fertilizzanti, dobbiamo superare l’approccio monoculturale che ci lega alla chimica: negli ultimi anni si è riscoperta l’importanza della concimazione organica, dopo la sbornia di chimica degli anni Ottanta e Novanta, quando i prodotti di sintesi erano considerati la panacea dell’agricoltura.

Perché questa diffidenza per i fertilizzanti chimici?

Dove sono stati impiegati in maniera intensiva hanno impoverito il terreno, incrementando la desertificazione dei suoli, che sta diventando un problema drammatico in tutta Italia e non soltanto, come si crede, al Sud. Storicamente, la fortuna della Pianura Padana come regione fertile, anzi come una delle più fertili a livello planetario, è sempre stata legata all’abbondanza di sostanza organica, a sua volta frutto dell’intensa attività zootecnica che è stata praticata per secoli in quest’area del Paese. Dobbiamo recuperare quella tradizione, valorizzare una risorsa che oggi viene dispersa e metterla al servizio della qualità alimentare e ambientale della produzione agricola. Abbiamo tutti gli strumenti necessari per farlo: grazie alla pellettizzazione e all’essicazione, possiamo fertilizzare in modo assolutamente naturale anche aree lontane dagli allevamenti e dare una uniformità ai suoli agricoli italiani. Tutto questo nella logica dell’economia circolare così come sollecitato dall’Unione europea in modo da generare la responsabilità del riutilizzo di sottoprodotti utili, riducendo al massimo lo spreco di risorse.

Ciò risolverebbe il problema della Direttiva Nitrati e delle aree vulnerabili in cui la distribuzione dei concimi organici è vincolata, giusto?

Non è solo un problema di nitrati. La gente non sa, perché è un tema da agronomi, che il terreno ricco di sostanza organica trattiene l’acqua, che diversamente percola. Questo effetto spugna ha un immenso valore ambientale che il concime di sintesi non offre.

Operativamente, Coldiretti cosa propone?

Coldiretti spinge perché il compost, il digestato e il separato, che permettono di trasformare in concimi i reflui zootecnici e i residui della lavorazione agricola siano considerati dal Ministero delle politiche agricole dei fertilizzanti naturali, come avviene in altri Paesi europei, ad esempio l’Olanda, e come dobbiamo proporre anche nel nostro ordinamento, in occasione della attuazione della nuova disciplina europea in materia di fertilizzanti, attraverso una semplificazione delle procedure. In Italia esistono ancora delle restrizioni - in base, appunto, alla Direttiva Nitrati - che non rispondono a evidenze scientifiche. Quando, nel 2006, si fissarono le aree vulnerabili dove è possibile distribuire 170 unità di azoto ad ettaro contro le 340 delle altre aree, non fu prodotto alcun dossier scientifico e nessun rilevamento. Anzi, successivi studi condotti sia da Università che da Enti pubblici hanno stabilito che solo una percentuale modesta dell’inquinamento della falda acquifera aveva un’origine agricola. Resta, quindi, ancora aperto il problema dello sversamento dei reflui civili per la carenza di adeguati sistemi di depurazione di molti centri urbani, come dimostra una procedura di infrazione mai chiusa nei confronti dell’Unione europea; mentre l’insediamento di alcuni impianti industriali evidenzia, come in una cartina di tornasole, la forte presenza di nitrati, sebbene nelle stesse zone, siano del tutto assenti attività di allevamento. Tuttavia, in questi anni si è eretto un muro invalicabile all’uso dei concimi organici e si è stati di manica larga, pensate un po’, con i fanghi industriali, che Coldiretti avversa.

L’inchiesta sui falsi concimi in agricoltura biologica, che sono in realtà antiparassitari non autorizzati, è apparsa su Avvenire nei giorni 2, 5 e 8 giugno, dando voce all’Icqrf, a FederBio, al deputato europeo Paolo De Castro e ad Assofertilizzanti (Federchimica)

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