sabato 16 dicembre 2017
Una Coop veneta dà posto a 87 persone in difficoltà usando tessuti avanzati dai grandi brand
I tessuti di scarto danno lavoro ai disagiati
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In Italia si producono, ogni anno, 600 km di tessuti che le grandi industrie di confezioni mandano al macero, oppure rivendono all’estero, perché non utilizzabili essendo di fine serie. Il «Progetto Quid», anticipando con Anna Fiscale, quella che in seguito verrà chiamata «l’economia circolare» ha rimesso in creatività questi materiali, fondando nel 2013 la Cooperativa Sociale Quid, che oggi dà lavoro ad 87 persone, per lo più donne e il 65% di loro in condizione di protezione sociale. Ma Giulia Kathleen Houston racconta che le sue collaboratrici ora sorridono davvero alla vita, intente a confezionare abiti piuttosto che borse, o altri accessori. In quattro anni sono riuscite a recuperare più di 800 km di tessuti, ridando loro la dignità di abbigliamento. Per i loro 5 negozi (due a Verona, uno a Mestre, uno a Bassano del Grappa e uno nel Bolognese), per i cinquanta che acquistano dalla cooperativa, oppure per alcuni dei più bei nomi dell’abbigliamento, o ancora per l’e-commerce.

«Il nostro Quid in più - spiega Fiscale - è il valore rappresentato dalla sostenibilità etica ed ambientale del nostro lavoro», Il Progetto Quid, insomma, è un marchio italiano di moda etica, creato quotidianamente da intraprendenti giovani italiane, ma anche da richiedenti asilo, ex tossicodipendenti, vittime della tratta. «La tradizione della moda in Italia non è né inclusiva né rispettosa dell’ambiente – spiega Giulia –. Noi vogliamo dimostrare che è possibile un’alternativa etica». E rispettando per quanto possibile, si badi, le regole del mercato. Il logo del Progetto, una semplice mol-letta da bucato, simboleggia puntualmente questo programma di vita e di lavoro. «Qui tutto si tiene insieme, come appunto una moletta» sorride Anna. Il brand ha fatto breccia. I materiali vengono messi a disposizione gratuitamente da alcune aziende di moda veronesi. Tessuti di pregio – tiene a far sapere Giulia –, che sono il risultato dell’eccellenza Made in Italy. In questa sartoria non si parte dai modelli ma dai materiali a disposizione; un percorso inverso rispetto a quello tradizionale, ma gli abiti e gli accessori che ne escono, hanno uno stile unico e delle rifiniture di pregio, per cui anche grandi industrie si avvalgono di questo apporto. «In effetti spiega Fiscale - abbiamo legami con Calzedonia, che ci ha aiutato all’inizio fornendoci dei tessuti e a cui abbiamo fornito centomila accessori, con NaturaSì e con Altro Mercato. Ci rapportiamo anche con la Comunità Papa Giovanni XXIII e con il carcere di Montorio».

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