martedì 27 aprile 2010
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«Mia figlia deve rimanere all’asilo: se sta a casa, ho paura che finirà per strada. Devo trovare lavoro, non ho tempo per seguirla». Maria Fernanda ha 37 anni ed è disoccupata da uno, da quando la piccola impresa tessile per cui lavorava a Guimarães, nel distretto di Braga a nord del Portogallo, ha chiuso per sempre. Fernanda tira avanti solo con il sussidio di disoccupazione: 400 euro al mese. «Senza non so come farei, ho una figlia di quattro anni e un’altra di nove». Peggio va ad Aurora, 44 anni e da 12 senza lavoro: a casa ha un marito invalido e due figli con problemi di salute. «La speranza di trovare un impiego l’ho persa anni fa e senza aiuti dovrei andare a mendicare». Parla mentre è in fila al centro per l’impiego di Guimarães insieme ad altri 200 lavoratori. Tutti sono coscienti che i sussidi non ci saranno per sempre e che le fabbriche chiuse probabilmente non riapriranno più. Gran parte tra questi nuovi disoccupati portoghesi erano impiegati nelle imprese tessili e d’abbigliamento, settori nevralgici per l’economia del Nord lusitano. E quando un colosso tessile come l’ex Maconde ammette che uno dei suoi due pilastri, la Macvila, ha 20 milioni di euro di debiti difficilmente pagabili, il quadro occupazionale si colora di tinte oscure. L’ex Maconde, infatti, era arrivata ad essere la prima impresa tessile del Paese, con un fatturato di circa 130 milioni di euro e oltre duemila lavoratori: adesso anche per questo gigante potrebbe aprirsi il baratro del fallimento.Qui si trova l’epicentro della crisi lusitana, nel distretto di Braga, dove vivono un quarto dei disoccupati portoghesi. È sempre in questo distretto che hanno chiuso 365 imprese nel 2009, una al giorno, sul totale di 4.450 aziende fallite in tutto il Portogallo: un aumento del 49% rispetto al 2008. E non c’entra solo il tessile e l’abbigliamento, soffre anche l’edilizia. «Solo nel distretto di Porto quest’anno hanno chiuso 90 imprese edili – spiega Albano Ribeiro, presidente del sindacato – e alcune di queste avevano oltre 900 lavoratori». Molti economisti spiegano che questi sono segnali di problemi strutturali dell’economia portoghese che trasversalmente toccano tutti i comparti: imprese piccole, filiere inesistenti, grande dipendenza dall’export. In ogni caso, i settori vitali dell’economia lusitana sono concentrati al Nord, che soffre come mai era accaduto dalla caduta del regime di Salazar, nel 1974. Perché se la Grecia oggi appare come il grande malato d’Europa, nella corsia d’emergenza dei Paesi continentali colpiti gravemente dalla crisi economica segue a brevissima distanza il Portogallo.I sintomi sono chiari e gli analisti hanno cominciato ad esporsi. La settimana scorsa Simon Johnson, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale, ha dichiarato che il Portogallo di oggi assomiglia all’Argentina del 2002, quindi a rischio default. Nouriel Roubini, il primo economista a pronosticare la crisi mondiale, ha detto che bisognerebbe valutare seriamente l’ipotesi di far uscire Lisbona dall’euro. E giovedì scorso i prezzi degli strumenti derivati che assicurano contro il fallimento delle obbligazioni portoghesi sono quasi raddoppiati rispetto a marzo: i mercati hanno sempre meno fiducia nelle capacità del Paese. Tanto che, dopo la Grecia, si intensificano manovre di speculazioni finanziarie a carico del mercato lusitano. Ieri il premio per titoli di Stato decennali rispetto al Bund tedesco è andato al record di 203 punti, maggior rialzo dal 1997.Secondo il Diario de Noticias, uno dei principali giornali, «adesso sarà necessario tagliare la spesa pubblica del 14% nei prossimi tre anni». E ciò vuol dire che anche i sussidi di disoccupazione di Maria Fernanda e Aurora ne risentiranno. Il motivo sta nel fatto che tra il 2008 e il 2009 il deficit è quasi quadruplicato, passando da 4,4 a 15,3 miliardi di euro. Con la ripresa economica si riuscirà a recuperare molto, ma rimarranno scoperti circa 4 miliardi e mezzo di euro: l’unica soluzione è tagliare assegni sociali e pensioni. Qualcosa che non è mai stato fatto dalla fine della dittatura. All’inizio di aprile, Bruxelles ha approvato il piano di stabilità proposto dal governo di Lisbona, anche se la Commissione Ue non esclude l’applicazione di misure aggiuntive. E per realizzarle ci vuole un ampio consenso politico. Al momento il Parlamento è diviso e sfiduciato visto che, secondo l’Ocse, riscuote la fiducia più bassa (19%) da parte dei propri cittadini rispetto agli altri Paesi europei. Traballa infatti la maggioranza socialista di José Socrates, che a settembre scorso è stato rieletto presidente con una maggioranza relativa (38%): così, per fare i tagli necessari, sarà costretto a molti compromessi con l’opposizione. Se la crisi soffia da Nord, ormai si respira aria pesante anche a Lisbona e il turismo da solo non basta a salvare il sud del Portogallo. Così la magoa (magone), il sentimento di eterno rimpianto che caratterizza l’animo lusitano, sembra inondare le strade portoghesi.
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