giovedì 7 aprile 2016
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NEWYORK La stretta fiscale voluta dal presidente americano Barack Obama inizia ad avere effetto. Il colosso farmaceutico Usa Pfizer ha infatti confermato ieri l’annullamento della fusione da 160 miliardi di dollari con la società irlandese Allergan a causa di «modifiche fiscali avverse». Soli due giorni prima, il Dipartimento al Tesoro americano aveva annunciato il nuovo regolamento per minimizzare l’ondata di «inversioni» – la manovra con cui società statunitensi acquistano o si fondono con aziende straniere e trasferiscono la propria sede all’estero per ridurre l’impatto fiscale. E il capo della Casa Bianca, pur evitando di puntare il ditto sulla fusione in questione, aveva aspramente criticato l’abbandono della residenza fiscale Usa a favore di una estera, sottolineando che la manovra lascia «tutti gli altri con il conto da pagare» e «i lavoratori americani a pensare che il sistema è tarato contro di loro». Il matrimonio tra la casa produttrice del Botox e il gigante americano, annunciato lo scorso novembre, avrebbe infatti dato vita alla maggiore 'inversione' della storia, permettendo alla Pfizer di ridurre il proprio tasso fiscale dal 24% al 17%, con un risparmio di 35 miliardi di dollari. Ottenere il via libera del governo avrebbe però comportato anni di battaglie legali e le due società farmaceutiche hanno pertanto concordato di fare marcia indietro sulla fusione. Allergan – che verrà risarcita da Pfizer 150 milioni di dollari per il mancato affare – ha fatto sapere che, ad ogni modo, è sulla strada «per una forte e sostenibile crescita» e che intende, entro giugno, concludere la vendita da 40,5 miliardi di dollari della divisione farmaci generici alla israeliana Teva Pharmaceutical industries. Pfizer, che si sarebbe «avvicinata a tale transazione da una posizione di forza, considerando la potenziale fusione quale un acceleratore di strategie esistenti», sta invece già considerando le mosse future. «Entro la fine del 2016 prenderemo una decisione se implementare una potenziale separazione del nostro settore innovativo e di quello consolidato », ha commentato l’Ad Ian Read, anticipando quindi di almeno tre anni il possibile spin off della divisione medicinali generici. La tempestività con cui le due società hanno rinunciato alla fusione subito dopo il giro di vite del governo, testimonia che l’affare non avrebbe avuto senso senza il beneficio derivato dal più ridotto tasso fiscale di alcuni Paesi, quali l’Irlanda. Una questione, quella della cosidetta 'ottimizzazione fiscale', che il presidente Obama ha definito un «enorme problema » e che, con l’aiuto del Congresso, vorrebbe risolvere prima di lasciare la Casa Bianca. Le società americane vengono tassate per il 35% sui profitti realizzati, compresi quelli esteri, e molte pertanto cercano di non rimpatriare i guadagni per evitare la scure fiscale. Secondo gli esperti, però, tali profitti hanno toccato l’anno scorso il livello di 2,4 mila miliardi di dollari, costando al governo 695 miliardi in tasse non percepite. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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