giovedì 24 gennaio 2013
​Referenze ed esperienza valgono più di un titolo di studio per trovare lavoro: lo afferma un sondaggio on line del Gruppo Sanpellegrino in occasione del Premio di Laurea Sanpellegrino Campus (nella foto).
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​Scarsa propensione delle aziende ad assumere (26%), turnover bloccati (25%), poca esperienza maturata (16%). Queste le difficoltà maggiori individuate dai giovani italiani, laureati e ancora in corso di studio, nell’entrare nel mercato del lavoro e per ben il 56% di loro neanche la laurea da sola basta a trovare un impiego. Nonostante questo solo il 22% dei laureati e il 26% degli studenti lascerebbero l’Italia per andare all’estero. L’obiettivo futuro è la piena realizzazione professionale per un laureato su 4 (26%), mentre uno studente su 3 (31%) sogna di entrare a far parte di una grossa azienda o di un gruppo internazionale. Tuttavia ciò che manca, secondo i sondati, è un ponte che metta in comunicazione giovani e imprese (16%) e forme contrattuali che si trasformino in assunzione (16%). E alle aziende un ragazzo su 3 (30%) chiede più meritocrazia e integrazione nei progetti aziendali (15%). È quanto emerge da una ricerca promossa dal Gruppo Sanpellegrino in occasione del Premio di Laurea Sanpellegrino Campus (http://www.sanpellegrino-corporate.it/campus.aspx), attraverso un sondaggio online in collaborazione con Tesionline nel mese di dicembre 2012, su 11.011 tra laureati e studenti universitari italiani, per capire quali sono i problemi, i bisogni e le aspettative nei confronti del mondo del lavoro e delle aziende.Il 25% dei giovani imputa la mancanza di lavoro ai turnover bloccati, percezione che sale ancora di più tra gli universitari (31%). Il 36% dei laureati invece indica le difficoltà maggiori nei costi del lavoro troppo elevati (12%), poca attitudine al rischio e all’innovazione (12%) e al mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro (12%). E ben un giovane su 4 (26%) afferma che la difficoltà maggiore ad entrare nel mercato del lavoro è dovuta alla scarsa propensione delle aziende ad assumere, percezione che sale tra gli universitari (34%).Malgrado tutte queste difficoltà, tuttavia, solo il 24% dei giovani andrebbe all’estero. Il 16% dei laureati vorrebbe restare in Italia per affermarsi e trovare un futuro in quello che sentono come il loro Paese, mentre 2 studenti su 10 (20%) sono scettici e ritengono che all’estero la situazione non sia molto diversa da quella italiana. Senz’altro ciò che spingerebbe a trovare un’occupazione fuori dall’Italia è la sfiducia nelle possibilità di crescita del Paese, sensazione più alta nei giovani universitari (21%), e l’idea che al di fuori dei confini italiani ci siano criteri meritocratici più certi e trasparenza negli avanzamenti di carriera, convinzione più forte nei laureati (19%).Per il 22% dei laureati la difficoltà maggiore è strutturale al sistema economico italiano che non riesce più ad assorbire forza lavoro con istruzione elevata. Gli studenti accusano di non vedersi riconosciuta l’esperienza maturata durante i frequenti cambi di lavoro (20%), lamentano l’inadeguatezza dei processi formativi (18%), la mancanza di un ponte che li metta in comunicazione con le imprese (18%) e l’esistenza di formule contrattuali che non sempre portano all’assunzione (18%).  E a far incontrare aziende e giovani dovrebbero essere, secondo questi ultimi, principalmente le Istituzioni (31%), ovvero Stato ed enti locali. I laureati vorrebbero inoltre un’azione più incisiva delle Università (19%) mentre uno studente su 3 (29%) si aspetta di più dalle strutture di coordinamento tra domanda e offerta di lavoro. Ma a fare un passo verso i giovani, secondo il 14% di loro, dovrebbero essere inoltre le stesse aziende.Ben il 45% dei sondati vorrebbe che le aziende premiassero di più il merito, bisogno più forte negli studenti (39%), e facilitassero l’integrazione attiva delle risorse nei progetti aziendali, condizione invece molto sentita dai neo laureati (19%). Il 15% chiede alle aziende invece di attivare e investire in percorsi di formazione più incisivi, mentre il 14% crede che le imprese debbano dare una mano ai giovani soprattutto a livello di welfare aziendale, proprio per rispondere ad alcuni bisogni pratici che altrimenti impedirebbero alle risorse di lavorare attivamente.Tuttavia ben un laureato su 3 (33%) e il 37% degli studenti non riescono a vedersi da qui a dieci anni, soprattutto perché il contesto attuale impedisce di fare programmi a lungo termine. Solo il 9% dei laureati e il 6% degli universitari si vedono pienamente realizzati, anche se prevale un senso di sfiducia: il15% dei sondati pensa che fra dieci anni non sarà in Italia; il 9% immagina che si troverà a fare un lavoro diverso per il quale ha studiato e investito tempo e denaro; un altro 9% dichiara che il futuro ridimensionerà sogni e ambizioni di oggi; infine il 7% pensa che non riuscirà a costruire una famiglia per via della precarietà lavorativa.
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