lunedì 10 febbraio 2014
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L’impiegato pubblico che abbia maturato i requisiti per una pensione entro il 31 dicembre 2011 può restare al lavoro fino ai 65 anni d’età. Raggiunta quest’età, è obbligatorio per l’amministrazione da cui dipende metterlo a riposo. Lo afferma la nota protocollo n. 6295/2014 della Funzione pubblica. I chiarimenti sono stati richiesti da un Comune e riguardano il Decreto legge n. 101/2013 nella parte in cui ha interpretato la norma della riforma delle pensioni Fornero, in vigore dal 1° gennaio 2012, che consente di pensionarsi ancora con le vecchie regole. Infatti, con una deroga ai nuovi requisiti di pensione (fino a 66 anni, l’età per le donne), la riforma Fornero consente di accedere alla pensione con i precedenti criteri ai lavoratori che maturino i requisiti entro il 31 dicembre 2011. Su questa deroga, tuttavia, è sorta una vicenda giudiziaria. In prima lettura, la Funzione pubblica ne trasse un preciso vincolo per le pubbliche amministrazioni, ossia l’obbligo di collocare a riposo, a partire dal 1° gennaio 2012 e al compimento di 65 anni di età (limite ordinamentale), i dipendenti che nell’anno 2011 avessero la massima anzianità contributiva (40 anni) o la quota 96 o comunque i requisiti per una pensione (circolare n. 2/2012). In tal modo venne implicitamente abrogata anche la facoltà, a favore degli impiegati statali, della permanenza in servizio fino a 70 anni d’età. Per questo motivo la circolare della Funzione pubblica venne impugnata e fu annullata dal Tar Lazio (sentenza n. 2446/2013) che così ripristinò la possibilità di rimanere in servizio fino a 70 anni d’età. Infine è arrivato il Decreto Legge n. 101/2013 che, ribaltando nuovamente la situazione, ha fatto salvo le originarie indicazioni della Funzione pubblica sulla permanenza in servizio, al massimo, fino a 65 anni d’età (il cosiddetto limite ordinamentale). Nella nuova nota, la Funzione pubblica ribadisce questo indirizzo. Spiega, in particolare, che il Decreto Legge n. 101/2013 chiarisce che, qualora un dipendente pubblico abbia conseguito un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011, lo stesso è obbligatoriamente soggetto al regime dei requisiti e delle decorrenze previgente rispetto alla riforma Fornero. In sostanza, precisa che «il dipendente con un diritto a pensione maturato entro il 31 dicembre 2011 non può esercitare un’opzione per il nuovo regime, ma soggiace comunque (obbligatoriamente) al regime previgente».Posto tale principio, aggiunge la Funzione pubblica, resta da verificare un ulteriore elemento. Ossia se quel dipendente (il quale ha maturato un diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011) non abbia ancora raggiunto l’età ordinamentale per la permanenza in servizio, ossia 65 anni di età: se è così,  egli è titolare di un diritto che può o meno decidere di esercitare, cioè mettersi o meno in pensione. In caso affermativo l’amministrazione deve accogliere l’istanza del dipendente e collocarlo a riposo in virtù del diritto conseguito prima di 65 anni d’età. Qualora invece il dipendente non eserciti tale diritto, l’amministrazione lo trattiene in servizio con obbligo di collocarlo a riposo al compimento di 65 anni d’età. Tutt’al più, conclude la nota, il dipendente può chiedere, se ricorrono le condizioni, di essere trattenuto in servizio per un ulteriore biennio (art. 16 del dlgs n. 503/1992).Infine la nota della Funzione Pubblica segnala che, per i dipendenti che vanno in pensione con i requisiti maturati entro il 31 dicembre 2011, si applica anche il vecchio regime delle decorrenze (cioè la finestra di 12 mesi).
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