martedì 7 novembre 2017
Ci potrebbe essere un lieve aumento (1,2%), infatti, grazie alla cosiddetta perequazione automatica
Da gennaio torneranno a crescere
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Buone notizie per i pensionati. Dal prossimo mese di gennaio la pensione tornerà a crescere. Ci potrebbe essere un lieve aumento (1,2%), infatti, grazie alla cosiddetta perequazione automatica. La stima è fatta sulla base dei dati Istat dell’inflazione e dovrà adesso essere confermata da un apposito decreto ministeriale, sulla base del quale l’Inps poi procederà a ricalcolare gli assegni in pagamento da gennaio. Come già successo nel passato, tuttavia, anche questa volta non tutti riceveranno l’aumento: sarà negato, in particolare, alle pensioni che superano l’importo di 3.012 euro (poco più di 2.100 euro al netto delle tasse).

La perequazione delle pensioni è l’automatismo che consente l’adeguamento delle pensioni al costo della vita Istat, al fine di salvaguardare, in qualche misura, il reale potere d’acquisto. La disciplina risale alla legge Finanziaria 1999, modificata più volte, specie negli anni di crisi per ridurre la spesa pubblica. Dal 2001 la perequazione attribuisce questi aumenti: 100% del tasso Istat alle pensioni fino a tre volte il minimo Inps; 90% a quelle fra tre e cinque volte; 75% a quelle superiori a cinque volte. Ad eccezione del 2008 (non ci fu perequazione per le pensioni superiori a otto volte il minimo), il criterio è rimasto valido fino al 2011. Negli anni 2012 e 2013, la riforma Fornero (dl n. 201/2011) ha attribuito la rivalutazione al 100% alle pensioni fino a tre volte il minimo e nessuna a quelle d’importo superiore. Nell’anno 2014 l’aumento è stato dell’1,2%, nel 2016 non c’è stato perché l’Istat è stato negativo e così pure per il corrente anno; per il 2015, invece, ci sarebbe dovuto essere un recupero (a debito) sulle pensioni.

Il recupero, in particolare, ci sarebbe dovuto essere perché a dicembre 2014 venne adottato un indice di rivalutazione provvisorio per l’anno 2015 dello 0,3%, mentre quello definitivo, a fine anno 2015, risultò dello 0,2%, cioè inferiore. Pertanto, nell’anno 2016 sarebbe dovuto scattare il recupero sulle pensioni dell’aumento dello 0,1% ricevuto in più dai pensionati, moltiplicato per le 13 mensilità erogate nel corso dell’anno 2015. Si tratta d’importi contenuti: tra 16 e 20 euro per chi incassa pensioni lorde mensili che oscillano tra 1.400 e 3 mila euro. Ma la legge Stabilità rinviò la procedura di recupero dall’anno 2016 all’anno 2017, tanto che l’Inps si era già attrezzata, indicando che il prelievo sarebbe scattato in quattro rate a partire dalla mensilità dello scorso aprile. Ma è arrivato il decreto Milleproroghe ed ha spostato il prelievo ancora di un anno, al 2018, nella speranza che la ripresa dell’inflazione, quest’anno, riesca a compensare l’effetto sugli assegni. A quanto pare la sorte aiuta il governo: per l’anno prossimo dovrebbe scattare l’aumento dell’1,2% ed è molto probabile che l’Inps stabilisca il riconoscimento di una perequazione ridotta, al fine di recuperare quel debito dello 0,1% che i pensionati si portano dietro da due anni.

Come andrà lo sapremo solo dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto che fisserà il tasso di rivalutazione 2017, valido per il 2018, e dopo le conseguenti istruzioni dell’Inps. Intanto ecco qualche ipotesi. Con l’incremento dell’1,2% l’importo del trattamento minimo Inps salirà da 501,89 a 507,92 euro mensili dal prossimo 1° gennaio. Salirà anche l’assegno sociale, la rendita assistenziale corrisposta agli ultra 65enni privi di altri redditi e introdotta dalla riforma Dini delle pensioni (legge n. 335/1995) per sostituire la vecchia pensione sociale, passando dagli attuali 448,07 euro mensili a 453,45 euro. Invece, la pensione sociale, che ancora è erogata a chi ne era titolare al 31 dicembre 1995, arriverà a 373,69 euro mensili.

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