martedì 13 settembre 2016
​Intesa coi sindacati: uscita fino a tre anni e sette mesi prima. Incontro tra Nannicini e Cgil, Cisl e Uil. L’anticipo pensionistico sarà a costo zero solo per i più deboli (fino a 1.500 euro lordi). Penalizzazioni massime del 25%.
Pensioni, Ape per tutti a 63 anni
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Cominciano a delinearsi i "titoli" principali della prossima manovra d’autunno. Da una lato il governo conferma in un incontro con i sindacati l’avvio dell’Ape, l’anticipo della pensione, a partire dai 63 anni di età. Dall’altro il ministro Padoan rinvia a tempi migliori il taglio dell’Irpef in busta paga: «Continueremo però a ridurre la pressione fiscale», assicura annunciando interventi per sgravare i salari di produttività insieme a un sostegno agli investimenti e la conferma del superammortamento per le imprese.Ma andiamo con ordine. L’anticipo pensionistico potrà essere chiesto dal gennaio prossimo fino a 3 anni e sette mesi prima del raggiungimento della pensione di vecchiaia (per gli uomini, le donne la raggiungono ancora l’anno prossimo a 65 anni e 7 mesi). Una flessibilità che sarà conveniente per le categorie disagiate – disoccupati, lavoratori a basso reddito, precoci o impegnati in attività usuranti – ma potrebbe essere molto costosa per gli altri: fino al 25% dell’importo della pensione secondo alcune stime. Il meccanismo prevede che chi vuole uscire prima ottiene un prestito, attraverso l’Inps, per gli anni che mancano all’età di pensionamento: dovrà poi restituirlo a rate che andranno a ridurre il suo assegno previdenziale. La stima sul «taglio» dell’importo deriva dal calcolo sulla restituzione netta (fino al 16% in caso di tre anni di anticipo) maggiorata del tasso di interesse e del premio assicurativo. La percentuale lorda potrebbe arrivare così fino al 25% della pensione maturata (considerando un’uscita anticipata tre anni e sette mesi prima) per i lavoratori che non rientrano nelle fasce deboli. Un taglio consistente che, di fatto, limiterà la possibilità di accesso a questo strumento. L’incontro di ieri tra i sindacati il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il sottosegretario Tommaso Nannicini è servito a delineare i principali interventi sul capitolo previdenza in vista del vertice "politico" del 21 settembre, quando con i segretari generali confederali si tireranno le somme di questa sorta di concertazione rediviva. Il governo ha confermato anche la volontà di intervenire sulle pensioni in essere: non un intervento sulle minime ma un’estensione della platea di chi ha diritto alla quattordicesima. Secondo quanto emerso dall’incontro di ieri le risorse per l’Ape stanziate per il 2017 (concentrate sui soggetti più deboli) saranno pari a circa 400 milioni. Ma nel complesso per tutto il pacchetto pensioni il governo pensa a un impegno di circa due miliardi di euro.L’intervento sulla previdenza con il coinvolgimento dei sindacati segna in qualche modo una novità nella politica economico del governo. Ma anche le misure finanziarie evidenziano una correzione di tiro. Fino a pochi mesi fa Renzi si era convinto di accelerare sugli sgravi sui redditi per favorire i consumi delle famiglia. «Tagliare le tasse è l’Abc, la priorità», ha rimarcato ieri il premier. Ma con la ripresa che non decolla e anzi ristagna, l’attenzione si è spostata sulla competitività del sistema e la produttività piuttosto che sul sostegno alla domanda. Niente taglio dell’Irpef, quindi (se ne riparlerà forse nel 2018) ma occhi puntati sulle imprese: si conferma l’annunciato taglio dell’Ires e si punta a rafforzare i superammortamenti «che hanno funzionato», ha spiegato Padoan. Quanto alla produttività, l’idea è di estendere gli sgravi sul premi di risultato, ripristinati quest’anno, ma con un probabile ampliamento della platea. «I contratti a livello aziendale – ha detto il ministro – devono essere sostenuti, sono fonte di crescita della produttività e del reddito dei lavoratori». Padoan ha anche confermato che sarà riaperta la voluntary disclosure, l’operazione di regolarizzazione dei capitali in nero detenuti all’estero. La prima edizione aveva raccolto 4 miliardi di euro, la seconda frutterà un po’ meno, ma il ministro confida che possa avvicinarsi a quella soglia, confida il ministro. Trattandosi di "una tantum" le risorse non potranno essere utilizzate per interventi strutturali.
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