martedì 13 febbraio 2018
Dovranno indicare l'origine della materia prima: obiettivo chiarezza per i consumatori. I pastai: ma sono in arrivo nuove regole Ue
Per pasta e riso è una questione di etichetta
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Pasta e riso d’ora in avanti avranno etichette con l’indicazione dell’origine della materia prima. E’ un passo in avanti importante verso la corretta informazione alimentare. Produttori e consumatori giustamente cantano vittoria e chiedono adesso che si completi il ventaglio di alimenti dei quali – di fatto – si dovrebbe sapere tutto. Il cammino delle etichette chiare e semplici, infatti, non è ancora terminato. E in gioco non c’è solo la corretta informazione ma anche i conti di un settore sempre più prezioso per l’economia nazionale.

Pasta e riso. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha comunicato che è scattato (fra oggi e domani a dire la verità), “l’obbligo di indicazione dell'origine della materia prima in etichetta per il riso e per la pasta”. Sono entrati pienamente in vigore, infatti, i decreti che consentono ai consumatori di conoscere il luogo di coltivazione del grano e del riso in modo chiaro sulle confezioni. Le nuove confezioni di pasta secca e riso (possono ancora essere messe in vendite quelle vecchie fino ad esaurimento dei magazzini), devono contenere precise indicazioni sull’origine del prodotto. In particolare per la pasta secca decreto prevede che le confezioni prodotte in Italia devono avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture relative al Paese di coltivazione del grano (nome del Paese nel quale il grano viene coltivato), di quello di molitura (dove cioè viene macinato). Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE; se invece il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l'Italia, si potrà usare la dicitura: "Italia e altri Paesi UE e/o non UE". Situazione simile per il riso. In questo caso, dice sempre il Ministero, il provvedimento prevede che sull'etichetta del riso devono essere indicati il "Paese di coltivazione del riso", il "Paese di lavorazione" e il "Paese di confezionamento". Se le tre fasi avvengono nello stesso Paese è possibile utilizzare la dicitura "Origine del riso: Italia". Anche per il riso, se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.In generale, inoltre, le indicazioni sull'origine dovranno “essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili”.

Obiettivo chiarezza. Chiarezza primo di tutto, quindi. Che è poi quanto gli italiani chiedono. Lo stesso Ministero, infatti, indica che “oltre l'85% degli italiani considera importante conoscere l'origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per la pasta”. Questo, almeno è ciò che emerge da una consultazione pubblica online sulla trasparenza delle informazioni in etichetta dei prodotti agroalimentari, svolta sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a cui hanno partecipato oltre 26mila cittadini. “Proteggere il Made in Italy – ha spiegato poi il Ministro Maurizio Martina – significa puntare sulla massima trasparenza delle informazioni in etichetta ai cittadini. Per questo abbiamo voluto con forza sperimentare l'obbligo di indicare espressamente sulle confezioni di pasta e riso il luogo di coltivazione”. Cosa rimane ancora da fareAllo scattare dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine della pasta e del riso, hanno naturalmente esultato sia i produttori che i consumatori. Che tuttavia fanno rilevare quanto occorre ancora fare. “Con la decisione di accelerare sull’etichettatura di origine obbligatoria anche per la pasta e per il riso di fronte alle incertezze comunitarie si realizza un passo determinante nella direzione della trasparenza dell’informazione ai consumatori”, ha per esempio commentato Roberto Moncalvo, Presidente di Coldiretti, che tuttavia ha subito rilevato come “ancora 1/4 della spesa degli italiani resti anonima”. I coltivatori puntano il dito sull’Europa e spiegano: “Di fronte all’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Unione Europea che obbliga ad indicare l’etichetta per la carne fresca, ma non per quella trasformata in salumi, per la frutta fresca, ma non per i succhi, l’Italia che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie”. Ad oggi comunque, rimangono ancora fuori dall’obbligo delle indicazioni di origine delle materie prime, alimenti come salumi e carni trasformate, le carni di coniglio, l’ortofrutta trasformata, il pane.

Gli aspetti economici. Quella delle etichette chiare e trasparenti è una battaglia che ha forti risvolti anche economici. Sulla corretta informazione, per esempio, si gioca una buona parte della partita contro i falsi prodotti agroalimentari italiani cil cui giro d’affari vale da solo decine e decine di miliardi di euro. Guardando pi alla pasta, Coldiretti ha fatto rilevare come per quasi 6 italiani su 10 (58%) la pasta sia il vero simbolo del Made in Italy nel mondo, seguita dall’olio extravergine d’oliva (19%) e dal vino (18%). Ma soprattutto la pasta vale qualcosa come 3,2 milioni di tonnellate all’anno di prodotto, le cui esportazioni però sono in calo a che a causa della concorrenza sleale oltre che, spiegano i coltivatori, “della rapida moltiplicazione di impianti di produzione all’estero, dagli Stati Uniti al Messico, dalla Francia alla Russia, dalla Grecia alla Turchia, dalla Germania alla Svezia”. Situazione critica, quindi, anche se Confcooperative ha fatto notare come negli Usa un pacco di pasta su tre sia italiano (con un aumento delle vendite del 39% in cinque anni).

I passi già compiuti. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica degli agricoltori e in particolare di Coldiretti che aveva promosso la raccolta di un milione di firme per arrivare ad una legge di iniziativa popolare (Legge n.204 del 3 agosto 2004). Il 19 aprile dello scorso anno, invece, era scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.

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I pastai italiani: ma l'etichetta cambierà ancora. In arrivo un nuovo regolamento Ue

“I pastai italiani sono pronti: ci siamo già adeguati a questo regolamento nazionale, come sempre fatto per ogni normativa che interessa i nostri associati, arrivando anche in anticipo rispetto alla data prevista, tanto che pacchi di pasta con la nuova etichetta sono già presenti sugli scaffali da alcune settimane - commenta Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di AIDEPI, (l'Associazione delle industrie del dolce e della pasta) nel fare il punto della situazione. “Certo, per qualche tempo gli italiani troveranno nei punti vendita anche pacchi di pasta con la ‘vecchia’ etichetta, perché ci sono ancora delle giacenze da smaltire”.

“Da questo momento in avanti – continua Felicetti - i consumatori avranno modo di verificare che dietro ottime marche di pasta a volte ci sono semole ricavate da grani duri italiani e altre volte, invece, semole che utilizzano anche ottimi grani duri stranieri. Non bisogna infatti confondere l’origine con la qualità del prodotto: tutto il grano che utilizziamo per la pasta italiana, per bontà, sicurezza e tracciabilità, è il migliore del mondo.”

Ma questa etichetta è destinata a durare poco. “Purtroppo, come temevamo, questa etichetta sarà presto superata dal Regolamento Ue sull’origine degli alimenti, che arriverà questa estate e cambierà nuovamente le carte in tavola - ricorda Felicetti. Noi pastai saremmo costretti a riadeguare nuovamente l’etichetta e il consumatore troverà questa informazione scritta in un modo differente.”

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