mercoledì 27 settembre 2017
Al gruppo italiano il 50 % più l'1 % in «prestito» da Parigi. L'escamotage che ruota intorno al numero uno
Clima disteso. Macron accoglie Gentiloni (Ansa)

Clima disteso. Macron accoglie Gentiloni (Ansa)

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Il braccio di ferro su Stx France, che sembrava aver messo in bilico i rapporti fra Roma e Parigi, è finito. Con l’obiettivo di salvare la faccia, Emmanuel Macron ha presentato come un classico «accordo win-win», vincente per entrambi, quello che dà soluzione al caso nato dopo l’acquisizione dei cantieri francesi da parte di Fincantieri (e la successiva nazionalizzazione francese) e che fa nascere così un colosso europeo da 10 miliardi di ricavi annui.
Come «vincente» è anche la nuova spinta data alla Tav ferroviaria fra Torino e Lione, nell’altro capitolo rilanciato dal 34° bilaterale fra i due stati (con 10 ministri al seguito): «I progetti buoni sono quelli che ci vedono vincenti entrambi, abbiamo costruito qualcosa d’intelligente», ha rimarcato Macron.

Quello che un paio di mesi fa sembrava impossibile è maturato sotto gli stucchi dorati e i drappeggi della prefettura di Lione, simbolicamente raggiunta da Macron e da Paolo Gentiloni a bordo della stessa auto (reduci dalla visita a una mostra su Lumiere). E somiglia proprio a un copione cinematografico l’epilogo di questa vicenda che aveva segnato l’estate. Fincantieri avrà alla fine il 50%+1 di Saint Nazaire (contro il 66,6% rilevato a maggio dal tribunale coreano) che le consentirà comunque il controllo societario, mentre Parigi si vede confermate garanzie sui posti di lavoro e sul fatto che non ci sarà trasferimento di tecnologie. Anche Gentiloni l’ha definito un «accordo ottimo».

Nel momento in cui vuole proporsi come l’alfiere della nuova Europa vincolata a rinascere dopo lo smacco delle elezioni tedesche, Macron non poteva permettersi d’altronde una frattura permanente con l’Italia. Così, dopo il discorso di martedì alla Sorbona e alla vigilia del bilaterale che il presidente francese avrà oggi con Angela Merkel a Tallinn (dove venerdì si terrà un Consiglio Europeo), è stata una forte trazione europeista a marcare il summit e i suoi esiti.

E’ in quest’ottica che sono state trattate le vicende delle navi e delle ferrovie. Ma pure gli altri capitoli: dai migranti alla cooperazione militare (previsti «insediamenti militari comuni nel Sahel»), dal clima alla cultura (annunciata una sorta di Erasmus specifica, con «scambi» nel settore). Il presidente francese ha enunciato l’intenzione di dare un seguito immediato alle sue proposte per una "nuova Europa": «Lanceremo già da Tallinn le iniziative del gruppo degli amici della rifondazione Ue», ha detto coniando idealmente un nuovo "format" per gli incontri fra i maggiori leader europei e sottolineando che seguirà «personalmente» questo gruppo.

Il capo del governo italiano ha giocato di sponda: ha affermato di aver trovato «una forte spinta europeista» nel discorso di Macron e che «è ora il momento dell’ambizione». Anche perché, ha fatto notare il capo dell’Eliseo, i leader «conoscono bene le esigenze dei cittadini» europei, si tratta di mettere in campo gli strumenti giusti. L’esempio classico è la politica migratoria: per Gentiloni, che ha ricordato come il Regolamento di Dublino sia nato di fatto già superato dagli eventi di un’ondata senza precedenti, «non è possibile che quella che è considerata una delle grandi preoccupazioni dei nostri concittadini non sia una delle 3-4 grandi politiche che caratterizzano l’Europa, c’è uno squilibrio che stiamo riducendo ma dobbiamo impegnarci». Con un’azione basata anche, ribadisce il documento uscito dal bilaterale, sul «dissuadere i tentativi di attraversamento illegale del Mediterraneo».

Nell’attesa, a tener banco sono i dossier economici. L’intesa Fincantieri-Stx, definita «solo il primo passo di un progetto ambizioso», è completata da un gruppo di lavoro che lavorerà (tempo «7-8 mesi», ha precisato Macron) allo sviluppo in chiave anche di navi militari.

Quanto alla Torino-Lione, resta «un collegamento chiave», hanno scandito Gentiloni e Macron: per questo sarà insediato un altro gruppo di lavoro ed «entro il 1° trimestre 2018 preciseremo i termini futuri del tunnel di base». Unico tema non trattato è stato il dossier Tim/Vivendi: «Dobbiamo essere modesti», ha chiosato Macron ribadendo che sono in primo luogo affari fra privati.

L'intesa. L'escamotage ruota intorno al numero 1

L’escamotage ruota attorno al numero 1. Quell’un per cento che consentirà al gruppo di Trieste di avere la maggioranza del 51%, quindi il potere nella governance aziendale di Stx France, in aggiunta al 50% riconosciuto a Fincantieri. La restante metà del capitale – ha rivelato per primo il giornale "Le Monde" – sarà nelle mani del campo francese, ripartita fra lo Stato in via diretta 34,34%, il gruppo pubblico militare Naval Group (10%), il 3,66% alle imprese locali e il 2% ai rappresentanti dei lavoratori. La formula innovativa – si dice ispirata da Macron in persona, forte della sua esperienza di banchiere nel colosso Rothschild – prevede che questo 1 per cento sarà concesso in prestito per 12 anni a Fincantieri. Che, per di più, avrà dalla sua nel consiglio d’amministrazione a 8 componenti sia il presidente sia l’amministratore delegato di nomina italiana, anche se l’Eliseo premeva per nominare il presidente francese, ma soprattutto il "casting vote", il voto decisivo in caso di parità nei consensi.

Periodicamente si farà il punto della situazione, ma l’eventuale revoca – da parte francese – del prestito potrà essere motivata, spiegano fonti del Tesoro, «solo a condizione di un inadempimento di Fincantieri rispetto agli impegni industriali presi». Sarà dopo i 12 anni che si tireranno le somme: se tutto sarà andato bene, l’intesa è che quell’1% passi di diritto, in via definitiva, agli italiani. Viceversa, se le cose dovessero andar male, una clausola obbliga lo Stato francese a ricomprare da Fincantieri tutta la sua quota – l’intero 51% – a un "fair price" concordato fra le parti. Sempre il Tesoro italiano sostiene che si tratta di un’intesa migliore della precedente soluzione di compromesso ipotizzata, che prevedeva solo il 48% in via diretta a Fincantieri e il 4% in mano a un’istituzione finanziaria italiana.

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