mercoledì 6 aprile 2016
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Cade il primo pezzo grosso, molti altri traballano e tremano in tantissimi. Col trascorrere delle ore, lo scandalo Panama Papers invece che ridimensionarsi si continua ad allargare. La vittima numero uno dell’inchiesta che ha alzato il velo sul rifugio fiscale di politici e personaggi pubblici di tutto il mondo è il premier islandese. Accusato di avere una società offshore assieme alla moglie, dopo 48 ore vissute sotto assedio, il primo ministro Sigmundur David Gunnlaugsson cede e si dimette. Ma la sensazione è che sia solo l’inizio. L’effetto globale scattato con la diffusione dei documenti trapelati dallo studio legale Mossack Fonseca appare devastante. La Cina si limita a oscurare le lenti e i motori di ricerca su Internet, censurando direttamente la diffusione delle notizie che chiamano in causa alcune società legate alle famiglie del presidente cinese Xi Jinping e ad altri (attuali e passati) esponenti politici di spicco del Dragone. In Francia a finire nel tritacarne è Marine Le Pen, leader del Front National. Secondo Le Monde sarebbero coinvolti strettissimi collaboratori di Le Pen e si parla di «cerchio magico». Sempre per il quotidiano francese anche Jean-Marie Le Pen – ovvero il fondatore del partito d’estrema destra francese – è direttamente coinvolto. Tanto che si fa riferimento a «un tesoro di famiglia». Spostandosi da Parigi a Londra, è evidente come Cameron sia sempre più in difficoltà. L’opposizione laburista alza la voce e pretende «un’inchiesta indipendente» sui nomi britannici – fra cui la famiglia del premier – inclusi nella lista dei ricchi e potenti che avrebbero occultato ricchezze nelle nuove mete dell’evasione. Sulla vicenda interviene anche Obama. «L’evasione fiscale è una grande questione globale, non è specifica di altri Paesi, perché ci sono persone in America che traggono vantaggio dalle stesse cose, molte delle quali sono legali: è questo il problema». Strumenti leciti, dunque, che per l’inquilino della Casa Bianca permettono a molte aziende di effettuare «giochini con il sistema » evitando di pagare «la loro giusta quota». Come funziona il meccanismo? «Le imprese rinunciano alla loro cittadinanza e dichiarano di avere sede altrove. Così si godono tutti i vantaggi di essere aziende statunitensi senza rispettare la responsabilità di pagare le loro tasse nella stessa maniera che ci si aspetta da chiunque altro». Il caso, ovviamente, ha ripercussioni anche in Italia. Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Torino, su delega della Procura della Repubblica del capoluogo piemontese, avvia un’indagine per riciclaggio. Un’attività che si inserisce in un’inchiesta dei pm di Torino già aperta nel 2015 per lo stesso reato. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PIAZZA. Proteste a Reykjavik e il premier islandese Gunnlaugsson (Epa)
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