mercoledì 11 agosto 2010
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Il biennio 2010-2011 potrebbe segnare uno storico sorpasso. Le economie emergenti, guidate da Brasile, Russia, India e Cina, i cosiddetti «Bric», produrranno più ricchezza di quelle avanzate. Se quindici anni fa il 65% del Pil arrivava dai Paesi «ricchi», complice la crisi che ha colpito duramente Stati Uniti ed Europa, in questi due anni la percentuale potrebbe scendere sotto il 50%. Il «resto del mondo», cioè, produrrà più ricchezza dei big storici. Certo, si parla di ricchezza complessiva e non pro-capite, ma è comunque un passaggio epocale. Complessivamente una situazione di tendenza in linea con quella che indica – secondo le proiezioni di diverse istituzioni e report di investitori globali, tra cui Fidelity e Morgan Stanley – come la crescita mondiale sarà localizzata quest’anno e nel 2011 per il 75% nei Paesi emergenti.Anche per questo, a settembre, in un vertice Onu appositamente convocato, i leader mondiali cercheranno un accordo su un’agenda che consenta di accelerare i tempi, ove richiesto, per potere raggiungere gli obiettivi indicati dal Millenium Development Goals (Mdg) per il 2015. Il Continente asiatico, nelle sue aree orientali e sud-orientali, registra oggi la più incisiva riduzione della povertà. Questo non esclude un buon numero di asiatici dai 64 milioni di nuovi poveri che, secondo la Banca Mondiale, si aggiungeranno entro l’anno ai 50 milioni dello scorso anno. Ma la crescita impressionante della Cina ha portato di slancio il Continente a superare l’obiettivo di dimezzare la povertà più estrema. Ma se l’India, Paese dominante nell’area meridionale, è previsto riduca il suo tasso di povertà al 24% entro il 2015 (era il 51% vent’anni fa), con una diminuzione netta di quasi 190 milioni di poveri sulla popolazione, il resto dell’Asia sud-orientale non potrà completare il suo cammino entro a data fissata.In linea generale, la percentuale di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno in Asia orientale è scesa dal 60% nel 1990 al 16 per cento nel 2005 ( riferita soprattutto alla Cina, dove si prevede che il dato scenderà al 5% entro il 2015) e per l’Asia meridionale i dati riferiti allo stesso periodo sono passati dal 39 al 19%. Ovviamente a trainare un miglioramento generale delle condizioni di vita sta la crescita dirompente che non accenna a frenare.  Colossi asiatici, Cina e India in testa, ma anche Russia e Brasile. Per l’anno in corso, le proiezioni danno una progressione media dell’Asia orientale del 6,7%, la più alta al mondo, seguita nei dati e nella classifica dalle economia dell’Asia meridionale con una crescita prevista del 5,5%.Come confermato dagli economisti delle Nazioni Unite a Bangkok, diversi fattori hanno contribuito al progresso della regione Asia-Pacifico. Anzitutto la robusta crescita economica che ha avuto un impatto significativo sulla riduzione della povertà e ha fornito ai governi le risorse fiscali da utilizzare nel settore sociale. In secondo luogo, il crescente impegno negli obiettivi nazionali del Millenium Development Goals ha favorito la concentrazione di investimenti nei settori indicati a livello mondiale, la maggiore enfasi sulle misure di protezione sociale hanno contribuito a una migliore tutela dei poveri e dei gruppi più vulnerabili. Quarto, la partecipazione attiva di Organizzazioni non governative e del settore privato nel concretizzare servizi essenziali per i poveri. Infine, la cooperazione regionale e Sud-Sud ha giocato un ruolo-chiave nel trasferimento di risorse, conoscenze e esempi di pratiche più efficaci.
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