giovedì 30 marzo 2017
Gso Company: è un'emergenza per un'azienda su due. Che deve far convivere i lavoratori anziani con 30enni
Over 55, più formazione per arrestare l'«esodo»
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È un esercito di "colletti bianchi" in disarmo. Esodati, licenziati o costretti a dimettersi da aziende in crisi o riorganizzazione. Manager e impiegati che di bianco hanno anche i capelli avendo compiuto 55 anni e più. Sono migliaia in Italia: un fenomeno in continuo aumento. Disoccupati ma anche messi ai margini dei processi economici perché ritenuti incapaci di stare al passo con la continua trasformazione tecnologica e professionale che sta facendo cambiare pelle alle imprese di ogni comparto. Insomma, gente che non può competere con la freschezza, la velocità e il nuovo linguaggio dei giovani "nativi digitali". Ma che possiede altre risorse da far valere. Persone con un patrimonio di conoscenze, esperienze e... saggezza ancora utile al sistema produttivo.

Dall’altra parte ci sono aziende che devono fare i conti con il prolungamento forzoso della vita lavorativa dei loro dipendenti ultracinquantacinquenni destinati a rimanere al loro posto ancora per 10-12 anni prima di andare in quiescenza. "Anziani" a contatto con dipendenti ventenni e trentenni motivati quasi sempre da forti aspettative di stabilità e avanzamento di ruoli, anche al di sopra delle possibilità offerte e prospettata dall’impresa che li ha assunti. A far luce su queste problematiche, sempre più urgenti nel mondo del lavoro in Italia, una ricerca condotta dal Gruppo Gso Company specializzato nella consulenza per la valorizzazione del capitale umano e lo sviluppo organizzativo. L’indagine, denominata "Benchmark Age Diversity, come valorizzare e far convivere in azienda gli over 55 e gli under 30" e curata dal senior advisor di Gso Renato Boccolari, ha come base le interviste realizzate presso 14 aziende che operano sul territorio nazionale. Ciò che ne emerge è innanzitutto la "criticità" del tema (58%). Ma altri dati sono interessanti. Gli over 55, pur dimostrando in maggioranza (2 su 3) flessibilità, capacità di affrontare il cambiamento e predisposizione a instaurare una costruttiva convivenza con i "profili junior", denotano, in percentuali minori, mancanza di disponibilità agli spostamenti territoriali e ai mutamenti di ruolo (31%), timore per la competizione dei più giovani (21%) e per la perdita di conoscenze e abilità operative acquisite durante il proprio percorso professionale (22%). Sono il 10%, invece, i giovani meno che trentenni i quali avvertono la difficoltà di collocarsi sui mercati esteri ma accusano il peso di aspirazioni di carriera eccessive rispetto a quelle offerte loro dall’azienda (35% con una punta del 78% tra i "professional"). Ma conciliare le due "condizioni" legate alle età è possibile, come dimostra l’esperienza maturata da diverse società specializzate nel "costruire teste" più che "tagliarle". In che modo? «Attraverso interventi per gli over 55 basati sul mentoring (attività di formazione aziendale effettuata affiancando lavoratori più esperti a quelli appena assunti, ndr), strategia che accelera la diffusione della cultura organizzativa, di modelli di leadership efficaci e sostiene i processi di apprendimento – spiega la managing director di Elan (gruppo Gso), Barbara Targa – ma si punta anche sull’executive coaching, un percorso di accompagnamento personale rivolto al miglioramento e al raggiungimento degli obiettivi aziendali».

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