mercoledì 16 ottobre 2019
Il 50% degli imprenditori punta ad assumere manager nei prossimi tre anni, ma l’87% incontra difficoltà a trovare i profili richiesti
Il futuro delle pmi alla sfida della managerialità
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Un’impresa italiana su due è alla ricerca di nuove figure manageriali da assumere nei prossimi tre anni; se si considerano esclusivamente le aziende che non hanno mai avuto management in organico, la necessità di dotarsi di un manager è ormai comune al 30% delle imprese. Domanda e offerta di competenze manageriali, però, non si incontrano a causa di un disallineamento tra competenze richieste e competenze offerte. È quanto emerge dallo studio Capitale manageriale e strumenti per lo sviluppo, condotto dall’Osservatorio Mercato del Lavoro e Competenze Manageriali di 4.Manager su un campione di 2.130 intervistati, di cui 614 imprenditori e 1.516 manager, e presentato oggi a Roma nel corso di un incontro a cui hanno partecipato, tra gli altri, il presidente di 4.Manager e Federmanager Stefano Cuzzilla, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro.

Obiettivo del II Rapporto dell’Osservatorio 4.Manager è quello di individuare come evolvono le figure di imprenditori e manager e fotografare il rapporto tra domanda e offerta di managerialità, in particolare in ambito pmi. Dallo studio emerge che sia gli imprenditori sia i manager avvertono una fortissima spinta al cambiamento, derivante da una serie di fattori noti ma sempre più pressanti: accelerazione tecnologica e digitalizzazione, fluidità dei consumi e volatilità dei consumatori, globalizzazione e concorrenza internazionale.

A questi fenomeni, in atto da anni, gli imprenditori italiani hanno reagito concentrandosi sulla qualità dei prodotti, facendone nel complesso l’elemento distintivo della manifattura italiana. Oggi però avvertono chiaramente che ciò non è più sufficiente e affermano due esigenze destinate a modificare sostanzialmente la struttura delle pmi italiane:
• l’esigenza di introdurre nelle loro aziende figure manageriali - in particolare per esigenze di internazionalizzazione, export e digitalizzazione - e con caratteristiche nuove che faticano a trovare sul mercato;
• l’esigenza di diventare loro stessi più manager, in un processo di “ibridazione” che unisca alla tradizionale cultura del fare, una nuova cultura del gestire.

Gli imprenditori intervistati dichiarano, nell’87% dei casi, d’incontrare difficoltà nel reperire le figure manageriali. Questo dato sale addirittura al 91% al Nord del Paese, al 94% tra le imprese più giovani, e infine al 92% tra le imprese famigliari. Secondo il 44% degli imprenditori la principale carenza riscontrata è relativa alle cosiddette soft skill: capacità di leadership e di motivazione, conoscenza delle lingue, orientamento all’innovazione e al cambiamento, capacità di adattarsi a scenari in continua evoluzione.

I manager, in “prima linea” nella trasformazione insieme agli imprenditori, sono pienamente consapevoli dei cambiamenti in atto e stanno reagendo con una formazione mirata su innovazione e change management (43,5%), leadership (36,3%), people management (35,2%).

Il ruolo richiesto ai manager passa dal fornire competenze specialistiche (Marketing, Finanza eccetera) a essere sempre più business partner con compiti più ampi e complessi: individuare tendenze, accelerare e facilitare i cambiamenti, velocizzare i ritmi di apprendimento dell’organizzazione e valorizzare il capitale umano aziendale, creare processi e team di lavoro resilienti, valorizzare le diversità, sviluppare modi e processi di lavoro di tipo collaborativo, operare tenendo conto dell’etica e della responsabilità sociale.

L’innovazione è percepita come un obbligo da parte di tutti gli intervistati, tanto da indurre gli stessi imprenditori a investire nella propria formazione su innovazione e change management (59%); competenze digitali (33%).

«Abbiamo costituito un Osservatorio per orientare le nostre risposte verso i fabbisogni reali del sistema produttivo italiano - spiega Cuzzilla -. Stiamo attraversando un momento delicato, ma anche ricco di sfide, in cui i manager sono chiamati a giocare un ruolo determinante per il futuro delle imprese italiane. Perciò è importante introdurre strumenti che sostengano l’incontro tra domanda e offerta di competenze manageriali, in modo da accelerare la crescita e l’innovazione delle tante pmi che costituiscono la nostra eccellenza».

«Imprenditori e manager - dichiara Boccia - formano un binomio inscindibile. E le imprese del futuro che dovranno imparare ad essere eccellenti in ogni funzione, hanno bisogno di manager preparati e competenti - dedicati alla missione aziendale - per migliorare la propria capacità competitiva e vincere la sfida dei mercati. Non solo. Le imprese devono accentuare la loro condizione di agenti del cambiamento promuovendo, come già stanno facendo, una svolta green e sostenibile che deve determinare un cambiamento profondo nella società. A maggior ragione, abbiamo bisogno di manager che sappiano accompagnarci in questo indispensabile cammino verso la modernità».


«Vi ricordo - conclude Fraccaro - che in questo Paese lo Stato è imprenditore, attraverso le sue grandi e piccole controllate. Nelle scelte che ci accingiamo a fare per la guida di queste aziende, che rappresentano il 3% del Pil, la competenza e la professionalità sono e saranno per noi la sola stella polare. Lo Stato imprenditore non deve e non può essere però lo Stato perditore: lo Stato che spende inutilmente, senza creare valore, sviluppo e prosperità. Questa è una prassi che non vogliamo più perpetuare. I manager che sceglieremo devono essere invece lo strumento di trasformazione di buone aziende in ottimi campioni internazionali. La politica sceglierà e se ne assumerà la responsabilità in modo trasparente e inequivocabile. Ma faremo di più: vogliamo apprendere da voi, dalla vostra capacità di innovazione e dal vostro coraggio. Dobbiamo utilizzare le risorse che abbiamo, sbloccare le realizzazioni degli investimenti già programmati e finanziati, responsabilizzare le Pubbliche amministrazioni e penalizzare chi non utilizza in modo efficiente le risorse assegnate. Non siamo un’azienda ma da voi raccogliamo la sfida che leggo nel vostro rapporto: “Obiettivo dei leader politici deve essere quello di “istituzionalizzare l'agilità” sia mediante strumenti previsivi, legislativi ed esecutivi di tipo adattativo, sia attraverso la formazione di una nuova classe dirigente pubblica.” Vi ringrazio per aver in poche ed efficaci parole inquadrato la sfida che abbiamo di fronte Istituzionalizzare l’agilità. Dobbiamo valorizzare i capaci e competenti, premiare chi si impegna nelle pubbliche amministrazioni, riconoscere i meriti di chi favorisce ed agevola il lavoro di imprenditori e manager, di chi in una parola crea valore. Su questa base possiamo lavorare insieme, affrontare le sfide economiche che stanno arrivando e ricongiungere il Paese in un unico sforzo comune: risollevare l’Italia e riportarla al ruolo che gli compete nella manifattura, nell’economia e nella politica internazionale.
Dobbiamo avere l’ambizione di essere riconosciuti fra qualche anno come un esempio di inversione di rotta. Dobbiamo ambire ad essere un esempio mondiale di efficienza della macchina pubblica, di agilità decisionale e di velocità realizzativa. Abbiamo bisogno di voi, di manager ed imprenditori che ci affianchino in questo percorso, che magari per qualche anno si dedichino a migliorare la cosa pubblica. Che ci aiutino ad individuare i problemi e a ricercare le soluzioni. Spero che tutti insieme potremo cogliere questa sfida importante, difficile, ma anche entusiasmante. Le tre parole sulle quali dobbiamo fondare una nuova spinta di governo sono insieme, innovazione e Italia. Tutti insieme: Nord e Sud, manager e operai, impiegati e disoccupati. Innovazione perché se non cambiamo i venti di tempesta ci travolgeranno. E Italia, che non ha bisogno di altri commenti».


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