giovedì 13 dicembre 2018
Antonella Salvatore, docente della John Cabot University di Roma, impegnata anche con un libro a dare consigli ai giovani
La bussola per trovare il lavoro giusto
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«Per capire cosa fare da grandi occorre prima di tutto capire sé stessi, capire le proprie attitudini, fare pratica durante gli studi per decidere cosa fare e cosa non fare. La ricerca del lavoro inizia da dentro, non da fuori, inutile mandare centinaia di cv tanto per fare numero». Il suo punto di vista è chiaro. Anche perché Antonella Salvatore - prima di essere direttore del Centro di Alta Formazione e Avviamento alla Carriera della John Cabot University a Roma, dove insegna anche retailing e marketing, e fondatrice di Osservatorio Cultura Lavoro - è stata direttore retail in aziende multinazionali e si è occupata di sviluppo del business in Italia e all'estero, aprendo filiali in Paesi esteri e colloquiando con candidati in Italia e nei mercati internazionali.

Dal 2010 si occupa di formazione e di orientamento al lavoro.
Da poco ha pubblicato anche un libro: Stressati o sdraiati? Solo in cerca di lavoro. Consigli per i giovani disorientati (Franco Angeli editore). Scritto e pensato per i giovani, studenti, laureati e professionisti alle prime armi, questo volume - di un centinaio di pagine e di agile lettura - vuole essere un'esortazione ad abbandonare la cultura dell'"Italietta" per costruire l'Italia professionale del futuro.

«Vo
levo studiare il lavoro da una prospettiva culturale-educativa, ancora prima che da una prospettiva di numeri - spiega la docente -. Quali atteggiamenti culturali sono sbagliati? In che modo la famiglia, la scuola, le istituzioni possono favorire lo sviluppo del lavoro in Italia? Siamo arrivati al punto di parlare di giovani e lavoro solo in una accezione negativa e quasi sempre riferendoci alla disoccupazione più che alla occupazione giovanile. Raramente cerchiamo di capire perché siamo poco competitivi, perché abbiamo un gap con gli altri Paesi Ocse».


Antonella - da buona abruzzese - è un'ostinata ed è convinta che in Italia i giovani non possono essere obbligati a scegliere «tra un divano su cui stare appollaiati con uno smartphone in mano e la frenesia alienante di un test, un esame o un colloquio dopo l'altro perché chi si ferma è perduto». Tra le critiche a una cultura, a una mentalità "arretrata" sul lavoro, a un sistema formativo obsoleto e a genitori troppo protettivi, l'autrice snocciola consigli fondamentali per i giovani "normali" in cerca di occupazione. E insegna a essere davvero competitivi. Spiega, per esempio, come comportarsi durante un colloquio o quali errori evitare quando si cerca un lavoro. Promuove l'attitudine alla pianificazione e insegna a superare la visione miope, che abbiamo ereditato, per abbracciare la visione a lungo raggio propria dei principali Paesi industrializzati. Incalza perché vengano superate le illusioni del posto fisso e dello Stato assistenzialista e non si faccia affidamento sul destino invece che sulle proprie reali capacità e sulla volontà.

In questo senso l'orientamento occupa un posto fondamentale nella formazione dei futuri lavoratori e professionisti. La scuola prima e l’Università dopo possono aiutare. Solo recentemente si parla di alternanza e con fatica, soprattutto nelle regioni disagiate, dove manca un tessuto di imprese in grado di ospitare gli studenti. Anche se «in realtà i ragazzi devono essere orientati già alle scuole superiori, fare le prime esperienze da giovanissimi, capire il contesto: non esistono solo le relazioni famiglia e amici».

«Io mi occupo di orientamento al lavoro - conclude -. La mia divisione è il ponte tra accademia e mondo del lavoro, tra studenti e mondo del lavoro. Incontriamo mediamente 1.000 studenti l’anno: chi deve ancora orientarsi, capire come scrivere un curriculum, come fare un colloquio, anche come comportarsi e vestirsi e chi viene orientato per stage e lavori. L’Università per cui lavoro ha fatto Alternanza Scuola Lavoro e abbiamo fatto orientamento al lavoro agli studenti. Io stessa sono stata in aula per orientare i ragazzi di 16 e 17 anni. Il giornale on line che ho aperto, www.osservatorioculturalavoro.com e che gestisco insieme a under 30 e a professionisti ha lo scopo di orientare anche un pubblico giovane sulle tematiche del lavoro».

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