sabato 12 novembre 2022
Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse: «Bcc e Casse Rurali, pur avendo dimensioni contenute e finalità mutualistiche, sono classificate come “sistemiche”»
Sergio Gatti, dg di Federcasse

Sergio Gatti, dg di Federcasse - Archivio

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«Le regole dell’Unione Bancaria sono state approvate in gran parte nel 2013 e sono entrate in vigore dal 2014. Vennero scritte piuttosto velocemente anche sulla spinta degli effetti della crisi finanziaria globale iniziatasi nel 2008 e che aveva contagiato pesantemente l’economia reale e una parte rilevante del mercato bancario europeo senza risparmiare i debiti sovrani di diversi Stati membri». Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse e tra i fondatori della Scuola dell’economia civile, racconta in maniera pacata un pezzo di storia recente delle Banche di credito cooperativo.

Perché il credito cooperativo chiede di cambiare alcune regole bancarie europee?
Poco meno di dieci anni fa, i legislatori europei nello scrivere le regole non ritennero di compiere una chiara scelta di proporzionalità strutturale e di adeguatezza rispetto ai destinatari delle norme bancarie. Altre importanti giurisdizioni come gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, la Svizzera e altri ancora applicarono una filosofia regolamentare attenta alla bio-varietà bancaria, alla diversità di dimensioni, di complessità, di rischiosità delle banche. Quella che chiamiamo appunto proporzionalità strutturale.

Quali iniziative avete assunto?
Attualmente le Bcc e le Casse Rurali appartenenti ai Gruppi bancari cooperativi Iccrea (120 cooperative bancarie) e Cassa Centrale (70), pur essendo banche di dimensioni contenute, (avendo pressoché tutte un attivo inferiore ai cinque miliardi di euro, dovrebbero essere considerate per ciò che soggettivamente sono: “banche piccole e non complesse”) e con finalità mutualistiche rigorosamente stabilite dal Codice civile e dal Testo unico bancario, sono però individualmente classificate come “sistemiche” ( significant) sotto il profilo del rischio. E ciò perché una regola Ue prevede che se una piccola banca entra a far parte di un gruppo significant (nel caso delle Bcc ciò è avvenuto in forza di una legge) anch’essa diventa significant. Il nostro intervento conta sul convinto supporto dei parlamentari europei eletti in Italia che hanno presentato lo scorso luglio emendamenti volti a modificare un articolo del Regolamento 575/2013 e due della Direttiva 36/2013 proprio per alleggerire da oneri impropri e non proporzionati l’azione delle Bcc. Sono molto importanti anche le delibere e le mozioni approvate nelle ultime settimane da molti Consigli e assemblee legislative regionali (Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Calabria, Friuli Venezia Giulia e molte altre in arrivo) e ci auguriamo che anche il governo possa affiancarci con convinzione.

Convincerete l’Unione Europea?
Ci auguriamo proprio di sì. Per almeno tre ragioni: in primo luogo, non chiediamo in alcun modo di attenuare il rigore delle norme in termini di prevenzione e gestione dei rischi; in secondo luogo, riteniamo che banche a mutualità prevalente quali sono le Bcc abbiano un “diritto alla proporzionalità” non solo e non tanto per ragioni dimensionali, ma anche e soprattutto per la loro peculiarità qualitativa (assenza di finalità di lucro individuale, operatività circoscritta ai territori dei quali sono espressione, democraticità di funzionamento); terzo, la loro straordinaria funzione sociale confermata dalla funzione anticiclica svolta anche negli anni centrali della pandemia, come evidenziato nuovamente dal Governatore della Banca d’Italia il 31 ottobre scorso in occasione della Giornata del risparmio.

La nascita di tre gruppi bancari cooperativi è stata un vantaggio o uno svantaggio?
Nel 2019 sono nati i due Gruppi Bancari Cooperativi Iccrea e Cassa Centrale e nel 2020 lo Schema di Protezione Istituzionale Raiffeisen. Le banche hanno deciso così e il contributo che esse hanno dato negli ultimi quattro anni allo svilup-po durevole del Paese: hanno accresciuto le quote di mercato nel credito soprattutto per le micro-piccole-medie imprese nei settori tipici del made in Italy e ad alta intensità di lavoro (piccola industria e artigianato, agricoltura, turismo, commercio, nonprofit), hanno aumentato il volume del risparmio raccolto, ridotto molto significativamente il credito deteriorato, ulteriormente rafforzato la propria solidità patrimoniale. Dal 2020, inoltre, le Bcc hanno contribuito a canalizzare anche in tanti piccoli borghi le misure governative di ristoro del reddito (crediti garantiti e moratorie), hanno accresciuto il presidio dei territori (il 31% dei loro sportelli sono localizzati nelle aree interne e in 715 Comuni rappresentano l’unica presenza bancaria), contribuito alla riduzione delle disuguaglianze di reddito, valorizzato la qualità della relazione con la clientela.

Come vi state muovendo sullo sviluppo sostenibile?
Un grandissimo impegno. Che viene da lontano. Da diversi decenni lo Statuto di tutte le Bcc, Casse Rurali e Casse Raiffeisen indica tra gli obiettivi vincolanti della loro azione proprio lo sviluppo sostenibile. Sotto tutti i profili: ambientale, sociale, istituzionale. C’è una genetica attenzione a quei profili che oggi vengono sintetizzati nell’acronimo Esg. Alcuni esempi. Oltre l’82% dell’energia utilizzata dai 4.130 sportelli delle nostre 229 banche è prodotta da fonti rinnovabili. Le nostre banche stanno accompagnando e accompagneranno decine di migliaia di imprese e famiglie nella conversione energetica e nell’adattamento al cambiamento climatico. La letteratura internazionale dimostra che nei territori nei quali opera una Bcc la disuguaglianza dei redditi si riduce. E sotto il profilo del protagonismo delle comunità, da 140 anni i soci cooperatori (oggi quasi un milione 400 mila) eleggono gli amministratori scegliendoli democraticamente tra altri soci sulla base del principio “una testa-un voto” (non “un’azione-un voto”). Quindi, il risparmio delle comunità raccolto dalle Bcc quasi 200 miliardi di euro complessivamente - viene gestito e in gran parte trasformato in credito a famiglie e imprese da chi vive e lavora nelle comunità.

Riuscite a coinvolgere i giovani nei vostri progetti e a sostenere le start up? Come diffondete la cultura cooperativistica e solidale?
I giovani sono al centro della strategia del Credito Cooperativo. Sia i giovani soci sia i giovani in generale. Solo i crediti garantiti dal Fondo di garanzia Pmi erogati dalle Bcc alle start up innovative ammontavano nel 2021 a 55 milioni di euro, 88 milioni quelli a cooperative e imprese sociali, 378 milioni a imprese guidate da donne. La settimana scorsa abbiamo lanciato un nuovo manuale pratico di educazione economica e finanziaria cooperativa, Lezioni di buona finanza, a cura di Chiara Piva pubblicato da Ecra e rivolto ai giovani che si impegnano nell’educazione finanziaria dei loro coetanei e anche dei bambini e dei ragazzi. Più in generale investiamo sia nelle scuole con migliaia di iniziative, in diversi casi in collaborazione con le Direzioni scolastiche regionali, sia nelle nostre banche con la formazione cosiddetta “tecnico-identitaria”. Lo scorso giugno abbiamo concordato con i sindacati un’apposita clausola nel contratto collettivo nazionale di lavoro (una platea di oltre 35 mila lavoratori e lavoratrici) che accresce significativamente il numero di ore della formazione obbligatoria sulla mutualità bancaria.

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