sabato 24 febbraio 2018
Aumentano le partecipazioni all'estero delle aziende italiane: tra il 2009 e il 2015 sono salite del 12,7%
Oltre 35mila delocalizzazioni
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Aumentano le partecipazioni all'estero delle aziende italiane. Lo certificano i dati di un rapporto della Cgia di Mestre: nell'arco temporale 2009-2015 il numero delle partecipazioni all'estero è aumentato del 12,7%; se verso la fine del decennio scorso i casi ammontavano a 31.672, nel 2015 sono saliti fino a raggiungere quota 35.684. I dati, pur parziali, consentono di misurare la dimensione economica di un evento che rappresenta una forma di delocalizzazione.

«Non ci sono statistiche complete in grado di fotografare con precisione il fenomeno della delocalizzazione produttiva - spiega il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo -. Non conosciamo, per esempio, il numero di imprese che ha chiuso l'attività in Italia per trasferirsi all'estero. Tuttavia, siamo in grado di misurare con gradualità diverse gli investimenti delle aziende italiane nel capitale di imprese straniere ubicate all'estero». Un risultato, avverte Zabeo, «che non sempre dà luogo a effetti negativi per la nostra economia».

Dall'elaborazione effettuata dall'Ufficio studi della Cgia su Banca dati Reprint del Politecnico di Milano e dell'Ice, si evince che nel periodo preso in esame il numero di occupati all'estero alle dipendenze di imprese a partecipazione italiana è diminuito del 2,9% (una contrazione di poco più di 50mila unità). Il fatturato, invece, è aumentato dell'8,3%, facendo registrare un incremento in termini assoluti del giro di affari di oltre 40 miliardi di euro. Sempre nel 2015, i ricavi delle imprese straniere controllate dalle nostre hanno toccato i 520,8 miliardi di euro. Dei 35.684 casi registrati nel 2015, oltre 14.400 (pari al 40,5% del totale) sono riconducibili ad aziende del settore del commercio, per lo più costituite da filiali e joint venture commerciali di imprese manifatturiere.

L'altro settore più interessato alle partecipazioni all'estero è quello manifatturiero che ha coinvolto oltre 8.200 attività (pari al 23,1% del totale): in particolar modo quelle produttrici di macchinari, apparecchiature meccaniche, metallurgiche e prodotti in metallo. Il principale Paese di destinazione di questi investimenti sono gli Stati Uniti: nel 2015 le partecipazioni italiane nelle aziende statunitensi sono state superiori a 3.300. Di seguito scorgiamo la Francia (2.551 casi), la Romania (2.353), la Spagna (2.251) la Germania (2.228), il Regno Unito (1.991) e la Cina (1.698).

«Chi pensava che la meta preferita dei nostri investimenti all'estero fosse l'Europa dell'Est - segnala il segretario della Cgia Renato Mason - rimarrà sorpreso. A eccezione della Romania, nelle primissime posizioni scorgiamo i Paesi con i quali i rapporti commerciali sono da sempre fortissimi e con economie tra le più avanzate al mondo». Dalla Cgia, infine, ricordano che negli ultimi anni, anche a seguito degli effetti della crisi economica, non sono poche le imprese che hanno ripreso la via di casa. Ovvero, si sono rilocalizzate in Italia. In Veneto ed in Emilia, per esempio, segnaliamo i casi Benetton, Bottega Veneta, Fitwell, Geox, Safilo, Piquadro, Wayel, Beghelli, Giesse e Argotractors.

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