venerdì 15 giugno 2018
È proprio con questo imprenditore illuminato che negli anni ’50 nasce una direzione dedicata alla risorse umane, viene creato il primo centro di formazione permanente, si sviluppa il welfare aziendale
Olivetti, un modello ancora attuale
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Il percorso di formazione manageriale Storie di ordinaria economia, diretto da Massimo Folador, docente di Business Ethics della Liuc Business School, ha fatto tappa a Ivrea (Torino), luogo simbolico di un modello di impresa legato al nome di Adriano Olivetti. È proprio con questo imprenditore illuminato che negli anni ’50 nasce una direzione dedicata alla risorse umane, viene creato il primo centro di formazione permanente, il welfare aziendale trova concretezza come si comincia a fare timidamente oggi, vengono chiamati i migliori architetti dell’epoca perché gli spazi lavorativi siano al servizio dell’uomo e la vita personale di chi lavora in azienda viene arricchita da stimoli professionali e culturali continui.

«Molti dimenticano - spiega Folador - le difficoltà e gli ostacoli che ha dovuto affrontare Olivetti. Un ingegnere e un poeta che metteva al centro l'uomo e il lavoro. Ben sapendo che una persona felice e soddisfatta rende di più. Tanto che il suo modello di fabbrica ha generato profitto e posti di lavoro ed è stato studiato in tutto il mondo. In questa oasi di libertà e rispetto, il modello di impresa è stato costruito attorno al capitale spirituale delle persone. Uomini e donne di diverso credo politico e religioso, ricchi e poveri, colti e analfabeti, contadini e operai hanno contribuito a costruire un progetto ritenuto da molti utopico e visionario. Ma che è stato rivoluzionario». Accanto ai risultati economici di quella che fu una delle prime grandi multinazionali italiane, c’è terreno per l’innovazione tecnologica (è l’Olivetti a creare il primo personal computer al mondo) e per lo sviluppo di una strategia aziendale ancora oggi per alcuni tratti ineguagliabile.

Durante una camminata “formativa” apparentemente a ritroso nel tempo ma dalla grande capacità evocativa e innovativa, lo storico olivettiano e commediografo Marco Peroni ha ricordato che un modello “diverso” d’impresa è stato possibile e continua a fare scuola oggi: «Adriano Olivetti ha interpretato in modo originale il proprio tempo pagando le conseguenze per gettare un seme al futuro. Schiacciato da due visioni del mondo rigidamente contrapposte, ha provato a indicare una terza via che fosse una sintesi superiore di capitalismo e socialismo. Ha messo la fabbrica al centro del suo progetto, assegnandole un compito originale».

Il percorso della Liuc è iniziato in Manital: qui è nata la prima delle fabbriche Olivetti. «Per noi eporediesi - sottolinea la manager Alessandra Cimadom - è una grande responsabilità. L'ingegnere ci ha lasciato in eredità radici solide su cui costruire lo sviluppo sostenibile, rispettoso dei lavoratori e del territorio».

Il rettore della Liuc, Federico Visconti, ha ripercorso la storia della Olivetti puntando sui valori imprenditoriali e sul ruolo dell'Università: «Gli imprenditori-mecenati come i Merloni, i Marcegaglia e lo stesso Olivetti avevano un modo di fare azienda che va contestualizzato. Oggi ci troviamo di fronte a una tecnologia talmente veloce che si fa fatica a starle dietro. Il compito degli Atenei è quello di maturare una responsabilità educativa che punti sulla capacità critica e di analisi, sul lavoro di gruppo e le motivazioni».

L'ingegnere-poeta, tuttavia, ha seminato bene. Da alcuni anni a questa parte molti animi inquieti che, fortunatamente, attraversano il mondo dell’economia e della politica stanno cercando suggestioni per rinnovare il loro immaginario. Di sicuro ci provano a piene mani a Ivrea con il progetto Vistaterra che si propone di contribuire al rilancio del Canavese attraverso lo sviluppo di un ecosistema economico e produttivo sostenibile, basato sul recupero di un castello e dei vivai olivettiani, sull’integrazione tra offerta turistica di qualità, produzioni agricole, innovazione e valorizzazione delle eccellenze agroalimentari, storico-culturali, artigianali e naturalistiche della zona.

«Il nostro progetto è sviluppato per creare un nuovo modello economico sostenibile, indipendente e profittevole, che metta in moto un circolo virtuoso di visibilità utile a tutto il comprensorio Canavese e affermi Vistaterra quale attività innovativa - sostiene Erica Ferlito, amministratore delegato di Vistaterra -. Il progetto è in continua evoluzione. Stiamo lavorando affinché diventi un polo di attrazione del quale potrà beneficiare l’intera area e le generazioni che l’abiteranno. Ci siamo impegnati per essere un modello virtuoso di recupero delle eccellenze, di valorizzazione della tradizione e capacità imprenditoriale del territorio applicando in ogni aspetto i nostri valori fondanti: etica, bellezza, sostenibilità e arte del buon vivere, nel pieno rispetto della natura e delle persone. Dopo una faticosa e costosa opera di restauro abbiamo creato una struttura di accoglienza e di ristorazione che crea lavoro e coinvolge le scuole del territorio».

Il profitto non è il fine ultimo ed esclusivo dell’impresa Vistaterra, che allo sviluppo dei capitali dell’economia classica, affianca altri tre “capitali”: quello umano, legato alla valorizzazione delle persone; quello relazionale, dato dalla collaborazione interna ed esterna all’azienda con fornitori e clienti; quello fiduciario in cui l’impresa viene vissuta come progetto nel quale la responsabilità sociale è fondamentale.

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