sabato 7 maggio 2016
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La scritta «palm oil free» che da mesi compare su molti prodotti non sarebbe dunque soltanto un vezzo per puristi dell’alimentazione. Il parere dell’Efsa, che segnala i possibili effetti tossici e cancerogeni di alcuni contaminanti (a base di glicerolo) che risiedono e si sviluppano durante la lavorazione dell’olio di palma, ha infatti confermato i sospetti che circolavano da tempo. E ieri è addirittura sceso in campo il governo. Con il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha deciso di chiedere al Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis, di avviare con urgenza l’esame del parere scientifico dell’European food safety authority, che ha sede a Parma. «È indispensabile per garantire un approccio realmente tutelante – dice il ministro – in tutto il territorio dell’Unione, con l’adozione, se necessario, di misure uguali in tutti i Paesi membri sia da parte delle autorità che del settore produttivo». Per le industrie alimentari, per i produttori e per le multinazionali che finanziano la coltivazione di palme da olio in molti Paesi di Asia, Africa e Sudamerica si tratta di una pesante tegola. «Ora finalmente ci devono spiegare perché hanno sciente- mente scelto di produrre e vendere alla gente alimenti tossici. È un fenomeno di una gravità assoluta che dura da decenni e che ha portato anche alla rapina delle terre nei Paesi in via di sviluppo – dice l’avvocato Dario Dongo, esperto in diritto alimentare e co-fondatore de Il fatto alimentare – . In questi mesi è stata persino lanciato una fraudolenta campagna pubblicitaria affermando che l’olio di palma è buono e naturale, se non addirittura benefico. Ora hanno la faccia tosta di ringraziare l’Efsa perché così sono indotti migliorare la qualità dell’olio di palma. Più malafede di così ». A intervenire in questo senso sono l’Aidepi (Associazione industriali della pasta e del dolce italiani) e in particolare l’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile. «Accogliamo con soddisfazione il nuovo parere dell’Efsa – dice il suo presidente Giuseppe Allocca –. La salute e la sicurezza dei consumatori sono la priorità per le nostre aziende... Ora l’indicazione dell’Efsa rappresenta un ulteriore stimolo al lavoro dell’industria alimentare nella ricerca e adozione di processi di raffinazione di tutti i grassi vegetali e animali ancora più sicuri». E gli fa eco l’Aidepi: «Ogni indicazione dell’Efsa è per noi un riferimento imprescindibile... Ci siamo già messi in contatto con il Ministero della Salute per valutare insieme come procedere dando la nostra massima disponibilità e collaborazione». L’Italia è il secondo Paese europeo per importazione di olio di palma aumentata persino del 35% nel primo mese dell’anno, dopo che nel 2015 è stato raggiunto oltre 1,6 miliardo di chili. L’olio di palma (per il quale da dicembre 2014 è necessaria in etichetta l’indicazione specifica e non più quella generica 'olii vegetali') per il basso costo e la scarsa informazione, sottolinea Coldiretti, tende a sostituire grassi più pregiati praticamene ovunque anche in quelli per bambini come biscotti, merendine, torte e addirittura nel latte per neonati, con l’import cresciuto di dieci volte in 15 anni. Intanto, per scoraggiarne il consumo, è stato presentato un disegno di legge di Sinistra Italiana per portare l’Iva dal 4% al 22%. «La Commissione europea e le amministrazioni sanitarie nazionali – afferma Dongo – devono adesso valutare la sicurezza dei prodotti e, se del caso, adottare misure che potrebbero comportare il divieto di emissione in commercio o stabilire una soglia di assunzione sui contaminanti. Certo, la lavorazione a 200 gradi lo peggiora ancora di più. Finora i produttori e le industrie hanno addotto che solo una dose alta è tossica e cancerogena. Ora non possono più mentire: l’olio di palma è velenoso di per sé ed è una minaccia per la salute di tutti, bambini in testa». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso
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