mercoledì 19 giugno 2013
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Tra i costi, gli sprechi e il tempo perso, la burocrazia sta soffocando il Paese. E ormai la denuncia arriva da chi è al vertice del sistema, ma chiunque nelle ultime legislature abbia messo mano all’intricata matassa, finora poco o nulla ha potuto combinare. Ogni giorno spuntano categorie in cui si rilevano criticità. Questa settimana il ministro D’Alia ha snocciolato le cifre sugli sprechi per i consulenti. Di certo i dati relegano l’Italia in fondo alla classifica mondiale quanto a luogo di elezione per fare imprenditoria e ancor più tra quelli dell’Unione. Di qui gli appelli del governo per «eliminare vincoli e liberare risorse», emersi già nel dossier del dipartimento della Funzione pubblica. I numeri sono una condanna, in primo luogo per le imprese, che "pagano" la burocrazia 61 miliardi l’anno, secondo la denuncia dell’allora presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà (attuale viceministro dello Sviluppo economico), per il quale – se si riuscisse a ridurre del 25 per cento il peso dei lacci e lacciuoli dell’amministrazione – si avrebbe «un aumento del pil dell’1,7 per cento: non si può andare avanti con le scartoffie».Pesanti sono le ripercussioni soprattutto sulle piccole e medie imprese, che pagano quasi 31 miliardi di euro ogni anno, pari a 2 punti di Pil. Per le Pmi si stima che il peso economico medio sia di circa 7.000 euro, secondo i calcoli sviluppati dalla Cgia di Mestre sui dati del dossier, aggiornati al 31 dicembre 2012. Non solo, malgrado le denunce ai più alti livelli e i tentativi di revisione delle spese, appunto, i costi sono addirittura in crescita. Tanto che il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi ha definito la burocrazia «una tassa occulta che sta soffocando il mondo delle Pmi». Sotto accusa, in particolare, i tempi troppo lunghi nonché il numero eccessivo degli adempimenti richiesti, tra le cause anche degli esigui investimenti degli stranieri in Italia.I punti critici che più incidono sui bilanci delle imprese sono il lavoro e la previdenza. I libri paga, le comunicazioni legate alle assunzioni o alle cessazioni di lavoro, le denunce mensili dei dati retributivi e contributivi, l’ammontare delle retribuzioni e delle autoliquidazioni costano al sistema delle Pmi complessivamente 9,9 miliardi all’anno (6,9 miliardi per il lavoro, 3 mld riconducibili alla previdenza e all’assistenza). Su ciascuna Pmi il costo medio annuo è di 2.275 euro.Ma anche la sicurezza nei luoghi di lavoro ha un costo che non sempre può essere sostenuto, malgrado si tratti di un argomento delicato. L’importo complessivo è pari a 4,6 miliardi di euro. La valutazione dei rischi, il piano operativo di sicurezza, la formazione obbligatoria del titolare e dei dipendenti sono comunque solo alcune delle voci che compongono i costi di questo settore. Ogni azienda è costretta a subire un peso economico annuo di 1.053 euro. Nel settore dell’edilizia, che è una delle nuove aree che sono state prese in esame dalla Presidenza del Consiglio, il costo medio annuo è di 4,4 miliardi, pari a un importo medio per ciascuna piccola impresa di 1.016 euro. Anche gli adempimenti ambientali si fanno sentire. Si tratta di una spesa di 3,4 miliardi annui: le autorizzazioni per lo scarico delle acque reflue, la documentazione per l’impatto acustico, la tenuta dei registri dei rifiuti e le autorizzazioni per le emissioni in atmosfera sono le voci che determinano la gran parte degli oneri di questa sezione. Su ogni Pmi grava un costo annuo medio di 781 euro.Nota dolente per le Pmi sono i costi amministrativi per far fronte agli adempimenti in materia fiscale. Le dichiarazioni dei sostituti di imposta, le comunicazioni periodiche ed annuali Iva e gli altri obblighi di legge costano complessivamente 2,7 miliardi di euro, senza contare i costi legati alla tenuta della contabilità aziendale, che pesa sul bilancio di una Pmi mediamente 632 euro all’anno.E non finisce qui. Ad aggravare i bilanci ci sono i costi amministrativi per la privacy (2,6 miliardi), la prevenzione incendi, (1,4 miliardi), gli appalti (1,2 miliardi) e la tutela del paesaggio e dei beni culturali (0,6 miliardi). Negli ultimi anni, ricorda la Cgia, il legislatore ha approvato una serie di misure di alleggerimento del peso burocratico che, una volta andate a regime, dovrebbero far risparmiare alle Pmi quasi 8,5 miliardi di euro. Incrociando i dati, anche la Coldiretti mostra le sue tristi cifre. Nelle aziende la burocrazia fa perdere fino a 100 giorni di lavoro all’anno, che vengono sottratti all’attività di impresa per l’innovazione e la ricerca di nuovi mercati, in un difficile momento di crisi. E la stessa analisi imputa a questo anche uno dei principali ostacoli per i giovani che vogliono aprire una attività agricola. Tra i settori che più ne risente, è quello simbolo del "made in Italy" come il vino, dove dalla produzione di uva fino all’imbottigliamento e vendita le imprese devono assolvere a oltre 70 attività burocratiche e relazionarsi con ben 20 diversi soggetti che vanno dal ministero delle Politiche agricole alle Regioni, dalle Province ai Comuni, fino ad Agea, Organismi pagatori regionali, Agenzia delle Dogane, Asl, Forestale, Ispettorato Centrale qualità e repressione frodi, Nac, Guardia di Finanza, Nas, Camere di Commercio, organismi di controllo, consorzi di tutela, laboratori di analisi. Più di 1.000 norme, denuncia Coldiretti, contenute in circa 4.000 pagine di direttive, regolamenti, comunicazioni, note e decisioni del Consiglio e della Commissione europea, leggi, decreti, provvedimenti, note, circolari e delibere nazionali e regionali. Un carico che rischia ora di gravare ancora di più sulle imprese, con la messa a regime del nuovo sistema di certificazione e controllo dei vini a Denominazione certificata.Molto si potrebbe fare puntando sull’informatizzazione, secondo Catricalà. Ma intanto anche il governo-Letta intende muovere i primi passi. A partire, come ha annunciato il ministro della Funzione pubblica D’Alia, dall’eccessivo ricorso ai consulenti.
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