sabato 7 ottobre 2017
La Fondazione di Vittorio: occupazione tornata ai livelli pre-crisi ma i numeri non dicono tutto. La Cgia di Mestre: il popolo delle partite Iva e rischio povertà
Contratti a tempo e part-time imposto, lavoro sempre più precario
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L'occupazione è tornata ai livelli del 2008, ma si tratta di dati falsati «dal balzo in avanti del lavoro a termine» e dei part-time imposti. A ribadire come la qualità della crescita dell'occupazione registrata negli ultimi mesi in Italia nasconda più precariato che stabilità è un report della Fondazione di Vittorio della Cgil. Il primo dato è che i contratti a tempo determinato raggiungono il numero più alto dal 2004 ad oggi, arrivando a 2,8 milioni, con un aumento di quasi un milione. A fronte di una sostanziale parità del tempo indeterminato si registra inoltre una sensibile flessione del lavoro autonomo, che scende ad agosto a quota 5,3 milioni, circa 900 mila in meno rispetto al 2004, mentre cresce il part-time, soprattutto involontario, che raggiunge nel suo complesso i 4 milioni 329 mila occupati, 1 milione in più rispetto al 2008. Solo la metà dei lavoratori part-time in realtà lo è per scelta, tutti gli altri rientrano di fatto tra i sotto-occupati.

Le cifre insomma insomma potrebbero non raccontare davvero lo stato di salute dell’occupazione italiana. Perché se l’Istat sulla sua ultima rilevazione sottolinea un sostanziale ritorno del numero totale degli occupati al livello pre-crisi, la Cgil precisa che a questi numeri complessivi non corrisponde un eguale innalzamento delle ore lavorate che sono il 5,8% in meno e delle unità di lavoro standard, vale a dire i posti di lavoro a tempo pieno sono il 4,5% in meno, oltre 1 milione rispetto al 2008.

Un particolare che dimostra secondo il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, «come sia profondamente cambiato e peggiorato il mix di occupazione» e che «l'aumento del numero dei precari sommato, al part time involontario produce una cifra record di oltre 4,5 milioni di persone che svolgono un'attività che non hanno scelto e che non vorrebbero».«Quanto emerge dal rapporto - aggiunge la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti - smaschera la retorica del recupero occupazionale e della fine della crisi. Crescono i contratti a tempo determinato e aumenta il part-time involontario. La nuova occupazione è quindi più debole, precaria e povera». Le priorità delle politiche pubbliche dunque dovrebbero per la Cgil essere orientate allo sviluppo e alla crescita degli investimenti, entrambi sostenuti da un'adeguata politica industriale. La Cgil aspetta dal governo «riposte concrete sulle nostre proposte unitarie in merito a pensioni, lavoro, giovani, sanità e contratti» e insieme con Cisl e Uil si prepara alla mobilitazzione nazionale del 14 ottobre.

Dalla Cgia di Mestre arriva un altro rapporto che sottolinea come la crisi abbia colpito in maniera particola re "il popolo delle partite Iva". Le famiglie che vivono grazie ad un reddito da lavoro autonomono (piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e liberi professionisti) sono quelle più a rischio povertà. Una su quattro vive sotto la soglia calcolata dall’Istat. «Sino ad una decina di anni fa aprire una partita Iva era il raggiungimento di un sogno. Oggi non è più così - sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - per un giovane spesso è un ripiego o peggio ancora un espediente che un committente gli impone per evitare di assumerlo come dipendente». In pratica una forma di precarizzazione del lavoro.

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