venerdì 5 gennaio 2018
A partire da 3 domande di Avvenire queste le richieste di Camusso (Cgil), Furlan (Cisl), Sangalli (Confcommercio), Gardini (Alleanza Cooperative) a chi si candida a guidare l'Italia
Sindacati e imprese: ecco cosa chiediamo ai partiti, lavoro e meno tasse
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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha battuto un colpo. A due mesi dal voto, nel messaggio di fine anno ha chiesto ai partiti «programmi realistici». Due parole, nulla di più. Ma il dibattito si è inevitabilmente acceso. Perché i cittadini sono stanchi di promesse elettorali. E perché chiedono, con sempre maggior forza, proposte concrete.

"Avvenire" ha deciso di interpellare prima i leader dei partiti che il 4 marzo chiederanno il voto agli italiani (LEGGI). Poi è intervenuto il Forum delle associazioni familiari che ha proposto a tutti la firma di un Patto per la natalità (LEGGI). Ora è la volta delle parti sociali. Ai leader di sindacati e imprese (Confindustria ha preferito non intervenire questa volta) abbiamo rivolto tre domande sulle loro priorità riguardo a occupazione, giovani e natalità. Ne emerge un quadro ovviamente composito, anche con significative differenze tra i due sindacati e rispetto alle imprese. Ma insieme con richieste comuni, in particolare riguardo alla valorizzazione del lavoro e agli investimenti nello sviluppo. Nei prossimi giorni altri interventi.

Le tre domande

1) Nel messaggio di fine anno il presidente Sergio Mattarella ha indicato come priorità per il Paese le questioni dei giovani e del lavoro. Facendo appello alle forze politiche affinché, nei programmi elettorali, avanzino su questi temi proposte realistiche e realizzabili. Raccogliendo tali indicazioni, quali sono, secondo lei, le ricette realizzabili che le forze politiche dovrebbero inserire nei programmi per favorire l'occupazione e lo sviluppo?

2) Come valorizzare la condizione dei giovani, anche per evitare il distacco delle nuove generazioni dalla partecipazione alla vita politica e sociale?

3) Un'altra emergenza, in parte collegata ai temi dei giovani e del lavoro, è quella della denatalità che colpisce il nostro Paese. Quali misure andrebbero proposte per favorire la formazione di nuove famiglie e le nascite?

Camusso (Cgil): Svolta nei diritti e investimenti. Non al fiscal compact

Le priorità da affrontare per il nostro Paese sono l’alta disoccupazione, in particolare giovanile e femminile, e le profonde disuguaglianze sociali, economiche e territoriali. Disoccupazione e disuguaglianze non rappresentano un destino ineluttabile, per questo serve un deciso cambio di rotta rispetto alle politiche messe in campo fino ad oggi. Serve una visione diversa, di lungo periodo, esattamente il contrario di misure spot, bonus o ricette miracolose, magari di natura fiscale, che caratterizzano negativamente il dibattito politico elettorale.
Occorre ripartire dal lavoro, un lavoro non precario, con diritti e tutele, anche sul versante previdenziale, come prima risposta da dare ai giovani. La Cgil per questo ha presentato una legge di iniziativa popolare "La Carta dei diritti universali".
Creare lavoro significa tornare ad investire e investire nel benessere collettivo. Gli anni che abbiamo alle spalle sono stati caratterizzati da pochi investimenti, scarsa redistribuzione della ricchezza e politiche di riduzione del perimetro pubblico. Dobbiamo avere il coraggio di spezzare questo assioma. Abbiamo bisogno cioè di un nuovo paradigma di sviluppo che parta, così come indicato nel nostro "Piano del Lavoro", dagli investimenti in sostenibilità ambientale e sociale, innovazione e coesione tra Nord e Sud del Paese. Partire quindi dai bisogni sociali e del territorio: rafforzare le reti pubbliche, sanità istruzione, servizi sociali, mettere in sicurezza il territorio, valorizzare e curare il patrimonio culturale e paesaggistico. Lavoro, welfare e servizi dedicati all’infanzia, insieme a una politica abitativa dedicata, rappresentano anche il primo antidoto per contrastare la curva demografica negativa. È evidente che tutto ciò significa un profondo cambiamento delle politiche europee, a partire dalla necessità di cancellare il Fiscal compact e non certo il "modello sociale europeo".
Occorre comunque un intervento sul versante fiscale che sposti l’imposizione dal lavoro alla rendita e dal reddito al patrimonio, che abbia i tratti della progressività e riduca drasticamente l’evasione.
Questa fase storica è caratterizzata da profondi cambiamenti legati alla transizione ambientale e dell’innovazione, lo Stato deve essere attore e guida dello sviluppo economico a partire dalle politiche industriali valorizzando ricerca e innovazione.
Il progetto Paese di cui abbiamo bisogno non deve essere costruito su ammiccamenti elettorali contingenti, ma rappresentare una reale prospettiva di cambiamento da costruire attraverso una forte partecipazione democratica, affinchè tutti possano identificarsi, a partire dalle nuove generazioni.
Susanna Camusso

Furlan (Cisl) servono una legge sulla partecipazione e la riforma fiscale


Non servono nuove norme. Il lavoro si crea con una maggiore crescita economica, cambiando a livello europeo le regole rigide del fiscal compact in modo da consentire piu’ investimenti pubblici in infrastrutture, ricerca, innovazione,qualità dei prodotti, tutela dell’ambiente e del territorio. Bisogna ricomporre le fratture occupazionali, sociali e infrastrutturali tra il Nord ed il Sud, superando i veti dei tanti che ostacolano le opere pubbliche e il necessario sviluppo industriale. Bisogna far decollare le politiche attive del lavoro in modo da incrociare la domanda con l’offerta dei nuovi lavori, e approvare finalmente una legge che garantisca la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, utilizzando per gli investimenti i fondi contrattuali e previdenziali, opportunamente detassati. Ma il 2018 deve essere soprattutto l’anno della riforma fiscale che rimane per la Cisl il primo fattore di sviluppo per dare una spinta ai consumi e alla domanda interna. Occorre tagliare strutturalmente le aliquote fiscali, partendo dai ceti più deboli, in modo da alzare i salari e le pensioni, premiare le imprese che investono, combattere l’evasione attraverso il contrasto d’interesse.

Ha ragione il Presidente Mattarella. Ma bisogna uscire dagli slogan e dalle ricette velleitarie. Occorre rinnovare su nuove basi il patto intergenerazionale tra giovani e anziani. Bisogna investire più risorse per favorire le assunzioni stabili dei giovani e sostenere le nuove attività imprenditoriali. È giusto rendere strutturali gli sgravi contributivi, ma senza soffocare l’apprendistato, rendendo più favorevole il contratto a tempo indeterminato. E poi bisogna puntare su una vera alternanza scuola-lavoro. Dobbiamo continuare il buon lavoro fatto con il Governo in questi ultimi due anni sul sistema previdenziale, costruendo una pensione di garanzia per i giovani e cambiando il sistema contributivo oggi troppo penalizzante per chi comincia a lavorare.

La famiglia è stato il primo ammortizzatore sociale, il vero collante sociale del Paese. Siamo favorevoli a un patto per la natalità, proposto dal Forum delle associazioni familiari. Bisogna sostenere i nuclei familiari con interventi fiscali strutturali, investire di più sulla conciliazione famiglia-lavoro, come avviene in tanti contratti nazionali e aziendali. Siamo favorevoli ad un nuovo assegno familiare, uno strumento universale che superi accorpandoli le detrazioni attuali per il coniuge e i figli a carico e l’assegno al nucleo familiare. Ma servono piu asili nido, servizi e assistenza durante gli anni di svezzamento dei bambini. Dobbiamo aumentare le risorse per contrastare la grande area di povertà presente nel Paese, puntando all’inclusione sociale, favorendo le assunzioni delle donne madri come fanno altri Paesi europei. Sostenere la famiglia è una scelta politica, sociale e culturale su cui l’Italia deve scommettere.
Annamaria Furlan

Sangalli (Confcommercio): più certezze e no ai cambi continui delle norme

L’incentivo strutturale all’occupazione giovanile, introdotto con la legge di Bilancio 2018, rappresenta certamente un primo strumento utile. Ma non ci si può fermare qui. Occorrono ulteriori misure per proseguire su questa strada perché solo gli interventi strutturali, insieme allo stimolo agli investimenti, consentono di pianificare il futuro per le imprese e creare nuove opportunità occupazionali. Oltre a questo, serve anche una maggiore certezza del diritto, evitando di ripetere errori come già avvenuto con l’abolizione dei voucher. Bisogna fare in modo che le norme, in particolare quelle sul lavoro, non siano soggette a continui cambiamenti. Un’impresa si può meglio sviluppare, infatti, se incontra un clima favorevole a 360 gradi, il che include la capacità di programmare conoscendo in anticipo il quadro delle regole.

La valorizzazione dei giovani come parte della società può essere sostenuta anche rafforzando il rapporto fra scuola e lavoro. Si tratta di avvicinare i giovani alle imprese in maniera costruttiva e positiva. E una leva fondamentale è rappresentata dai percorsi di istruzione e formazione che devono essere in grado di adattarsi con flessibilità ai processi di cambiamento richiesti dal mercato del lavoro. Ma è altrettanto importante agire anche sul potenziamento dell’occupabilità, mettendo a disposizione delle persone una batteria di strumenti che consentano di saper cercare attivamente, di trovare e mantenere un lavoro.

Il tema della natalità è fondamentale e strettamente connesso all’organizzazione del sistema Paese che, come è evidente, non ha in questi anni sviluppato politiche adeguate per la famiglia. In particolare Comuni, Province e Regioni, prima ancora dello Stato centrale, dovrebbero investire maggiori risorse. E non soltanto per i servizi a sostegno dei nuclei familiari, ma anche delle imprese che operano in tali settori. È evidente che per fare questo occorre però - in premessa - una riqualificazione vera della spesa pubblica, riducendo gli sprechi in modo da recuperare le risorse necessarie da destinare ai servizi a favore delle famiglie come, ad esempio, gli asili nido e il miglioramento dei trasporti. Va da sé, ovviamente, che accanto alle politiche per la famiglia bisogna sempre spingere verso la crescita economica in generale, quindi verso nuovi investimenti e, conseguentemente, maggiore occupazione. Tutti fattori che nel loro insieme migliorano il benessere nel Paese e la fiducia nel futuro da parte delle famiglie.
Carlo Sangalli

Gardini (Alleanza Cooperative): detassazione e welfare per favorire le nascite

Il Paese ha bisogno di stabilità politica e di programmi che non vengano stravolti a ogni stagione o più volte nella stessa stagione. Necessita di una terapia d’urto dal punto di vista economico e culturale. Aumentare gli investimenti in formazione e ricerca, continuare in un’opera di detassazione robusta e permanente del costo del lavoro (percorso intrapreso in questa legislatura). Sono queste alcune delle misure più urgenti da adottare. Non sono una ricetta di questa o di quella forza politica, ma è un dovere della politica nei confronti del Paese e dei nostri figli. È fondamentale per invertire la rotta. E bisogna iniziare subito, perché nessuno ha la bacchetta magica per dare soluzione ai problemi sia per i limiti imposti dal controllo dei conti pubblici sia perché occorre del tempo perché le misure sortiscano effetti. Alla situazione attuale siamo arrivati per una serie di gap strutturali che sono stati acuiti dalla crisi, ma di certo non generati solo dalla crisi.

Bisogna offrire ai giovani una credibile prospettiva di futuro, altrimenti lo scollamento con il Paese, con lo Stato e le istituzioni rischia di essere una tremenda realtà. È innegabile che oggi i giovani pur avendo a disposizione più strumenti dei loro padri, paradossalmente, hanno prospettive di futuro meno ambiziose. Se i nonni hanno consegnato ai padri un Paese migliore non sta avvenendo lo stesso oggi, o meglio non avviene lo stesso, con i nostri figli, da diversi anni. Rischiamo di perdere un’intera generazione. Di acuire le criticità nelle aree più fragili d’Italia: per esempio di non avere un adeguato ricambio di classe dirigente al Sud, dove troppi giovani emigrano sia per studiare sia per lavorare. In dieci anni, da un nostro studio condotto dal Censis, il Sud ha perso oltre 5 miliardi di euro in capitale umano.

In questo caso abbiamo un circolo vizioso, dove il cane si morde la coda. Se i giovani stentano o in molti casi non trovano lavoro. Se non riescono a emanciparsi economicamente e ad andare a vivere da soli. Se non ci sono strumenti di welfare adeguati, parlo di asili, ma lo stesso problema si pone per gli anziani, ci ritroviamo in un Paese incivile ed è dimostrato dai numeri se pensiamo che almeno una donna su tre deve rinunciare al lavoro per accudire un bambino o un anziano in famiglia. Più si consolidano queste difficoltà, più decresce la natalità. È su questi bisogni primari che si misura la validità delle politiche per il lavoro e l’adeguatezza del welfare italiano, condizioni fondamentali per guardare a un futuro di benessere e di sviluppo per i giovani, per le famiglie e per il Paese.
Maurizio Gardini

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