mercoledì 10 marzo 2021
L’economista Jacques Attali, oggi presidente della fondazione Positive Planet: sviluppare l'economia della vita
L'economista Jacques Attali, oggi presidente della fondazione Positive Planet

L'economista Jacques Attali, oggi presidente della fondazione Positive Planet - Ansa

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Concludendo un recente intervento a reti unificate sulla crisi sanitaria, il presidente Emmanuel Macron ha cercato d’incoraggiare i connazionali tanto provati, prefigurando una Francia capace di divenire «una nazione più resiliente che produrrà di nuovo dell’economia della vita sul suo territorio». L’espressione 'economia della vita' riprende il titolo dell’ultimo saggio dell’economista Jacques Attali, oggi presidente della fondazione Positive Planet (progetti di microcredito in tutto il mondo), dopo aver ricoperto fin dagli anni Ottanta eminenti funzioni in Francia e in Europa, come quella di primo presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Ebrd). Impressionato dalla crisi in corso, Attali è giunto ad una conclusione, come spiega ad Avvenire: «Occorre sviluppare a marce forzate un’economia della vita, ovvero un’economia fondata su dei settori prioritari come la sanità, l’educazione, l’igiene, l’alimentazione, l’agricoltura, il digitale, la distribuzione, la democrazia, la sicurezza, le energie pulite, l’acqua, il credito, le assicurazioni». Settori che per l’economista dovrebbero rappresentare presto l’80% del Pil europeo e mondiale, contro un livello odier- no inferiore al 60%: «Per i cittadini, si tratterebbe di una società non più orientata verso quei consumi futili che caratterizzano ciò che chiamo l’economia della distruzione». A proposito delle attuali mosse di rilancio nell’Unione Europea, Attali osserva: «Il fondo d’investimento comune che stiamo costruendo in Europa non dovrebbe mirare alla sopravvivenza di settori moribondi, ma al contrario incitarli a riorientarsi verso l’economia della vita. Il programma d’investimento europeo, ma anche quelli italiano e francese, non hanno ancora affermato chiaramente questa priorità ». Un’altra ferma convizione dell’economista è che non si possa più tornare indietro: «La vita di tutti i giorni ci dice che il mondo che abbiamo finora conosciuto non potrà perpetuarsi. Non è un mondo sostenibile, avendo pure prodotto questa pandemia che era prevedibile. Un ritorno al passato sarebbe una pura illusione». Un’illusione, inoltre, che potrebbe finire per minacciare le democrazie, sostiene Attali: «Dopo la pandemia dell’influenza spagnola, molti credettero negli anni Venti che si potesse ritornare alla situazione precedente. Ma i cosiddetti anni ruggenti condussero al fascismo in Italia, al nazismo in Germania, alla grande depressione, poi alla Seconda Guerra Mondiale». Ma chi pagherà una simile svolta sistemica? Per l’economista, non è il vero punto problematico: «C’è una montagna di denaro disponibile, come nel caso dei fondi d’investimento. Si tratta di una questione di priorità. Occorre innanzitutto ritrovare il senso di una visione globale, di una weltanschauung. Tanto per i consumatori, gli imprenditori, gli investitori, i partiti politici. Tutti dovranno partecipare». Attali perora persino la necessità di trasformare vasti settori industriali: «Occorrerebbe una mobilitazione di mezzi paragonabile a quella dei tempi bellici. L’industria automobilistica, ad esempio, è in gran parte chiamata a riconvertirsi a marce forzate per produrre apparecchi sanitari ed altri strumenti dell’economia della vita». Ma al contempo, gli ordini non potranno piombare dall’alto: «Non si otterrà nulla di buono senza che venga accettato preventivamente da una larga maggioranza. Occorre un desiderio collettivo. Nulla d’imposto. Le nostre società democratiche dovranno fare pressione sulla politica nazionale ed europea, sulle banche d’investimento. Dovremmo tutti interpellare i politici».

Per Attali, l’etica può divenire la chiave per riaprire un futuro sostenibile: «Ci occorre un profondo esame di coscienza sulle nostre scelte a venire. L’e-conomia deve integrare il principio dell’altruismo interessato. Essere altruisti è pure nel nostro interesse. La nostra razionalità troverà in quest’etica dell’altruismo, anche verso le generazioni future, gli strumenti che ci permetteranno di sopravvivere. L’etica è oggi una condizione di sopravvivenza, dunque una scelta razionale». Qualcosa si muove già, sia pure lentamente, secondo l’economista: «Ci sono segnali positivi in Europa, come le azioni a favore del clima, dopo l’accordo di Parigi. La partita è aperta, ma non siamo di certo spettatori del match della vita. Siamo tutti giocatori, come in una grande partita di calcio»

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