venerdì 19 maggio 2017
Una mossa preventiva dopo l'avvio dell'istruttoria in Europa sui motori euro 6 e le voci su un attaggo legale anche dall'Epa statunitense
Fiat-Chrysler chiede certificazione per i nuovi modelli
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Fiat-Chrysler chiede all'Agenzia per la Protezione Ambientale americana e alla California Air Resources la certificazione per le emissioni diesel per i modelli 2017 Jeep Grand Cherokee e Ram 1500. L'annuncio in una nota dell'azienda nella quale si precisa che questi veicoli saranno muniti di un software aggiornato per le emissioni. «La richiesta è il risultato di mesi di stretta collaborazione» spiega Fca.

Sono giorni difficili per il mondo dell’auto, e per Fiat-Chrysler in particolare che ieri ha pesantemente perso valore in Borsa (– 3,1% a Milano) in seguito alle notizie di stampa provenienti dagli Stati Uniti. Sotto attacco, in termini confusi e contraddittori, c’è ancora la questione dei controlli sulle emissioni nocive dei motori diesel, in realtà più “puliti” – almeno nelle moderne versioni Euro 6 – dei corrispettivi a benzina, ma considerati ormai irrimediabilmente velenosi e colpevoli di tutti i mali della mobilità moderna. All’avvio della procedura di infrazione da parte della Commisione Europea nei confronti dell’Italia, si è appunto aggiunta ieri – in un florilegio di verbi al condizionale – e di fonti citate come “anonime”, la notizia rilanciata dall’agenzia Bloomberg secondo cui anche le autorità americane avrebbero intenzione di aprire un procedimento contro il Gruppo Fca per violazione delle norme sulle emissioni. Un giudice federale della California infatti ha fissato al 24 maggio l’udienza per una serie di cause intentate dai proprietari di veicoli contro Fca: qualora il negoziato ancora in corso non portasse a un accordo tra le parti, il Dipartimento di Giustizia americano sarebbe pronto a fare causa a Fiat-Chrysler. I veicoli interessati sono 104mila, per i quali, se le accuse fossero confermate, Fca rischierebbe una multa fino a 44.539 dollari a esemplare, per un totale (teorico) di 4,63 miliardi di dollari.

Anche sul fronte americano dunque siamo alla replica di una vicenda che pareva chiusa e chiarita, dopo che nel gennaio scorso, l’Epa – l’agenzia per la protezione ambientale negli Usa – aveva notificato a Fca la violazione delle norme del Clean Air Act, per presunte irregolarità sulle centraline dei 3.0 turbodiesel che equipaggiano le Jeep Grand Cherokee e i pick-up Dodge Ram 1500. Secondo l’Epa, l’azienda non avrebbe chiarito fino in fondo la natura di alcuni componenti software per il controllo delle emissioni che sarebbero in grado di produrre valori di Nox superiori ai limiti delle norme Usa. Già allora Fca aveva risposto alle accuse sostenendo che i software sotto indagine non sono impianti di manipolazione dei dati, ma sistemi di protezione per il motore, assicurando la massima collaborazione nelle verifiche. Quello che colpisce in particolare è l’accanimento delle autorità statunitensi, uno dei Paesi più inquinanti del mondo dove ovunque “fumano” impunemente motori a benzina dalle cilindrate impensabili ad altre latitudini. E dove, per fare in modo che l’agenzia per la protezione ambientale non intralci i piani industriali locali, Donald Trump ha piazzato a capo dell’Epa l’antiecologista Scott Pruitt, che in poche settimane ha già sostenuto tutti i provvedimenti del neo presidente, dallo sblocco degli oleodotti allo stop del Clean Power Plane la revisione degli standard emissivi per i modello 2022-2025, approvati a gennaio dalla precedente gestione dell’Epa e molto criticati dalle case automobilistiche. Il risultato è un clima di caccia alle streghe che non giova ai polmoni di chi respira i fumi delle vetture senza sapere se e cosa rischia, e nemmeno a tutta industria dell’auto tartassata da continui sospetti e costretta a pagare chissà sino a quando le colpe del dieselgate, uno scandalo industriale che – sino a prova contraria – ha invece responsabili precisi e circoscritti.

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