giovedì 29 maggio 2014

Un'esperienza pilota nel carcere di Catania. Risultati significativi grazie a un laboratorio di scrittura creativa

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Mediatori indipendenti dall’autorità giudiziaria chiamati a favorire il dialogo tra le vittime e i colpevoli di un reato, in particolare minori. Una figura professionale prevista dalla giustizia riparativa, ma di fatto nuova in Italia, su cui ha scelto di puntare il Centro iniziative ricerche e programmazione economica (Cirpe) di Catania. “In Italia le pratiche di mediazione sono oggetto di riflessione, studio e applicazione concreta solo da pochi anni sulla base di quanto definito nelle linee guida elaborate nel nostro Paese dall'Ufficio centrale per la giustizia minorile del Ministero della giustizia - spiega Piera Vaccaro, direttore generale del Cirpe -. Mentre in Europa il principio della riduzione degli interventi giudiziari al minimo indispensabile si è affermato da tempo”. Proprio in risposta alle linee guida nazionali a Catania nell’ambito di un corso sulla mediazione penale minorile il Cirpe ha messo a punto un laboratorio di scrittura creativa che ha confermato la validità del principio della giustizia riparativa.In un territorio che raggiunge livelli record di devianza minorile come la provincia di Catania, un gruppo di 13 studentesse e studenti laureati in materie umanistiche, alcuni già abilitati assistenti sociali o inseriti nella carriera forense ed altri specializzandi in psico-terapia, hanno sperimentato l’efficacia dell’approccio alternativo alla giustizia penitenziaria con i giovani detenuti del carcere minorile etneo. “Nell’incontro con i minori detenuti abbiamo cercato di scoprire chi avevamo di fronte e di scavare con lo scandaglio sulle cause che avevano portato all’evento da cui poi è scaturito il reato e quindi l’ingresso nell’istituto di pena - raccontano i partecipanti al corso – allo scopo di pianificare per il detenuto un percorso di cura della devianza e di prevenzione della stessa”. In particolare, “abbiamo proposto agli studenti un laboratorio di scrittura creativa per sperimentare concretamente l'idea di fondo che sta alla base della giustizia riparativa – spiega il sociologo Claudio Saita, docente al Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania -. Quest’idea non è un principio ideologico ma una concezione della pena che implica un metodo ed un contenuto nell’avvio e nella gestione del processo di mediazione da un lato, e della relazione con il contesto interno all’istituto di pena e soprattutto con il contesto esterno dall’altro”. In altri termini “tutti i soggetti presenti nel territorio: statali e locali, privati e pubblici, siamo chiamati a potenziare e strutturare l'intervento dei servizi penali minorili lavorando in rete per il reinserimento sociale dei giovani detenuti”.Dopo il laboratorio gli studenti hanno svolto stage presso associazioni e comunità di accoglienza della provincia di Catania che lavorano con minori provenienti dall'area penale applicando i principi della giustizia riparativa.
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