domenica 14 novembre 2010
Non è la prima volta che i giudici costituzionali si esprimono sul nucleare. L’estate scorsa la Corte aveva rigettato i ricorsi con cui diverse regioni avevano impugnato la legge delega 99 del 2009 che fissava i principi generali per il ritorno del nucleare in Italia. La Corte costituzionale dovrà esaminare in futuro anche i ricorsi contro il decreto delegato in cui sono indicate le aree per la costruzione delle prossime centrali nucleari. Non solo: è in dirittura d’arrivo il quesito referendario promosso dall’Italia dei valori di Antonio Di Pietro contro il ritorno del nucleare in Italia.
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È illegittimo che sia una regione a vietare l’installazione di impianti nucleari sul proprio territorio. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, bocciando le leggi regionali di Puglia, Basilicata e Campania che avevano chiuso la porta al ritorno dell’atomo in Italia approvando delle normative ad hoc. Secondo la Consulta, in assenza di un’intesa tra Stato e regioni sul nucleare, esiste una competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e di sicurezza. Per i giudici non spetta dunque alle regioni mettere i paletti in via preventiva sulle politiche di gestione dei rifiuti radioattivi e tanto meno sull’installazione delle centrali. Il pronunciamento ha un peso rilevante anche perché Puglia e Basilicata potrebbero ospitare il nuovo deposito unico delle scorie, in passato indicato in località Scanzano Jonico. Di fatto, la decisione della Consulta è un segnale anche a chi, di fronte all’impasse governativa in materia, pensava di giocare d’anticipo garantendo le comunità locali contrarie all’atomo. A questa strada, fanno intuire i giudici, è preferibile per le stesse regioni quella che porta invece all’impugnazione delle leggi statali.Le sentenze e le centraliNon è la prima volta che i giudici costituzionali si esprimono sul nucleare. L’estate scorsa la Corte aveva rigettato i ricorsi con cui Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise avevano impugnato la legge delega 99 del 2009 che fissava i principi generali per il ritorno del nucleare in Italia. «Richieste in parte infondate e in parte inammissibili» aveva stabilito la Consulta. Di fatto, i giudici sono destinati sempre di più a diventare il baricentro della partita nucleare prossima ventura: oltre ai due pronunciamenti che hanno bocciato i ricorsi delle regioni, la Corte costituzionale dovrà esaminare in futuro i ricorsi di chi ha impugnato il decreto delegato in cui sono indicate le aree che potranno essere scelte dalle imprese per la costruzione delle prossime centrali nucleari. Non solo: è in dirittura d’arrivo il quesito referendario promosso dall’Italia dei valori di Antonio Di Pietro contro il ritorno del nucleare in Italia. Il quorum delle 500mila firme necessarie sarebbe stato raggiunto.Il peso del territorio«Può darsi che la Basilicata abbia percorso una strada non conforme alle norme, ma la nostra posizione resta immutata» ha ribadito il governatore lucano Vito De Filippo. Soddisfatto invece il ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto, secondo cui «non si può continuare a legiferare con leggi regionali spesso approvate a ridosso di campagne elettorali per strumentalizzazioni politiche». E se il Forum nucleare italiano plaude alla notizia («La politica energetica è interesse nazionale» ha commentato il presidente Chicco Testa) il mondo ambientalista preferisce aspettare le motivazioni della Consulta. Per Ermete Realacci, storico esponente di Legambiente e oggi responsabile green economy del Pd, «pare comunque impossibile pensare che si possa decidere su questioni di tale delicatezza contro la volontà delle regioni e degli enti locali».
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