martedì 6 settembre 2022
Le parole della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova: "Roma soffrirà". Nord Stream rimane chiuso a «causa sanzioni». Risale il prezzo del gas
Mosca attacca: "Piano Cingolani imposto da Usa e Ue"

Reuters

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"Roberto Cingolani ha presentato il suo piano per ridurre la dipendenza dell'economia italiana dagli idrocarburi russi. E' chiaro che questo piano viene imposto a Roma da Bruxelles, che a sua volta agisce su ordine di Washington, ma alla fine saranno gli italiani a soffrirne". Scrive così su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova.

Il flusso del gasdotto Nord Stream per il momento non riparte. La chiusura per manutenzione tecnica che doveva durare dal 31 di agosto al 2 settembre andrà avanti ancora a lungo. Gazprom continua a ripetere che il problema è una delle turbine della stazione di compressione di Portovaya, ormai «non più sicura». Perde olio, i tedeschi di Siemens Energy sarebbero capaci di ripararla ma – secondo la versione di Mosca – non possono intervenire a causa delle sanzioni. Siemens nega di essere stata contattata e ribadisce che la perdita d’olio non costringe Gazprom a fermare tutto il gasdotto.

È chiaramente una mossa di pressione politica, quella di Mosca. Dmitrij Peskov, portavoce di Putin, ha detto all’agenzia Interfax che «il problema del pompaggio di gas è emerso a causa delle sanzioni che le nazioni occidentali hanno introdotto contro il nostro Paese e diverse aziende» e ha aggiunto che «non ci sono altre ragioni dietro a questo problema». In realtà, come ha ricordato un portavoce della Commissione europea, Gazprom se volesse potrebbe aumentare il trasporto di gas tramite gli altri gasdotti: Sudzha, quello che attraversa l’Ucraina e arriva anche in Italia, e Turkish Stream, che si collega a Grecia, Ungheria e Serbia (entrambi funzionano regolarmente). Ma non lo fa perché ha tutto l’interesse ad aumentare la pressione sull’Europa. Ci sta riuscendo: gli operatori dell’energia che non ricevono più il gas previsto (soprattutto in Germania) corrono sul mercato “spot” in cerca di contratti d’acquisto.

I prezzi per le consegne di ottobre su Ttf, il mercato di Amsterdam che fa da riferimento a tutt’Europa, sono tornati a salire dopo la discesa della settimana scorsa: hanno toccato un +30% nelle prime ore di scambi per poi rallentare e chiudere con un +11,2%, a 240 euro per MWh. Sono quotazioni insostenibili. Svezia e Finlandia sono state costrette a mettere 33 miliardi di dollari di garanzie sulle operazioni di operatori energetici e trader per evitare che il sistema scandinavo di scambio di contratti future, gestito dal Nasdaq ed essenziale per garantire che imprese e famiglie possano ricevere luce e gas, collassi.

Venerdì i ministri dell’Energia dell’Unione Europea si riuniranno in un consiglio straordinario a Bruxelles per decidere come rispondere alla strategia di Mosca. Le ultime indiscrezioni, riportate dal Financial Times, dicono che la Commissione voglia arrivare a chiedere il potere, in caso di emergenza, di obbligare le aziende a riempire i centri di stoccaggio e indirizzare il gas dove deciderà l’Ue.

Il tetto alle quotazioni del gas e il disaccoppiamento delle fonti rinnovabili da quelle fossili nella determinazione dei prezzi delle bollette restano temi sul tavolo. Ieri è risalito anche il prezzo del petrolio, l’altra materia prima fondamentale del sistema energetico internazionale. Il cartello dei produttori Opec+, di cui fa parte anche la Russia, ha annunciato un taglio della produzione da 100mila barili al giorno, con l’obiettivo di spingere le quotazioni, scese di oltre il 10% la scorsa settimana. I prezzi del barile del Brent europeo e del Wti americano sono aumentati di circa il 3%. La pressione degli Stati Uniti sull’Arabia Saudita, indiscusso leader dell’Opec, perché evitasse il taglio della produzione non ha portato i risultati sperati.

La crisi dell’energia si tradurrà presto in una crisi economica per l’Europa. Gli investitori internazionali hanno aumentato le loro scommesse al ribasso sulle sorti dell’economia europea. Vendite pesanti sull’euro, sceso sotto quota 99 centesimi di dollaro per la prima volta dal dicembre del 2002. Le Borse hanno pagato le tensione. L’indice europeo Eurostoxx 600 ha perso lo 0,6% (58,7 miliardi di euro di capitalizzazione bruciata). Francoforte ha perso il 2,2%, Parigi l’1,2%, Milano il 2% (a 21.480 punti).

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