sabato 19 maggio 2018
Stabilità politica decisiva per attrarre investitori stranieri
Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative

Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative

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Senza i giovani il Paese non si rimette in piedi. Servono politiche per l’occupazione, in particolare una riduzione del costo del lavoro, ma anche strategie a lungo termine. Per fermare la fuga di cervelli all’estero e la denatalità che trasformerà l’Italia in un Paese per vecchi con una enorme incognita sulla sostenibilità del sistema pensionistico. Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, l’organizzazione che riunisce 19.000 imprese, è convinto che dalla rivoluzione digitale possa arrivare un salvagente per il Mezzogiorno e che la logica degli incentivi debba cedere il passo a riforme strutturali. A fronte di una ripresa che comincia a rallentare l’Italia non può permettersi di stare ferma: la lunga impasse politica deve essere archiviata in fretta.

L’Istat in settimana ha fotografato una ripresa economica al rallentatore, con dati positivi su marzo ma non per il trimestre. Quanto pesa il clima di incertezza politica?
La stabilità politica di un Paese e la sua affidabilità sono fondamentali per gli investitori esteri, per il rapporto con Bruxelles, per le imprese italiane. Non si può investire se non in presenza di un governo affidabile che possa assumere degli impegni e mantenerli.

E cosa si può fare subito per evitare che la crescita freni?
Un governo stabile che con mano ferma possa affrontare le emergenze e concentrare le risorse disponibili con mano decisa in poche misure, ma efficaci quali: riduzione del costo del lavoro, welfare per minori e anziani.

Qual’è la principale emergenza su cui dovrebbe impegnarsi il nuovo governo?

Il tema serissimo delle culle vuote. Oggi ci dobbiamo preoccupare dell’emergenza giovani senza lavoro, ma una delle conseguenze più drammatiche e non sufficientemente attenzionate è la natalità fredda, anzi ormai freddissima, delle famiglie che non riescono a crearsi per lavoro scarso e precario e non fanno figli. La classe politica non deve sottovalutare il tema.

In un decennio la mappa del lavoro è cambiata con un milione di artigiani e operai in meno, come si affronta l’impatto della rivoluzione digitale sul lavoro in Italia?
Farei due discorsi che vanno in parallelo. Professioni tecniche e formazione scolastica devono procedere di pari passo. Per quanto possa procedere l’innovazione avremo bisogno di idraulici, fabbri, falegnami e maestranze varie. Per non perdere il treno dell’economia 4.0 dobbiamo fare più formazione sia sui lavoratori e sui giovani. Sono 755mila gli occupati delle imprese ICT, oltre 82.000 occupati negli ultimi 6 anni, mentre sono 62.000 le posizioni non coperte per mancanza di personale specializzato.

La disoccupazione giovanile è un problema enorme soprattutto al Sud, quali misure si possono adottare per contrastarla? Il crescere della povertà tra gli italiani e il Sud che sprofonda sono le due emergenze sociali da affrontare. Solo Campania e Sicilia hanno 1 milione di Neet. L’Istat prevede uno spostamento della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del Paese. Nel 2065 il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi. Una bomba sociale da disinnescare con misure premianti per le imprese che generano occupazione duratura e di qualità. La digitalizzazione è un fattore che può aiutare ad accorciare le distanze. Ma non si devono dimenticare le infrastrutture: strade, porti, collegamenti sono essenziali.

Il Jobs Act ha dato risultati positivi? E se venisse abolito oggi cosa succederebbe?
Ha ridotto e semplificato le procedure le tipologie di contratto di lavoro e stabilizzato, seppur a termine, moltissimi rapporti di lavoro prima precari. La sua spinta propulsiva, però, si è fermata con l’esaurirsi delle risorse. Dobbiamo premiare in modo strutturato le imprese che investono in Italia.

Quale sarebbe l’impatto dell’aumento dell’Iva sull’economia italiana?
Un recupero di gettito di 12 miliardi prezioso nell’immediato per i conti pubblici, ma nocivo per i consumi, per gli ordini, per la ripresa e per l’occupazione. Non è la strada da seguire per imboccare il sentiero della ripresa.

La riforma delle pensioni è uno dei temi al centro del dibattito, quali opzioni considera percorribili?

Smontarla non mi sembra realizzabile per la tenuta dei conti pubblici, ma ogni riforma ha bisogno di manutenzione. Bisogna conciliare le logiche di bilancio con un giusto equilibrio tra uscita, ma soprattutto entrata nel mondo del lavoro. Nuova occupazione significa gettito fiscale e previdenziale. Senza nuova occupazione non c’è riforma delle pensioni che tenga. Dobbiamo lavorare a un Paese dove stiano bene i genitori e ancora meglio i figli, che devono poter scegliere di emigrare non averne la necessità.

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