giovedì 12 maggio 2016
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«Non può esserci sicurezza alimentare senza pace e non può esserci pace senza sicurezza alimentare. Quindi liberare il mondo dalla fame è fondamentale per mantenere la pace». Il monito lanciato ieri dal direttore generale della Fao José Graziano da Silva indica chiaramente una delle principali preoccupazioni delle istituzioni internazionali. Se una parte di mondo resta a rischio fame, le guerre non potranno che aumentare in futuro, con la lotta per le limitate risorse disponibili a “dettare” l’agenda dei conflitti. Lo si è già visto più volte negli ultimi anni — ad esempio con le tante “guerre dell’acqua” o con la lotta per l’accaparramento delle terre – lo si vedrà ancora di più nei prossimi decenni. Per sottolineare una necessaria inversione di tendenza e per mettere al centro dell’attenzione la sicurezza alimentare, la Fao ha promosso ieri a Roma una conferenza nella quale ha lanciato un’alleanza particolare, quella con quattro premi Nobel per la pace, proprio per sottolineare quanto i due temi (pace e sicurezza alimentare) siano legati. «È una vergogna che ancora non riusciamo a risolvere il problema della fame nel mondo. Dobbiamo ridisegnare le istituzioni, che finora hanno fallito, dobbiamo creare business sociale in agricoltura, rendere semplice per tutti ottenere un prestito per aprire un’attività con cui avere reddito sufficiente per acquistare cibo». La sferzata è giunta da uno dei Nobel invitati, Muhammad Yunus, premiato nel 2006 per la creazione di strumenti di microcredito e microfinanza per lo sviluppo economico nei Paesi poveri. Secondo Yunus è importante convincere i giovani «che non sono job-seekers (cercatori di lavoro) ma job-creators, ovvero imprenditori. Con un fine che è riassumibile in tre zero: zero fame, zero povertà, zero disoccupazione». Secondo Tawakkul Karman, premio Nobel 2011, garantire accesso all’acqua e al cibo «è un impegno morale» e inoltre combattendo la povertà «si combatte alla radice il terrorismo». «Occorre lavorare per creare processi economici di sradicamento della povertà – ha evidenziato –. Non può esserci pace senza giustizia. Non può esserci giustizia finché le persone continuano a morire di fame». L’ex presidente costaricano Oscar Arias Sánchez, Nobel nel 1987, ha tratteggiato uno dei possibili conflitti del futuro, quello «tra gli stessi esseri umani e la Natura», quest’ultima ridotta «ad una serie di sfumature di grigio, dovute all’inquinamento dell’atmosfera e delle nostre città». Una via d’uscita, per l’ex presidente, viene dal recente patto sul clima firmato alla Cop21 di Parigi, definito «il trattato di pace con la Natura». Betty Williams, attivista nordirlandese Nobel nel 1976, in maniera a tratti scanzonata ha sottolineato che il bello del suo Paese sta nel non prendersi troppo sul serio. «Ma questo non vale per il mio lavoro – ha sottolineato – l’impegno per la pace è la cosa più importante della mia vita». Gli ultimi rapporti Onu indicano che il numero complessivo delle persone che soffrono la fame nel mondo è sceso a 795 milioni. Negli ultimi 30 anni, però, le situazioni di crisi sono passate da eventi catastrofici, di breve durata, intensi e molto visibili, a situazioni protratte nel tempo causate da una combinazione di fattori, in particolare dal susseguirsi di catastrofi naturali e con-flitti, con il cambiamento climatico e le crisi finanziarie e dei prezzi tra i fattori di aggravamento. I tassi della denutrizione e della fame nei Paesi che soffrono di crisi prolungate sono tre volte più alti che altrove. Nel 2012, circa 366 milioni di persone vivevano in situazioni di questo tipo: di questi: 129 milioni erano denutriti. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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