domenica 15 settembre 2019
Per i 120 anni di storia l’azienda rafforza le tre chiavi della crescita: la filiera etica dalla raccolta allo scaffale, la lotta contro gli sprechi d’acqua e gli investimenti
Mutti conserva la sostenibilità
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Centoventi anni, un motivo per fare festa. Ma fors’anche più una ragione per affrontare nuove sfide sempre più ambiziose. «Tradizione, qualità, innovazione e sostenibilità»: Francesco Mutti indica questi come fattori di un successo. Mutti è il discendente di una storica famiglia – Marcellino e Calisto Mutti danno avvio alla prima campagna di trasformazione del pomodoro nel 1899 – ed è l’ad della Mutti di Parma, un’azienda che non ha bisogno di presentazioni, almeno nell’ambito delle conserve alimentari e del pomodoro. Tocca a Francesco celebrare questo 120° – che coinvolge anche la conoscenza dell’alimentare parmigiano, con visite nella 'Food valley' al prosciuttificio Galloni di Langhirano, all’azienda vitivinicola Lamoretti di Casatico e al caseificio Montecoppe di Ferlaro, a Collecchio, ove si produce il Parmigiano reggiano dop –. Visite nei campi dei produttori selezionati dove è in corso l’efficientissima raccolta meccanizzata, frenetica e condizionata dalle bizze del tempo, del pomodoro che una volta inscatolato finirà sulle tavole di mezzo mondo.

Un pomodoro 100 per 100 italiano proveniente da aree certificate site ad una distanza media di circa 130 chilometri dalle fabbriche di lavorazione perché deve essere lavorato in poche ore dalla raccolta per mantenere inalterate freschezza e caratteristiche naturali del prodotto. E visita ad uno degli stabilimenti (tre i siti produttivi della Mutti, Montechiarugolo e Collecchio nel parmense al quale nel 2016 si è aggiunto Oliveto Citra, nel Salernitano) accompagnati dal direttore del marketing, Marcello Gelo. Così l’ad fà il punto sulle attività di un gruppo presente in 95 Paesi con un fatturato net- to consolidato nel 2018 di 308 milioni di euro, in crescita del 16.7% rispetto all’anno precedente. E che anche nel primo semestre di quest’anno, nonostante la stagione climatica non del tutto favorevole, registra un aumento a livello globale del 13% frutto della crescita del 10% in Italia e del 22% all’estero mentre i volumi 2018 hanno raggiunto le 539.185 tonnellate. E in contesto di costante crescita nel 2018 sono aumentate anche le assunzioni del personale stagionale all’interno degli stabilimenti che coinvolgono circa 1.200 persone con la quasi metà rappresentata da studenti universitari tra i 18 ed i 25 anni Un percorso fortemente incentrato sulla sostenibilità ambientale (come con la dichiarazione 'no Ogm' e nel risparmio dell’acqua) e sociale anche nei confronti della filiera e della lotta al caporalato nei campi che la Mutti, grazie alla meccanizzazione, ha eliminato da anni. Ma soprattutto sulla qualità. Una qualità che viene premiata dal consumatore.

«La nostra quota export – ci spiega l’ad – va oltre il 36% e il nostro obiettivo è di crescere ovunque, anche in Europa dove siamo già leader ma dove ci piacerebbe conquistare il primato anche in Germania e Belgio dove siamo secondi. Abbiamo splendidi esempi di crescita come in Australia, Stati Uniti, Israele, Russia e Canada – prosegue Mutti – e vogliamo continuare nel percorso di dare maggiore consapevolezza al consumatore che il pomodoro è un prodotto meraviglioso ». Forse anche perché come ama dire «la nostra missione è portare questo frutto alla sua massima espressione». Se gli si fa però notare che sono periodi di turbolenze a livello mondiale a partire dalla Brexit l’ad è chiaro: «sul mercato inglese siamo piccoli per cui non siamo toccati particolarmente anche se, a livello personale, la ritengo un discreto disastro». Aggiungiamo il problema della guerra dei dazi tra Usa e Cina: «è una mezza mannaia – sintetizza –, e speriamo non capiti perché cambierebbe molto le carte in tavola e noi negli Stati Uniti investiamo molto e un dazio improvviso sarebbe una iattura per l’incertezza che genererebbe sugli investimenti dei singoli Paesi, distruggendo valore a livello mondiale». Se l’eventuale, molto incerto, accordo tra Unione Europea e Mercosur (Paesi del Sud America) non interessa il Gruppo di Parma, altrettanto vale per il pomodoro importato dalla Cina, un problema oramai quasi rimosso dopo le paure degli anni passati.

Mutti rimarca che il successo è quello di un gruppo familiare ma che può contare su un managment di eccellenza perché, spiega, «facciamo grandi investimenti sulle risorse in quanto vogliamo lavorare per avere un’azienda bella e positiva, dove chi vi opera è felice di farlo e non si stanca e magari vi trascorre più ore di quelle previste». Investimenti resi possibili anche dall’ingresso nel capitale aziendale con una partecipazione del 24,5%, nel novembre 2016, di Verlinvest, investitore internazionale nel settore del largo consumo. «L’entrata del partner – racconta Mutti – è stata utile per l’acquisto dello stabilimento Coprador, ma abbiamo piani futuri d’investimento per circa 40 milioni. Con loro – conclude l’ad, nominato Cavaliere della Repubblica nel 2018 – potremmo valutare nei prossimi anni anche un’entrata in Borsa. Oppure, chissà, potrebbero mollare. Ma la mia impressione è che non vogliano uscire».

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