sabato 9 febbraio 2013
​Nuove accuse ai vertici. Oggi torna a parlare Vigni. Ascoltati ieri il senatore Paolo Amato (ex Pdl ora Gruppo misto) e il presidente del consiglio regionale toscano Monaci. Chiamato in causa anche il coordinatore Pdl Verdini. (di Nello Scavo)
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Prima il senatore Paolo Amato (ex Pdl ora Gruppo misto). Poi il presidente del consiglio regionale, Alberto Monaci, esponente di punta del Pd toscano. Due interrogatori, ma un solo messaggio: sta per arrivare, nell’inchiesta di Siena sul Montepaschi, il momento che i politici mai vorrebbero. Questione di giorni e, presumibilmente dopo le elezioni, il caso Mps tracimerà fin dentro gli emicicli romani. Gli investigatori, peraltro, ritengono di aver trovato il filo che lega alcune delle principali operazioni politico-finanziarie degli ultimi anni ai guai del Monte. Dai "capitani coraggiosi" di dalemiana memoria, protagonisti di scorribande borsistiche e dell’assalto a Telecom, con sullo sfondo il controverso ruolo della Banca Mantovana, fino ai furbetti del quartierino che fallirono l’arrembaggio di Antonveneta. È questo, più che quello sull’ipotetico giro di tangenti, il filone d’inchiesta che più incuriosisce gli inquirenti e più allarma la politica.I due esponenti ascoltati ieri in qualità di persone informate dei fatti sono considerati dei bastian contrari: perciò le loro sono voci che i pm senesi hanno raccolto con interesse. Amato, infatti, è transitato nel Gruppo misto dopo essersi scontrato con Denis Verdini, plenipotenziario del Pdl su cui si sono addensati sospetti nel corso dell’inchiesta sulla P3 e, ancora più pesantemente, dopo il fallimento del Credito cooperativo fiorentino, la banca di Verdini che più volte bussò alla porta, sempre dischiusa ai politici, del Monte dei Paschi. Monaci è invece accusato dal compagno di partito Adriano Ceccuzzi di aver ordito la cospirazione interna che ha portato al commissariamento del Municipio senese a causa del bilancio (con un buco da 300 milioni), che una parte del Pd non ha voluto approvare, disarcionando proprio Ceccuzzi.Al termine dell’interrogatorio, il senatore Amato ha provato a minimizzare: «Nessun nome, solo un ragionamento politico». Più che usciti da una lezione di Scienze politiche, gli inquirenti senesi sembravano al ritorno da una fortunata battuta di caccia. I due colloqui di ieri sono propedeutici ad altri che verranno nei prossimi giorni e che aiuteranno a meglio interpretare il contenuto delle migliaia di intercettazioni telefoniche, dove i riferimenti a politici locali e nazionali, di ogni schieramento, sono piuttosto frequenti. Soprattutto contribuiranno a fare le domande giuste all’ex direttore generale di Banca Mps, Antonio Vigni, che dopo aver parlato per otto ore lo scorso martedì, è atteso nuovamente oggi in procura. Di lui, Monaci ha detto ai magistrati che «non era uno in condizione di dire no a Mussari, ma era in condizione di vedere le cose». Insomma, doveva per forza sapere come stavano le cose: «È un ottimo analista, una persona per bene, ma forse non ha avuto sufficiente tenuta di carattere per dire no».Di Verdini e del Pdl ha parlato invece il senatore Amato. «Si è comportato da capo del Pdl - ha spiegato ai magistrati -. Se la logica è una logica spartitoria, questi sono i compromessi necessari alla politica». Quanto ad Andrea Pisaneschi, ex componente del Cda di Mps ed ex presidente di Banca Antonveneta, Amato ha spiegato, dimostrando di conoscere molte cose, «che non è stato nominato da Verdini, ma è stato il frutto del "groviglio armonioso" senese. Poi Verdini lo ha gestito». E ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato a Milano oltre tre milioni di euro alla società Enigma. I magistrati di Siena considerano la somma come parte di operazioni anomale degli ex vertici di Mps.
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