giovedì 31 marzo 2011
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Anche la segretaria dell’avvocato ha accesso alla mobilità. Il ministero del lavoro, infatti, ha esteso la disciplina relativa all’indennità di mobilità agli studi professionali finora esclusi. Pertanto, i dipendenti licenziati da questi studi hanno adesso diritto a iscriversi nelle liste di mobilità (e in questo modo possono contare sul fatto di rappresentare una “assunzione agevolata” per il nuovo datore di lavoro che li volesse riassumere) e, in presenza di un’anzianità lavorativa di almeno dodici mesi di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, hanno titolo anche all’indennità di mobilità in deroga. La mobilità, prima di essere un’indennità, è una particolare “procedura” che precede normalmente i licenziamenti collettivi, cioè i licenziamenti di più lavoratori. Con essa viene fissato il numero dei lavoratori in esubero in azienda e dato l’ok, assieme ai sindacati, alla risoluzione dei rapporti di lavoro. In via di principio, destinatarie della procedura di mobilità sono le aziende dell’industria (con più di 15 dipendenti) e del commercio (con più di 200 dipendenti); ma sono vigenti normative “transitorie” che ne estendono l’applicazione anche alle aziende più piccole come, per esempio, alle commerciali con più di 50 e fino a 200 dipendenti, alle agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e alle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti. I lavoratori che sono coinvolti nella procedura di mobilità hanno diritto ad una speciale indennità (detta, appunto, di mobilità) che aiuta a superare i momenti di difficoltà economica successivi al licenziamento. I lavoratori sono iscritti in apposite liste (pure queste dette di mobilità) e l’iscrizione ha valore ai fini di una ricollocazione lavorativa più agevole. Infatti, chi assume lavoratori iscritti nelle liste di mobilità fruisce di particolari vantaggi, versando contributi in misura inferiore a quella dovuta per gli altri lavoratori. L’indennità di mobilità è pari all’80% della retribuzione del lavoratore; la durata varia in relazione all’età del lavoratore al momento del licenziamento e all’area geografica in cui è ubicata lo sede dello stabilimento di lavoro: fino a 40 anni dura 12 mesi ovvero 24 mesi nel mezzogiorno; oltre 40 anni e fino a 50 anni dura 24 mesi ovvero 36 mesi nel mezzogiorno; oltre 50 anni dura 36 mesi che salgono a 48 nel Mezzogiorno.Oltre alla mobilità ordinaria e a quella in “regime transitorio”, appena viste, c’è pure la “mobilità in deroga”: altro non è che la stessa indennità di mobilità, ma riconosciuta “in deroga (appunto) alla normativa vigente”, cioè anche a quei soggetti normalmente non destinatari della procedura. E qui vengono ad innestarsi le recente novità del ministero del lavoro. Novità che derivano da due quesiti formulati dall’Ordine dei consulenti del lavoro e dalla Confprofessioni. Il primo ha chiesto parere in ordine alla possibilità d’iscrivere nelle liste di mobilità i dipendenti licenziati dagli studi professionali. Dall’esame delle norme, ha spiegato il ministero del lavoro, risulterebbe una risposta negativa, in quanto la disciplina riguarda solamente le “imprese” e a quest’ambito normalmente non appartengono gli studi professionali. Tuttavia, ha aggiunto il ministero, le norme possono ora essere reinterpretate alla luce delle indicazioni della corte di giustizia delle comunità europee nella causa C/32 del 16 ottobre 2003. La sentenza afferma che occorre incentrarsi su una nozione più ampia di “datore di lavoro”, al di là dello stretto perimetro della nozione di imprenditore, intendendo pertanto incluso qualunque soggetto che svolge attività economica e attivo in un determinato mercato. Forte di questa nuova linea di orientamento, il ministero ha esteso agli studi professionali la disciplina della mobilità con la conseguenza che i lavoratori dipendenti da questi studi, licenziati per riduzione di personale, acquisiscono il diritto a iscriversi nelle liste di mobilità (senza titolo, però, alla relativa indennità: il beneficio, in tal caso, è rappresentato dalla ipotesi di assunzione agevolata). Con il secondo quesito è stato chiesto se fosse possibile la fruizione, da parte sempre dei lavoratori dipendenti da studi professionali, delle risorse finanziarie destinate agli ammortizzatori in deroga, ai fini della percezione dell’indennità di mobilità in deroga. La risposta è stata affermativa. Con le normative anticrisi, ha spiegato il ministero, il Legislatore ha voluto estendere le misure di sostegno del reddito alle categorie di lavoratori normalmente escluse a motivo del settore di riferimento, della dimensione aziendale o del tipo di contratto di lavoro.
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