giovedì 7 aprile 2016
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MASSIMO IONDINI G li architetti stanno ultimando i disegni. Decine di bozzetti sono sui loro tavoli pronti per essere consegnati al Ministero della Giustizia per l’autorizzazione. Dopo l’ok del Demanio ottenuto in un solo mese, questa è l’ultima tappa dell’iter burocratico. Poi il via ai lavori per l’atteso pastificio del carcere minorile romano di Casal di Marmo. Quando tutto sarà pronto per 15 giovani detenuti comincerà una nuova vita. La ricetta? Il coraggio di rimettersi in gioco. Accompagnati e affiancati da cinque o sei operai specializzati, ci saranno giovani italiani a fianco di coetanei stranieri, tutti finalmente con un regolare contratto di lavoro e accomunati da un passato di devianza sfociata in furti, rapine, scippi, traffico di stupefacenti. «L’idea è venuta a me e ad alcuni volontari che mi seguono all’interno del carcere minorile di Casal del Marmo, dove sono cappellano ormai da 35 anni» racconta il 69enne padre Gaetano Greco che fa parte della Congregazione dei terziari cappuccini dell’Addolorata, fondata dallo spagnolo Luis Amigò, diventato vescovo e morto nel 1934. L’idea del pastificio era scattata quando, lo scorso agosto, fu varata una riforma nell’ambito della realtà penale minorile che prevede che i ragazzi possano continuare a rimanervi fino ai 25 anni di età. «In virtù di questa importante novità – spiega padre Gaetano – abbiamo chiesto alla direzione del carcere uno spazio per realizzare un’opportunità di lavoro a quelli con più di 18 anni, una vera chance di vita. L’idea di un pastificio ci è sembrata la migliore, anche per il valore simbolico: che questi ragazzi scarti della società trasformino la farina in cibo è emblema di riscatto e di speranza». Il sostegno economico per dotare il pastificio di tutto il necessario verrà dalla Chiesa italiana, dalla Caritas e dalla Cattolica Assicurazioni. «Tutto ciò in nome della concretezza, come esorta sempre papa Francesco. Non a caso, questo progetto sta prendendo corpo nell’anno del Giubileo della Misericordia». Unico rammarico per il vulcanico religioso è che sarà quasi impossibile poter inaugurare il pastificio entro l’anno giubilare. «Ma spero che papa Francesco lo venga comunque a visitare entro dicembre. Del resto, è affezionato al nostro carcere minorile: qui è venuto per la lavanda dei piedi il Giovedì Santo di tre anni fa, per la sua prima Pasqua in veste di Pontefice». Anche Benedetto XVI era stato in visita alcuni anni fa a Casal di Marmo. Ma il primo a varcarne la soglia fu il cardinale Agostino Casaroli quando era segretario di Stato vaticano durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Importante fu il suo appoggio all’attività di padre Gaetano, che era cominciata fin dal 1984 quando entrò in vigore la riforma del procedimento penale minorile che aprì a tutta una serie di alternative alla normale detenzione in carcere e padre Gaetano dette vita a una prima struttura all’esterno, Borgo Amigò, per quei ragazzi che volevano provare a rimettersi in gioco. «Tanti di loro oggi ci vengono a trovare con i loro figli» dice. Le mani in pasta il pugliese padre Gaetano aveva imparato a metterle già alcuni decenni fa. Prima a Cagliari in una casa di rieducazione per adolescenti a rischio, poi dal 1981 a Casal di Marmo. «Ero venuto per sostituire l’allora cappellano per un brevissimo periodo, ma il tempo alla fine si è fermato – ricorda –. Del resto con i giovani si lavora molto bene, facendo leva sul bisogno di riscatto. La pastorale che ho sempre portato avanti concilia il Vangelo e la concretezza del fare». Ai futuri pastai di padre Gaetano non basteranno però macchinari e attrezzature, ma servirà qualcuno che insegni loro a utilizzarle. «Avremo il sostegno della Barilla per quanto riguarda la formazione professionale – svela l’intraprendente cappellano –. Ho incontrato più volte Paolo Barilla che ci ha garantito anche l’accompagnamento dell’associazione dei pastai italiani». Barilla punterà così alla formazione dei ragazzi, non soltanto come produzione di pasta ma anche come gestione dell’indotto. Oltre che pastai, i giovani detenuti diventeranno esperti anche nella selezione e nella ricerca delle tipologie di grano da utilizzare e si cimenteranno nella distribuzione del prodotto. Il pastificio produrrà e distribuirà anche fuori dal carcere, diventando poi una vera e propria scuola di pastificazione permanente. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’esperienza Padre Gaetano Greco
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