venerdì 24 settembre 2010
I punti sottolineati dalla presidente degli industriali riguardano lo snellimento della burocrazia e il taglio dei costi improduttivi; il taglio delle tasse; le infrastrutture; l'energia; il mercato; il merito, la ricerca e la formazione e in questo senso l'auspicio è che la Riforma Gelmini passi «intatta» alla Camera.
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L'Italia oggi «ha un problema serio di crescita» e se dunque «il rigore nei conti pubblici non è una opzione ma un must», allo stesso tempo «bisogna fare una reale politica di crescita». A ribadirlo è la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, intervenendo alla seconda Assise di Confindustria Toscana a Viareggio (Lu), all'interno dei cantieri navali Azimut Benetti.«Il Paese si concentri su questo tema della crescita», ha ribadito la Marcegaglia che chiede «da tempo» alla politica, e ora «con una certa stanchezza»,  «risposte chiare e forti». I punti sottolineati dalla Confindustria riguardano lo snellimento della burocrazia e il taglio dei costi improduttivi («nelle nostre imprese nella crisi abbiamo tagliato tutti i costi»); il taglio delle tasse (l'auspicio è che il tavolo per le tasse porti a «ridurre la pressione fiscale su chi tiene in piedi questo Paese, imprese e lavoratori», con la disponibilità a ragionare sulle rendite finanziarie); le infrastrutture («sulle opere strategiche i fondi ci siano, e se non ci sono bisogna dirlo, basta bugie»); l'energia; il mercato (perchè il Paese mostra una «allergia al mercato» e anche questo governo «sta facendo una politica assolutamente contraria al mercato»); il merito, la ricerca e la formazione e in questo senso l'auspicio è che la Riforma Gelmini passi «intatta» alla Camera.Un analogo impegno per la crescita la numero uno di Confindustria lo chiede all'Europa: «Si sta discutendo di un nuovo Patto di Stabilità per la crescita, questo vorrà dire una ancora maggiore sorveglianza sui conti pubblici, e noi saremo un sorvegliato speciale per il nostro debito, ma anche una maggiore sorveglianza sulle politiche di crescita. Serve più Europa ma anche l'Europa deve cambiare» e deve «tornare a valorizzare la propria industria».
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