giovedì 12 maggio 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Il colombiano Aljure: l’agrobusiness divora il Sud del mondo «Voglio solo che gli italiani sappiano ciò che comprano… Spesso si dice che l’olio di palma è economico. Per questo conviene. Non ai colombiani, però. Per noi ha un prezzo molto, molto salato. A me addirittura è costato tutto: la terra, il diritto ad abitare nel mio villaggio, di non avere paura di essere assassinato». Dal 2008, William Aljure si batte contro l’agrobusiness che divora il Sud del mondo. «Le multinazionali si accaparrano i terreni, costringendo i contadini a vendere. Inquinano e calpestano la libertà dei locali », denuncia ad Avvenire l’attivista della Commissione interecclesiale di Giustizia e Pace. L’organizzazione è parte del progetto Alas - América Latina Alternativa Social di Libera International. È stata quest’ultima a portare Aljure in Italia affinché potesse far conoscere la tragedia dimenticata di Mapiripán, cittadina nel cuore dello Stato del Meta, devastata dalla violenza e dalla fame di terra. Una vicenda che riguarda direttamente la Penisola, poiché là opera l’azienda italo-spagnola Poligrow. Il nome di Mapiripán è impresso a fuoco nella memoria collettiva colombiana perché vi è avvenuto, nel 1997, uno dei massacri più efferati della guerra civile. Tra il 15 e il 20 luglio, i paramilitari delle Autodefensas Unidas de Colombia (Auc) arrivarono in forze e, con la complicità dell’esercito, come stabilito dalla Corte Interamericana per i diritti umani, assassinarono decine e decine di contadini. Tuttora è impossibile conoscere il numero esatto. «È stato solo l’inizio, però, perché i paramilitari non se ne sono mai andati». Per tale ragione, nei dieci anni successivi all’eccidio, quasi 13mila persone furono «desplazadas ». Una parola drammaticamente comune in Colombia: sono circa 6 milioni gli sfollati interni creati dal conflitto. Profughi nel loro stesso Paese. Come i cittadini di Mapiripán, costretti ad abbandonare 73mila ettari. Molti dei terreni – denuncia la Commissione interecclesiale – sono stati sottratti con la forza o l’inganno ai legittimi proprietari dalle multinazionali, tra cui l’italo-spagnola Poligrow, che produce olio di palma. Un business in espansione nel Paese, quarto produttore mondiale. Il gruppo Poligrow si è stabilito nella zona nel 2008 e, in pochi anni ha accumulato oltre 5.600 ettari. «Fin da subito ha messo gli occhi sulla mia proprietà. Dato il mio rifiuto a vendere mi hanno minacciato. Un commando di ex paramilitari, ufficialmente smobilitati, ha cercato di costringermi a firmare un atto di cessione. Nove dei miei familiari sono stati uccisi. Da chi? I colpevoli non sono mai stati trovati… Alla fine, nel 2012, ho dovuto andarmene». Aljure non ha, però, abbandonato la lotta. «Ho capito che il mio era solo uno delle migliaia e migliaia di casi. Abbiamo creato una rete che include 30mila famiglie vittime dei biocombustibili in 14 diversi dipartimenti: in maggioranza sono neri, contadini poveri, indigeni ». Questi ultimi sono particolarmente fragili di fronte all’avanzata dell’agricoltura industriale che, spesso, inquina le loro terre ancestrali e li costringe a modificare il proprio stile di vita. «Non possiamo porre fine a questo scempio da soli. Abbiamo necessità del sostegno dei consumatori del Nord del mondo. La scelta di non acquistare determinati beni che non rispettino i diritti dei produttori è l’unica arma per 'mettere in riga' le multinazionali». © RIPRODUZIONE RISERVATA La testimonianza
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: