mercoledì 1 marzo 2017
Secondo una ricerca, le imprese del settore sono alla ricerca di progettisti di prodotti tessili sostenibili e responsabili della sicurezza chimica
Ecco le professioni innovative nel tessile
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L'industria tessile e della moda diventa sempre più sostenibile per rispondere alle richieste del mercato. La tendenza è evidenziata anche dal progetto I&S Textile –Innovazione e sostenibilità nel settore tessile realizzato da Centrocot e finanziato dalla Regione Lombardia con l’obiettivo di comprendere alla luce dei cambiamenti organizzativi in atto nel comparto quali nuove competenze si rendano necessarie per supportare i programmi di sostenibilità delle imprese. In particolare ha consentito di individuare e approfondire due figure professionali: il progettista di prodotti tessili sostenibili e il responsabile della sicurezza chimica. La ricerca è stata svolta in collaborazione con la Scuola di Ingegneria della Liuc - Università Cattaneo da Aurora Magni, docente incaricato di Eco efficienza, materiali e processi. Ha coinvolto 21 imprese del territorio in rappresentanza di tutti i processi produttivi per complessivi 24 partecipanti tra imprenditori e manager che hanno portato il proprio contributo in workshop e interviste mirate.

«Per individuare professionalità emergenti - spiega la professoressa Magni - credo che la strada più efficace sia comprendere i driver di innovazione in atto nei sistemi produttivi. Per questo abbiamo scelto di coinvolgere un gruppo di 21 imprese in gruppi di lavoro. Questo ci ha permesso di comprendere come si pongono di fronte al grande tema della sostenibilità, quali obiettivi si sono date e quali investimenti hanno effettuato o contano di effettuare. Da questi incontri sono emerse due informazioni importanti: gli imprenditori del comparto pensano che la crisi non sia finita, ma immaginano ancora un futuro manifatturiero. Cioè vogliono continuare a produrre in Italia, e sanno che per farlo è necessario attribuire maggior valore al prodotto sia esso estetico, funzionale o –come è emerso dalla ricerca- ecologico ed etico. Secondo: l’attenzione all’impatto ambientale dei prodotti e processi tessili non è una moda passeggera ma una strategia su cui le imprese puntano per essere più competitive. Perché lo fanno? Certamente hanno pesato le pressioni di Greenpeace che negli ultimi anni ha messo sotto accusa i brand della moda per l’impatto ambientale dei processi effettuati soprattutto nel Far East e ha chiesto di eliminare sostanze chimiche pericolose dalle lavorazioni. Ma quella che sembrava una risposta subita si è trasformata in un’opportunità. Chi meglio dei produttori tessili italiani abituati a collaborare con i produttori chimici e meccanici per studiare soluzioni green può accettare questa sfida? La sicurezza chimica dei prodotti e dei processi è diventata quindi centrale nelle riflessioni delle imprese produttive ma anche nel terziario che offre consulenze al comparto. E questo spinge a ridisegnare professioni già esistenti e immaginarne di nuove».

Anche sul fronte della creatività e dello sviluppo delle collezioni e dei campionari si registrano cambiamenti interessanti. Se il mercato chiede prodotti ecologicamente sicuri e con una storia etica, la scelta dei materiali di base diventa un passaggio fondamentale. Ecco allora stilisti e designer interrogarsi sull’opportunità di privilegiare, per esempio, fibre naturali da coltivazioni biologiche o sintetiche ottenute da riciclo, parlare di welfare animale, confrontarsi con i sistemi di certificazione, comparare performance ed effetti estetici. Perché la moda sostenibile non deve certo rinunciare a essere di tendenza. Inoltre la cultura dell’economia circolare spinge anche l’industria tessile a programmare il destino dei prodotti che realizza immaginando il loro riciclo. Un approccio nuovo che richiede un cambio significativo nella cultura progettuale e una integrazione delle conoscenze e delle competenze dei creativi.

Per far fronte a questi impegni sostenibili le imprese coinvolte nella ricerca stanno adeguando i propri modelli organizzativi. Ben 19 su 21 già dispongono di gruppi di lavoro interni e supportati, quando necessario da esperti di Università e laboratori di analisi e di ricerca. La sostenibilità, ritengono tutti gli intervistati, è infatti un tema che coinvolge più funzioni aziendali e non è restringibile a un unico specifico ufficio. Mentre 18 aziende hanno al proprio interno una figura dedicata di formazione tecnico/scientifica, anche se prevalentemente si tratta di una figura ibrida che si occupa anche di altre funzioni (sicurezza, qualità).

«I trend descritti - continua la docente - influenzeranno l’area dedicata allo stile e allo sviluppo prodotto fino a definire una competenza specificatamente esperta sul tema identificabile secondo i ricercatori con il progettista di prodotti green. Si tratta di un tecnico che dovrà abbinare alla propria anima creativa una buona conoscenza dei materiali e dei processi, dovrà intendersi di certificazioni, considerare i vincoli legislativi e normativi relativi all’esportazione dei prodotti e progettare in una logica di eco design senza perdere di vista i requisiti di industrializzazione del prodotto. Questa capacità di progettare tenendo conto di vincoli ed opportunità fa di questa figura una risorsa preziosa in grado di interagire tanto con la produzione quanto con l’area marketing commerciale. La complessa gestione di capitolati, schede tecniche, certificazioni rende necessaria una figura professionale dedicata, che è stata individuata nel Responsabile della sicurezza chimica. Si tratta di un tecnico che dovrà misurarsi con la molteplicità delle evidenze documentali e supportare l’azienda nella definizione di prodotti e processi green coerenti con i protocolli richiesti dal mercato o determinati dall’azienda stessa. Dovrà quindi conoscere i materiali, le sostanze e i composti chimici utilizzati nei processi, le normative e gli standard di sicurezza. Le competenze individuate ne fanno una figura in qualche modo confrontabile con il responsabile della qualità ma con mansioni non limitabili al controllo dei materiali. Il responsabile della sicurezza chimica opererà infatti in relazione con le funzioni aziendali coinvolte nella produzione e nella commercializzazione dei prodotti. Dovrà inoltre contribuire al rilevamento e alla riduzione delle emissioni oltre che occuparsi della sicurezza interna alle aree produttive».


Difficile quantificare le opportunità occupazionali del comparto, anche se le strategie "sostenibili", per essere attuate, richiedono un’integrazione delle competenze di cui l’azienda normalmente si avvale. Nelle imprese più piccole spesso di tratta di professionalità ibride, tecnici e manager cioè che si occupano ‘anche’ dei progetti di sostenibilità. Le più strutturate hanno in organico figure mirate o pensano di acquisirle. C’è sicuramente un grande bisogno di competenze tecniche ‘ingegneristiche’ in grado di agire sui processi, di gestire dati complessi, di misurare l’impatto ambientale dei singoli prodotti con modalità scientifiche, di dialogare in termini tecnici con fornitori e clienti. Un ruolo importante è ricoperto dalla formazione professionale che può concorrere ad aggiornare le competenze di chi già è inserito in azienda ma è soprattutto ai giovani che occorre pensare. Nei corsi universitari e nei master si comincia a parlare di green economy e si stanno realizzando in più parti d’Italia corsi professionalizzanti per diplomati e laureati di uno o due anni progettati proprio per rispondere alle specifiche esigenze di quel territorio. Alcuni di questi corsi si rivolgono proprio alla formazione di futuri tecnici per la sostenibilità nel settore tessile e della moda e grazie al coinvolgimento delle imprese offrono opportunità occupazionali concrete.

«La ricerca condotta con Centrocot - conclude Magni - è stata l’occasione per interrogarci sul ruolo dell’ingegnere gestionale nel management della sostenibilità. La nostra Università è talmente convinta della necessità di formare manager, e spesso futuri imprenditori, sensibili su questi temi da aver dedicato tre insegnamenti agli studenti del III anno su energia, materiali e processi, strumenti della sostenibilità, insegnamenti che dal prossimo anno slitteranno nel corso magistrale. Stanno anche crescendo gli stage e le tesi di laurea dedicati alla sostenibilità».



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