martedì 23 maggio 2017
Il commissario Ue agli Affari economici: non siamo dei burocrati, accompagniamo le riforme. Sull'Imu raccomandazione non nuova
Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari economici e Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia (Ansa)

Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari economici e Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia (Ansa)

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Ora basta con questa storia della Commissione Europea fatta da tecnocrati, Bruxelles ha fatto di tutto per cercare di aiutare l’Italia come per nessun altro Paese Ue. E uscire dall’euro sarebbe una follia, per la crescita servono le riforme, come serviranno altri sforzi di bilancio per il 2018. Pierre Moscovici in questa intervista ad Avvenire nei suoi uffici al decimo piano del Berlaymont, la storica sede della Commissione, non trattiene uno sfogo. «Non so se mi irrita – sbotta – semmai mi fa sorridere che continuino a trattarci da 'eurocrati'. È davvero totalmente ingiustificato e fuori luogo. Perché se c’è un Paese che non può pensare che questa sia una Commissione di tecnocrati è proprio l’Italia, il solo Paese che ha beneficiato di tutte le flessibilità previste, e in modo massiccio. Parliamo di ben oltre 10 miliardi di euro per il solo 2016. Abbiamo concesso, unico Paese finora, la clausola per le riforme strutturali per quest’anno, e poi la clausola per gli investimenti per quest’anno e anche per il 2016, anche se in quell’anno in realtà gli investimenti invece di aumentare sono calati…»

E allora perché lo avete fatto?
Ma perché abbiamo tenuto conto del fatto che vi erano dei ritardi nei fondi strutturali previsti per l’Italia. Ecco, francamente quelli che accusano la Commissione di essere un guardiano pignolo e gretto delle regole non sono seri. La Commissione ritiene che l’Italia sia un Paese cruciale dell’Eurozona, un Paese di cui dobbiamo accompagnare gli sforzi di riforma, verso il quale dobbiamo mostrare comprensione e intelligenza. Noi abbiamo preso decisioni segnate da una buona volontà politica che bisogna riconoscerci, mi piacerebbe che il dibattito politico italiano smettesse di prendere di mira la Commissione, che si è sempre comportata come un’amica vigilante, esigente, certo, ma seria, dell’Italia. Se la Commissione è il nemico dell’Italia, non so chi sia il suo amico.

Non ha dato cifre per il 2018, ma la Commissione parla di «sforzi di bilancio so-
stanziali». Chiederete una massiccia manovra in autunno?
Noi abbiamo regole per la correzione dei conti pubblici fissate in una matrice che portano a cifre precise. Abbiamo preferito non indicarle, per nessun Paese. Questo perché vogliamo, anzitutto, che siano fatti sforzi di bilancio necessari: sarebbe illusorio pensare che l’Italia nel 2018 non debba farne, vista la situazione dei conti pubblici. Ma certo utilizzeremo il nostro margine di valutazione in funzione del carattere particolare della ripresa italiana: senza inflazione e con debole domanda. Non vogliamo applicare le regole del Patto e la matrice in un senso che danneggi la crescita. Daremo il nostro parere in autunno sulla base del progetto di bilancio. Ma perché l’Italia è il fanalino di coda per la crescita? Molti sono convinti che sia colpa dell’euro… Capisco che si possa esser tentati da questa tesi. Ma è assurdo: se fosse così, allora tutti i Paesi della zona euro dovrebbero avere una crescita allo 0,9% come l’Italia. Invece nell’Eurozona la crescita media è dell’1,8% e in alcuni Paesi si arriva anche al 3%. I Paesi che, come l’Italia, hanno una crescita debole, semplicemente devono fare le riforme interne per migliorare la competitività e la loro capacità a crescere. Ed è per questo che serve un piano nazionale di riforme ambizioso, ed è ciò che chiediamo all’Italia, per liberare il suo grande potenziale. Fare il processo all’euro è facile, ma immaginarsi che liberandosene non si abbia più bisogno di riforme è un errore. Al contrario: uscendo dall’euro non si beneficia più delle protezioni collettive che dà la moneta unica, si è vittima della speculazione, dell’aumento dell’inflazione, dei tassi d’interessi, del calo del potere d’acquisto.

Dunque avanti con le riforme… A dire il vero l’Italia di riforme ne ha fatte.

Matteo Renzi è stato un premier riformatore e il governo di Paolo Gentiloni prosegue questo cammino. Solo che le riforme di cui il Paese ha bisogno sono molte. Ci aspettiamo un impegno riformatore ed europeo da parte dell’Italia.

Ha fatto scalpore la vostra richiesta di reintrodurre la tassa sulla prima casa per i redditi
più elevati…
È una raccomandazione non nuova, è stata già espressa nel 2016. Abbiamo fatto simulazioni che provano come i benefici di questa abolizione vadano soprattutto ai redditi più elevati. E l’Italia ha bisogno di un consolidamento di bilancio per ridurre il suo alto livello di debito pubblico.

La preoccupa la possibilità
che l’Italia torni al voto in autunno?
Elezioni o no, gli impegni dell’Italia restano. Noi abbiamo fiducia che resterà un Paese al cuore dell’eurozona e rispetti gli impegni. Non posso immaginare che l’Italia non sia consapevole del suo ruolo storico di Paese fondatore e cuore dell’Europa, che porta avanti l’integrazione dell’Eurozona.

Molti lamentano il surplus commerciale tedesco, in Italia qualcuno dice che le regole devono valere anche per Berlino…
Noi desideriamo che Berlino aumenti i suoi investimenti. Tuttavia, la regola del surplus riguarda chi è sottoposto a procedura di deficit eccessivo, e non è certo il caso della Germania. E comunque è una cosa ben diversa dai conti pubblici..

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