mercoledì 6 aprile 2016
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Gli scandali, dal Watergate in poi, hanno insegnato due cose: che c’è sempre qualcuno che “parla”, affinché qualcun altro possa raccontare gli affari illeciti all’opinione pubblica e c’è sempre qualcuno, che non necessariamente corrisponde alla “gola profonda”, che ha interesse che le notizie circolino. Questo per dire che ciò che è venuto alla luce fino ad ora dall’inchiesta dei reporter è soltanto la punta di un iceberg, dal prevedibile effetto domino politico. Come qualcuno ha fatto già notare, dalla mole di materiale manca buona parte del fronte “statunitense”. Cameron (colpevole o innocente che sia) ha sicuramente già incassato un siluro che potrebbe in qualche modo influenzare le scenario del referendum sull’uscita dall’Unione Europea, meglio noto come Brexit. Putin vedrà (modestamente) offuscata la sua immagine di servitore del suo popolo, Xi Jinping (nonostante la censura in atto in Cina sulla vicenda) qualche accostamento indebito con qualche suo predecessore coinvolti in grandi scandali lo vedrà fatto. Marine Le Pen apparirà certamente più legata al padre dalla casa di famiglia, rispetto alla facciata di scontro politico che li divide. Ma questo, per tutto il mondo è anche l’anno del nuovo presidente americano. Qualche personalità americana potrebbe infatti essere coinvolta nel clamoroso “affaire” che ha portato a galla un network internazionale offshore destinato a vip e politici di tutto il mondo attraverso il quale riciclare denaro ed evitare di pagare le tasse. Non va dimenticato infatti che lo studio Mossack Fonseca lavorava con almeno 617 intermediari che operano all’interno degli Stati Uniti, tra cui banche, studi legali e altri partner. Per ora non sono stati resi noti i nomi dei gruppi Usa e l’unica cittadina statunitense coinvolta è la scrittrice Marianna Olszewski. Nessuna banca americana compare al momento nella lista dei dieci istituti finanziari coinvolti nello scandalo. Illazioni resterebbero tali fin quando non vi fosse verifica, così come lo scrupoloso e meritorio lavoro del gruppo di giornalisti è solo alle prime battute. Una rete di oltre 170 giornalisti sparsi in tutto il mondo e collegata al Center for public integrity, organizzazione non profit con sede proprio a Washington. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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