giovedì 9 agosto 2012
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​È cambiato parecchio il mondo da quando la "Grande recessione", come la definiscono nei loro lavori recenti Joseph Sitglitz, Robert Reich e Paul Krugman prese avvio negli Stati Uniti. Il suo manifestarsi fu decisivo per l’elezione di Barack Obama, il primo nero a diventare presidente. E contagiò l’Europa. Oggi, il rischio di un contagio di ritorno, dall’Europa agli Stati Uniti, potrebbe bruciare le aspirazioni di Obama a ottenere un secondo mandato dagli elettori.Allora gli europei erano furibondi per quella malattia finanziaria che intuivano avrebbe potuto colpire prima o poi anche loro; esattamente come lo sono ora gli americani che temono che il contagio europeo possa vanificare gli sforzi per avviare la ripresa, nella speranza che presto seguano anche i posti di lavoro (jobless recovery). In questo balletto di irritazioni reciproche c’è qualcosa che ricorda il modo speculare con cui francesi e italiani del Rinascimento definivano una malattia assai spiacevole: quello che era il mal italien per gli uni diveniva il mal francese per gli altri. Corsi e ricorsi della nomenclatura epidemiologica, si dirà. Ma qualcuno, in queste settimane in cui il segretario al Tesoro Usa, Geithner, ci rampogna e ci sprona, mentre Obama ci incoraggia e ci bastona, qualcuno, dicevo, si ricorda ancora quel Vertice di Praga in cui i leader europei spiegavano con una certa sufficienza al nuovo inquilino della Casa Bianca le virtù del modello europeo di regolazione dei mercati finanziari? Sembrerebbe di parlare di Marziani, se non fosse che nel frattempo gli Stati Uniti hanno mandato la sonda Curiosity sul Pianeta rosso.Come ci ripetiamo da anni in coro, l’America resta un Paese con fondamentali economici assai peggiori di quelli della gran parte degli Stati europei e dell’Unione nel suo complesso. Peccato che l’Unione Europea abbia dei pessimi fondamentali politici, dei quali, peraltro, non si intravvede neppure lontanamente il "risanamento". Eppure è così chiaro che è proprio sui pessimi fondamentali politici che scommette la speculazione, convinta che l’Europa non riuscirà a completare il difficile guado in cui è impegnata dall’inizio del nuovo millennio. Ecco dove sbaglia la cancelliera tedesca Angela Merkel; ed ecco anche dove è troppo timido il premier italiano Mario Monti, che se non altro (chissà quanto involontariamente) un punto critico l’ha toccato davvero nella famosa intervista a <+corsivo>Der Spiegel<+tondo>, indicando la necessità di un controllore parlamentare di livello più elevato, in grado di valutare e sostenere in maniera coordinata gli sforzi dei governi nazionali.Mentre Europa e America cercano di districarsi dalle alghe che infestano questo limaccioso Mar dei Sargassi finanziario in cui si sono infilati da oltre quattro anni, altri Paesi crescono… sono i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che persino nell’immaginario collettivo hanno preso il posto delle Tigri asiatiche degli anni ’80, dei quali molti sperano siano in grado di trainare tutto il convoglio in acque più sicure. Difficile che lo facciano senza esigere la propria quota del carico salvato, ovvero senza rivendicare più potere nel sistema internazionale. Peraltro l’operazione è già in corso e non pare che possa essere non traumatica. Difficile però anche che possano riuscirci effettivamente, considerando che anche le loro stime, pur sempre positive, sono continuamente aggiornate al ribasso. Vuoi vedere che dopo le acefale rivoluzioni arabe di questi due anni, ci toccherà vedere il sorgere di un mondo, nel suo complesso, acefalo? Roba da malditesta…
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