sabato 24 gennaio 2015
​Assopopolari promette battaglia contro il testo approvato dal governo Renzi. Ma il Finantial Times: quelle banche sono "arcaiche e poco redditizie"
INTERVISTA Sapelli: la riforma? È incostituzionale (Massimo Iondini)
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Assopopolari promette battaglia contro la riforma del settore presentata dal governo: l’associazione delle banche popolari non lascerà «nulla di intentato» per contrastare il provvedimento che costringe i dieci istituti più grandi a trasformarsi in Spa.  È molto forte, però, il fronte di chi vuole forzare queste banche a diventare meno 'democratiche' è più simili alle altre. Ieri se ne sono avute diverse conferme. Ignazio Visco ha difeso la riforma dal World Economic Forum di Davos. La riforma delle popolari «è positiva», ha detto il governatore della Banca d’Italia, in quanto va nella direzione del miglioramento della governance e della trasparenza. Il numero uno di Via Nazionale, però, ha pure aggiunto che «staremo a vedere tuttavia quanto consolidamento si verificherà». Dopodiché ha ammesso che le banche popolari italiane sono andate «complessivamente bene» negli anni passati di difficoltà economica, ma è pur vero che «governance, trasparenza e capacità di finanziare l’economia, dato che si parla di grandi banche, devono essere migliorate ». Anche l’agenzia di rating Fitch si è schierata a favore. Ha parlato di una possibile positività «per gli istituti più grandi nel medio termine» poiché «rafforzerebbe la corporate governance e renderebbe più semplice il consolidamento del settore». E sarebbe positiva in quanto «le strutture delle banche cooperative sono più vulnerabili alle interferenze dei politici, dei dipendenti, dei pensionati e di altri soggetti locali». Secondo l’agenzia, la trasformazione in società per azioni «combinata con una base azionaria diffusa può facilitare un cambio di controllo» e «potenzialmente semplificare il consolidamento».  Ma è stato soprattutto il Financial Times a chiarire perché la riforma piace tanto alla 'alta finanza'. Il quotidiano della City ha sottolineato come in un mercato «sovrabbondante di insegne bancarie» come quello italiano il «consolidamento è un obbligo» e ha criticato le banche popolari per essere «solo scarsamente redditizie» e perché «lavorano con regole di governance arcane». Dal punto di vista dei finanzieri londinesi, dunque, questi istituti di media dimensione, profondamente radicati nel territorio, hanno bisogno di un cambiamento», e quindi nessuna sorpresa se «le loro azioni hanno fatto il botto questa settimana». La preoccupazione del Ft è che il Quantitative easing lanciato della Bce possa migliorare i profitti delle banche popolari, e allora «la pressione per un consolidamento diminuirebbe», anche perché ci sono «interessi locali» che possono bloccare «operazioni di fusione e acquisizione».  Ed è stato forse anche per questo 'allarme' su quello che il quotidiano della City definisce rischio di «annacquamento» della riforma che ieri, dopo gli entusiasmi dei giorni scorsi, a Piazza Affari – che ha chiuso in positivo a +0,24% – le banche popolari quotate in Borsa hanno frenato clamorosamente con i cali di Banco Popolare (-4,74%), Ubi Banca (-3,47%) e Bper (-2,72%).
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