martedì 2 febbraio 2010
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Una mappa ricchissima di iniziative, fiorite lungo tutto il 2009 per rispondere ai bisogni di milioni di famiglie in difficoltà. L’appello del Papa a salvaguardare i posti di lavoro in una fase in cui ancora non si intravede la fine della crisi, si inserisce dunque perfettamente in un «mosaico» di progetti lanciati dalle diocesi e dalle parrocchie, d’intesa con la Caritas, per sostenere i redditi dei lavoratori attraverso strumenti innovativi e il più possibile incisivi. Dal microcredito ai fondi ad hoc per i nuclei familiari in difficoltà, dalle collette alla raccolta di aiuti economici sono diverse le strategie messe in campo, sul territorio, dalla Chiesa italiana per dare una mano a chi, complice la recessione, rischia di restare indietro. La priorità è stata quella di garantire un «paracadute» sociale sufficientemente forte soprattutto per i disoccupati e, tra di essi, per chi è rimasto vittima di pesanti ristrutturazioni aziendali senza poter neppure godere di ammortizzatori sociali, a partire dalla cassa integrazione.Il Prestito della speranzaÈ il 31 maggio 2009 quando in tutte le chiese del nostro Paese si celebra la Colletta nazionale, con l’invito rivolto a tutti i fedeli affinché partecipino al «Prestito della speranza». Un momento di mobilitazione collettiva delle comunità cristiane, che segue all’intesa siglata dalla Conferenza episcopale italiana e dall’Abi per la creazione di un fondo di garanzia pari a 30 milioni a favore delle famiglie numerose o con a carico soggetti gravemente malati e disabili. Da allora le richieste di finanziamento transitano dalle Caritas locali, a cui sono state affidate in concreto le azioni di gestione degli aiuti: in tutto, circa 125 progetti suddivisi in sei diverse modalità di intervento. La parte del leone spetta al  microcredito, grazie al quale trova risposta circa la metà delle domande.Solidarietà da Nord a SudLa prima a muoversi è stata la diocesi di Milano, pioniere di quel Fondo famiglia lavoro che poi ha fatto scuola in molte altre realtà diocesane, con peculiarità diverse da zona a zona: a Bergamo i primi a versare di tasca propria sono stati i sacerdoti, mentre Vicenza ha invitato famiglie ad adottare altre famiglie, facendosi carico dei costi della spesa settimanale. A Prato l’obiettivo è stato quello di consentire alle coppie di pagarsi utenze, affitti e mutui. A Firenze il progetto comprende anche un fondo di garanzia per l’autoimpiego, a Bologna le risorse raccolte vengono messe a disposizione nel Fondo emergenza famiglie. Ha un nome evocativo, «Gocce di speranza», il piano per le famiglie voluto dalla diocesi di Torino. In Sicilia, a partire da Palermo, si sono moltiplicate le esperienze a sostegno, non solo delle famiglie, ma anche delle piccole attività commerciali. Nel Mezzogiorno è assai viva la realtà del microcredito, che accomuna le diocesi di regioni come Calabria, Puglia e Basilicata. Un’altra formula nuova, la cui sperimentazione sta crescendo, è quella delle mense aperte per famiglie in difficoltà, in forte espansione soprattutto nel Meridione dove più netto è il contrasto tra chi ha retto l’impatto con la crisi e chi invece non arriva più alla fine del mese.Più fondi e cura pastoraleForte l’impegno della Caritas a Roma, mobilitata in particolare nei campi del microcredito, del sostegno solidale per chi fa la spesa e nella consulenza a chi ha perso il posto di lavoro. A Napoli, invece, la scelta è stata quella di muoversi attraverso l’istituzione di finanziamenti speciali per le famiglie, mentre Pompei si è impegnata con forza per garantire i sostegni necessari alle madri in difficoltà e l’accoglienza ai ragazzi «difficili». L’attenzione e la sollecitudine per i problemi economici, infatti, non vanno distinte né separate dalla cura pastorale per i soggetti più penalizzati, in particolare i giovani. Quanto ai primi consuntivi che arrivano dal territorio, la sorpresa più grande è rappresentata non tanto dai beneficiari dei fondi raccolti, quanto dagli stessi donatori: in molti casi, ha spiegato la Caritas, sono state proprio le famiglie povere a muoversi per condividere «il poco» che hanno, a loro volta, con altre famiglie in difficoltà versando somme direttamente sui fondi creati dalle diocesi. Una lezione che andrebbe ricordata anche ai piani alti di molte aziende.
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