giovedì 4 agosto 2022
Piero Martin, fisico responsabile del progetto DTT ai laboratori Enea di Frascati: le nostre università stanno già preparando ottimamente fisici e ingegneri
Fusione nucleare, Italia in prima fila per lo sviluppo
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«Siamo in una fase fortemente dinamica e nei prossimi anni ci attendiamo progressi interessanti»: il messaggio che mette un punto, numeri alla mano, sulla fusione giunge forte e chiaro da Piero Martin, professore ordinario di Fisica sperimentale all'Università di Padova, già coordinatore della task force europea "Medium Size Tokamak", oggi responsabile della "fisica" del progetto DTT.

Partiamo dal nodo dirimente: alla fusione nucleare spetta un posto a tavola tra i protagonisti della transizione energetica? Siamo pronti?

Lo scenario sta rapidamente evolvendo. I dispositivi esistenti consentono di approfondire le conoscenze "fisiche" e, nel prossimo decennio, esperimenti già testati e in funzione, come Iter e Dtt, garantiranno un salto di qualità. Accanto al crescente interesse dei privati, inoltre, il dibattito attorno alle questioni ambientali-energetiche ha acquisito spazio e peso tali nell'opinione pubblica e nelle agende dei governi, da rendere inderogabile qualsiasi sforzo su questo fronte. Occorre maturare la consapevolezza che le soluzioni arriveranno guardando, senza pregiudizi, ad ogni possibile alternativa "pulita". Sottolineo, purché con approccio laico.

Il nostro Paese è alla guida dei programmi di ricerca. Su quali punti di forza possiamo contare?

Innanzitutto, la formazione universitaria. I nostri Atenei preparano ottimamente fisici e ingegneri, non a caso assai richiesti all'estero. Con il nuovo esperimento DTT, in fase di costruzione presso i laboratori Enea di Frascati, abbiamo l'opportunità, non così frequente nel nostro Paese, di mettere a frutto, in casa, i nostri migliori talenti, di vederli fiorire. Eccellente è poi la qualità della ricerca e una indiscussa, lunga e riconosciuta tradizione industriale di alta tecnologia e altissima specializzazione.

Come interpreta la tendenza ad una presenza sempre più marcata e incisiva dell'industria nell'ambito dei maggiori consorzi di ricerca? Quale segnale proviene dal settore privato?

Mi limito ai numeri di questi ultimi anni: per lo sviluppo di Iter, dalle industrie italiane sono state vinte, in gare europee, commesse per un valore di oltre un miliardo di euro. A livello internazionale, stiamo osservando l'ingresso di grandi finanziatori pronti a cogliere le opportunità che intravedono nella fusione. un fatto storicamente senza precedenti in questo ambito, capace di generare ulteriori interessi e risorse globali. Non parliamo di piccole cose, basti pensare ad Eni.

La fusione avrà un ruolo di punta o marginale nell'auspicato futuro energetico sostenibile e libero da fonti fossili?

La fusione, sul medio e lungo termine, sarà coprotagonista a fianco delle rinnovabili del processo di transizione energetica, all'interno della quale le due soluzioni sono tra loro complementari: anzi, la transizione ha bisogno di entrambe. La sfida che vede in gioco i destini dell'umanità richiede profonda fiducia nella scienza. Oltre alla dimensione ambientale, comprende la drammatica condizione di oltre un miliardo di persone afflitte da povertà energetica o prive dell'accesso all'elettricità. Lo sforzo della comunità scientifica consiste nell'adoperarsi perché la fusione sia un mezzo per ridurre il gap tra i popoli e, all'interno dello stesso Paese, tra chi può garantirsi un diritto primario e chi no. Insomma, la ricerca ha senso se rende le nostre società più giuste

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