martedì 8 luglio 2014
I moderati provano a cambiare, il Pd fa muro. Oggi vertice con Poletti. Al Senato Sc e Ncd premono per sostituire il reintegro con un indennizzo.
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Il chiarimento dovrebbe arrivare oggi, in un incontro tra i rappresentanti del governo e della maggioranza. Ma non è detto che i nodi sulla delega lavoro si sciolgano così facilmente. Al centro delle divisioni, che stanno caratterizzando la maggioranza e il Pd, ci sono, neanche a dirlo, l’eterno tema dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e quello, collegato, del contratto a tutele crescenti.Il ministro Giuliano Poletti, per ora, non intende scoprire le carte sulla posizione del governo. Al ministero dicono che andrà all’incontro con la commissione Lavoro del Senato (dov’è in discussione la delega) «con un atteggiamento anzitutto d’ascolto» delle ragioni dell’uno e dell’altro schieramento. Anzi delle tre posizioni che si sono delineate nei giorni scorsi con la presentazione degli emendamenti. Allo scadere del termine, il 27 giugno, ne sono stati depositati 496, di cui circa 150 del M5S, 80 del Pd e una decina per ciascuno di Ncd, Sc e Svp. A rendere visibile la spaccatura all’interno della maggioranza è stata in particolare la proposta di modifica presentata da Pietro Ichino (Sc) e firmata da tutto lo schieramento moderato (Ncd, Udc, Popolari) con la quale si punta a introdurre, con la delega, il codice semplificato del lavoro e il contratto a tutele crescenti. Quest’ultimo, nelle intenzioni dei proponenti, non dovrebbe essere né sostitutivo di tutte le altre forme, né aggiuntivo, ma rappresentare sostanzialmente una riscrittura del contratto a tempo indeterminato in particolare riguardo all’annosa questione dei licenziamenti, sostituendo al reintegro nel posto di lavoro un indennizzo monetario e servizi di ricollocamento. La formulazione, anche in questo caso, non è stringente e il contratto a tutele crescenti potrebbe essere applicato sia nella versione "leggera", con la possibilità di licenziare solo nei primi tre anni dall’assunzione, sia in quella più "complessa" con la sostituzione definitiva del reintegro con l’indennizzo monetario e i servizi di ricollocamento. Il Ncd con il presidente e relatore Maurizio Sacconi è pronto a dare battaglia perché passi quest’ultima ipotesi: «Dobbiamo cambiare il contratto a tempo indeterminato se vogliamo che venga ancora utilizzato. L’obiettivo, perciò, è dare al governo la possibilità di introdurre il Codice semplificato che sostituisca lo Statuto dei lavoratori non più attuale e nuove politiche attive e passive per il lavoro. Su questo ci impegneremo fino in fondo».Le scelte dei moderati, però, hanno trovato finora l’opposizione sia del governo sia della gran parte dei senatori del Pd. La sottosegretaria Teresa Bellanova ha ribadito in commissione che la delega, così come pensata dal governo, non prevede di toccare la materia dei licenziamenti e dell’articolo 18. Posizione sostenuta anche dalla capogruppo Pd Annamaria Parente, secondo la quale «tutta la maggioranza dovrebbe responsabilmente evitare di cambiare i contenuti della delega». Ma il senatore Pietro Ichino insiste nel ricordare come l’impegno a introdurre il codice semplificato e il contratto a tutele crescenti sia stato inserito come premessa politica al decreto sui contratti a termine e risponda concretamente alle sollecitazioni di riforma avanzate della Ue. Nel mezzo – ecco la terza posizione – il senatore Stefano Lepri anch’egli del Pd, ha provato a individuare un compromesso limitando il contratto a tutele crescenti alle sole nuove assunzioni di giovani e disoccupati.Vedremo oggi quale posizione assumerà il ministro Poletti e quanto si accenderà lo scontro. Dalla Camera, intanto, il presidente della Commissione Lavoro, l’ex ministro Cesare Damiano (Pd) avverte che «no pasarán». «Voler discutere di articolo 18 è solo una battaglia ideologica conservatrice. Alla imprese non interessa, mentre sarebbe utile concentrarsi sul taglio dei costi a cominciare dall’Irap – commenta Damiano –. Il contratto a tutele crescenti, con un periodo di prova fino a 3 anni, si può introdurre. Ma niente modifiche strutturali alle tutele contro i licenziamenti e nessun apartheid per i giovani».
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