venerdì 17 dicembre 2021
Presentato al Senato il libro di Michele Cutolo, avvocato e vice presidente del Movimento cristiano lavoratori, che individua i futuri sviluppi dello "smart working" in Italia
Il lavoro agile potrebbe favorire anche l'occupazione femminile

Il lavoro agile potrebbe favorire anche l'occupazione femminile - Archivio

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In piena pandemia erano circa otto milioni i lavoratori “agili”. Lo smart working, termine inglese che significa appunto “lavoro agile”, non aveva prima del 2020 estimatori in Italia: non oltre 600mila dipendenti, soprattutto di multinazionali e medio-grandi imprese. Con l’emergenza sanitaria, lavoratori e datori, dalla sera alla mattina, si sono dovuti reinventare processi aziendali per poter stare a casa in maniera più o meno proficua. Lo smart working della necessità: una costrizione fatta virtù per tenere in alto Pil e orgoglio nazionale. Poi si è scoperto che aiutava a conciliare con la famiglia e a renderci più produttivi. Michele Cutolo – avvocato e vice presidente del Movimento cristiano lavoratori – ha provato a fare chiarezza su questo istituto con il libro Smart working da esigenza emergenziale a vettore del worklife balance, illustrato nella Sala Nassiriya del Senato con il vicepresidente della commissione Lavoro e membro della commissione della Sicurezza sul lavoro e delle morti bianche Vincenzo Carbone.

Tanti i contributi e le buone prassi contenuti nel volume. Oltre allo stesso Carbone, anche il rettore dell’Università Federico II di Napoli, Matteo Lorito, che ha ricordato come gli Atenei abbiano «risposto in maniera molto rapida e anche efficace alla pandemia: più di un milione e mezzo di studenti in didattica a distanza». Mentre per Giulio Quadri, docente di Diritto del lavoro alla Federico II, «è pericoloso affidare la concreta regolamentazione del rapporto all'accordo individuale se l'accordo individuale non viene adeguatamente sostenuto da tutele di rango legislativo o da tutele di fonte collettiva». Livia Ricciardi della Cisl ha invece auspicato il lavoro agile come strumento di conciliazione, ma anche occasione per migliorare l’occupabilità femminile e la parità di genere.

«Dal punto di vista esterno – ha spiegato Cutolo - si tratterebbe di un modo di erogare la prestazione lavorativa senza vincoli di tempo e di spazi, ovvero ove meglio il lavoratore ritenga e negli orari opportuni e più consoni alle sue esigenze personali e familiari. Ma il lavoro agile non è solo la fornitura di servizi e prestazioni a distanza servendosi di un massiccio supporto tecnologico. Il lavoro agile richiede che un’organizzazione ripensi i propri processi produttivi, di comunicazione, di monitoraggio e di controllo». Un primo limite è che la lavorazione deve essere possibile al di fuori dei locali aziendali, in assenza di vincoli insuperabili allo stato attuale delle tecnologie. Quindi i processi vanno ripensati affinché informazioni, documenti, materie e prodotti viaggino sui rispettivi network senza creare intralcio, in modo flessibile, efficiente, sicuro. Il fattore umano qui diventa preponderante: coesione, organizzazione e team building a distanza sono una delle principali sfide dello smart manager. Infatti, da un lato lo smart working implica il possesso di strumenti tecnologici (computer, smartphone, connessione internet), informativi (intranet, posta aziendale) e comunicativi (chat, video chiamata, video conferenza, procedure di controllo remoto a distanza o assistenza remota). D’altro canto è pur vero che dietro a un pc, in un punto remoto di una città c’è una persona con tutte le sue caratteristiche proprie.

«È fondamentale, pertanto, che lo smart worker abbia un buon grado di autonomia lavorativa e una forte propensione al risultato – conclude Cutolo -. Il risultato, per essere valutato, può essere espresso come numero di lavorazioni laddove possibile, ma esso dovrebbe essere soprattutto inquadrato nell'obiettivo generale del raggiungimento dei fini aziendali. Una giusta valutazione del risultato finale deve tener conto della complessità delle lavorazioni, del beneficio che una singola tipologia di lavorazione può portare sul risultato globale rispetto agli obiettivi primari, e del grado di innovazione che spesso, facendo leva su studio ed esperienza, porta notevoli vantaggi nella produzione». In definitiva, per poter trasformare il lavoro agile da necessità a opportunità, bisogna che assuma il suo stato più naturale, nutrendosi di sana organizzazione, frequente comunicazione e gratificazione personale.


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