lunedì 11 aprile 2016
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Anche i dipendenti pubblici potranno avvalersi della possibilità di lavorare a part time prima di mettersi in pensione. È la legge di conversione del dl n. 210/2015 (c.d. Milleproroghe) ad estendere al settore del lavoro pubblico questa facoltà, introdotta dalla legge di Stabilità 2016 a favore solo dei dipendenti del settore privato, qualora raggiungano l’età per la pensione di vecchiaia nel triennio 2016/2018. In pratica, i lavoratori potranno trasformare il rapporto a tempo parziale (part time) e determinato con scadenza prefissata al giorno di compleanno in cui compiono l’età per la pensione di vecchiaia. Lavoreranno meno, ma dovranno rinunciare soltanto a due terzi dello stipendio non spettante per la ridotta prestazione lavorativa: l’altro terzo (il 33%) sarà attribuito come “premio” in busta paga e senza tasse! E non è tutto perché, per tutto il periodo di lavoro a part time, i lavoratori otterranno la copertura dei contributi figurativi per la pensione per la quota di ore lavorate in meno, così da non compromettere la carriera contributiva. Vediamo meglio di che si tratta.La legge di Stabilità 2016 fissa le condizioni per avvalersi dell’opzione per il part time, mentre rinvia a un decreto la disciplina sulle modalità operative. Le condizioni fondamentali sono due e richiedono che il lavoratore: •    sia già in possesso del requisito minimo di contributi previsto per il diritto alla pensione di vecchiaia (solo “pensione di vecchiaia”, non altre); •    maturi il diritto alla pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018. Quando entrambe le predette condizioni risultino soddisfatte, il lavoratore ha la possibilità di optare per il part time. Attenzione, però. La decisione non è soltanto sua, ma va presa d’intesa con il suo datore di lavoro. Ci deve essere un accordo allora, che deve riguardare tutti i termini dell’opzione, cioè la trasformazione del rapporto di lavoro da “tempo pieno e indeterminato” a “tempo parziale e determinato”, con la cessazione prefissata al giorno del compleanno dell’età per la pensione di vecchiaia che deve cadere necessariamente entro il 31 dicembre 2018 (cioè in uno degli anni 2016, 2017 o 2018). L’opzione per il part time premia il lavoratore con il riconoscimento di un bonus in busta paga che copre parzialmente la perdita di stipendio per via della ridotta prestazione di lavoro. Tale bonus, a carico del datore di lavoro (il quale beneficia della ridotta retribuzione da erogare al lavoratore a motivo del part time), è equivalente ai contributi a fini pensionistici che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare per il lavoratore (e che invece non versa per via del part time). Il bonus (i contributi) ammonta al 33% della retribuzione non erogata al lavoratore in virtù del ridotto orario di lavoro. Tale importo, sebbene finisca in busta paga, è escluso dal reddito da lavoro dipendente e non è assoggettato ai contributi previdenziali, non per la quota a carico del datore di lavoro e né per la quota a carico del lavoratore. Su esso, quindi, il lavoratore non paga né tasse e né subisce altre trattenute. Non finisce qua. Perché, inoltre, per tutto il periodo di lavoro a part time, al lavoratore sono riconosciuti i contributi figurativi per la quota di orario di lavoro non lavorata, così da conservare quasi in misura integra la costituzione nel tempo della sua futura pensione. L’opzione per il part time è concessa a domanda, previa autorizzazione della direzione territoriale del lavoro. Il datore di lavoro, a tal fine, con riferimento al lavoratore che intende avvalersi dell’opzione, deve dare comunicazione all’Inps e alla stessa direzione territoriale del lavoro della stipulazione del contratto di lavoro a termine e a part time, secondo le modalità che verranno stabilite da apposito decreto.
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