mercoledì 7 settembre 2022
Questa consapevolezza emerge anche nel Pnrr, che con il suo programma Gol intende includerli tra i suoi beneficiari. Nelle imprese conta molto la capacità di gestire quattro diverse generazioni
I lavoratori esperti possono trasferire le proprie competenze alle giovani leve

I lavoratori esperti possono trasferire le proprie competenze alle giovani leve - Archivio

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I lavoratori esperti possono diventare delle risorse per le aziende. Con la diminuzione del tasso di natalità e l’aumento delle aspettative di vita, il mercato del lavoro fatica a trovare figure specializzate in linea con i propri bisogni. L'invecchiamento della popolazione rappresenta una delle sfide delle principali economie mondiali e dei relativi sistemi economici, sociali e sanitari. Secondo il rapporto della Commissione Europea, la cosiddetta Silver Economy, generata appunto dall'aumento dell'incidenza della popolazione over 60, può rappresentare un'opportunità per i Paesi UE. Questo sia in termini di creazione di posti di lavoro sia di ricchezza, grazie alla domanda di nuovi beni e servizi di questa fascia di popolazione. Tuttavia, nel rapporto del 2019, dal titolo Ageing and Employment – Identification of good practice to increase job opportunities and maintain older workers in employment, il Cedefop-Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale evidenzia che i Paesi che sembrano destinati ad affrontare i più gravi problemi legati al cambiamento demografico siano ancora poco consapevoli delle sfide che hanno davanti. Una di queste sfide è legata alla gestione del lavoro “maturo”: se l’età demografica media si alza insieme all’età pensionabile, infatti, aumentano anche le persone over 50 che si vedono trattenute (o che possono restare) nel mondo del lavoro. Infatti, i cambiamenti demografici e sociali in atto li portano a essere considerati in modo diverso: da un lato alcuni sostengono che devono farsi da parte e dall’altro c’è chi invece appoggia l’idea che debba essere ritardata l’età pensionabile. All’interno di questo dibattito poco spazio è lasciato alle esigenze, alle ambizioni, alle motivazioni e alle ulteriori potenzialità di sviluppo di questa fascia d’età. Essi, però, sono risorse preziose la cui esperienza e competenza, se correttamente valorizzate, possono essere trasmesse alle nuove leve e costituire un valore aggiunto al processo produttivo. Come sottolineato anche dalla ricerca Talenti senza età – Donne uomini over 50 e lavoro svolta nel 2019 da ValoreD, il rischio maggiore è quello che i lavoratori maturi vengano messi da parte nonostante le esperienze, capacità e risultati portati. Innanzitutto, gli over 50 si sentono chiedere due cose contraddittorie: dare “spazio ai giovani” al fine di alleggerire i costi aziendali e consentire il ringiovanimento delle organizzazioni e pensionarsi più tardi per alleviare gli oneri della previdenza. Si tratta ovviamente di due richieste tra loro incompatibili, ma che hanno in comune una visione negativa del lavoratore maturo o anziano. Il valore aggiunto che apportano questi lavoratori, invece, è strettamente legato al bagaglio di saperi costruito nel proprio percorso professionale e di vita: per farlo fruttare è necessario promuovere il coinvolgimento attivo di questi lavoratori e continui scambi con i lavoratori più giovani. Affidare ai lavoratori maturi compiti di affiancamento potrebbe responsabilizzarli, offrire nuovi stimoli e dare ai più giovani ulteriori possibilità di formazione sul campo. Questo quadro di vantaggi e svantaggi dei lavoratori senior derivante dall’applicazione del ciclo di vita delle competenze trova conferma nella ricerca Le politiche aziendali per l’Age Management: materiali per un piano nazionale per l’invecchiamento attivo condotta da Riccio e Scassellati per Inapp, che esamina le motivazioni aventi un peso nel trattenere o meno i lavoratori senior nell’attività lavorativa. Secondo l’opinione rilevata nell’ambito di un campione di lavoratori, l’esperienza acquisita nel tempo è il principale motivo per cui gli stessi sono trattenuti all’interno dell’azienda; mentre il più alto costo del lavoro è ritenuto il principale motivo per cui le imprese tendono a espellerli. Come suggerisce il rapporto di ricerca La valorizzazione dei lavoratori maturi(over 50): una sfida per le politiche pubbliche e per le strategie delle organizzazioni condotto dall’Università Liuc-Carlo Cattaneo, la prima constatazione che risulta evidente da questo profilo di analisi è l’esistenza di un atteggiamento generale, diffuso tra i lavoratori italiani over 50, non particolarmente favorevole al prolungamento dell’attività lavorativa tra i 55 anni e i 60 e oltre. In effetti, si rileva che almeno la metà dei lavoratori con più di 45anni vorrebbero anticipare il più possibile la fine dell’attività professionale. Si evidenzia anche che, indipendentemente dalla situazione lavorativa, nell’eventualità in cui la questione dipendesse esclusivamente dalla loro volontà, il 49,2% del totale degli occupati desidera andare in pensione prima possibile, solo il 17, 3% desidera farlo più tardi possibile, il 25,2% si attiene a quello che il contratto di lavoro prevede per il pensionamento e l’8,2% non ha un’idea precisa su ciò che desidera in proposito. Un lavoratore che taglia il traguardo dei 50 anni affronta un momento delicato del proprio percorso professionale, a prescindere dal fatto che possa perdere o meno la propria occupazione. Questa consapevolezza emerge anche nel Pnrr, che con il suo programma Gol-Garanzia di occupabilità dei lavoratori intende includere tra i suoi beneficiari anche gli over 55. Le risorse complessive sono pari a 4,4 miliardi di euro, cui si aggiungono 600 milioni di euro per il rafforzamento dei Centri per l’impiego (di cui 400 già in essere e 200 aggiuntivi) e 600 milioni di euro per il rafforzamento del sistema duale. I lavoratori esperti sono esplicitamente richiamati tra i lavoratori fragili e vulnerabili, a dimostrazione che c’è la volontà, da parte dello Stato, di supportare questa fascia di età nel lavoro non solo con gli incentivi per le assunzioni rivolti alle aziende, ma anche con politiche volte alla riqualificazione delle competenze. Anche le imprese, quindi, possono concorrere alla valorizzazione dei lavoratori. La ricerca Over 50: istruzioni e strumenti per una corretta valorizzazione dei lavoratori più maturi realizzata da Randstad sottolinea le dimensioni che risultano utili a sostenere gli over 50: la prima riguarda l’identità organizzativa, per cui la comunicazione dell’ identità dell’azienda dovrebbe essere sostenuta da una narrazione convincente e avvincente; la seconda riguarda il clima organizzativo, e nello specifico la promozione dell’autonomia e del controllo individuale sul proprio lavoro e la lotta contro gli stereotipi legati all’età; infine la terza componente riguarda l’arricchimento del tessuto relazionale attraverso la promozione di scambi tra generazioni differenti. In particolare, all’aumentare dell’identità organizzativa, dello scambio intergenerazionale e del controllo, le persone hanno rispettivamente tre volte in più, due volte e mezzo in più e due volte in più la probabilità di essere un talento attivo.

In azienda possono convivere quattro generazioni

Per la prima volta nella storia, stiamo assistendo alla convivenza di quattro diverse generazioni nelle aziende: Boomer (persone nate tra il 1946 e il 1964), Generazione X (persone nate tra il 1965 e il 1979), Generazione Y o Millennial (persone nate tra il 1980 e il 1995) e Generazione Z o Nativi Digitali (persone nate dal 1996 in poi). Questo fenomeno è dovuto a due fattori principali: lo spostamento progressivo dell’età del pensionamento, arrivato ora a 67 anni, e l’innalzamento dell’aspettativa di vita. Secondo quanto emerge dagli ultimi dati pubblicati da Eurostat, infatti, l’aspettativa di vita media in Italia è di 85,1 anni per le donne e 80,6 anni per gli uomini. La forza lavoro multigenerazionale rappresenta una grande ricchezza per le imprese e un vantaggio competitivo non indifferente, in quanto ogni generazione porta con sé un bagaglio di conoscenze e competenze potenzialmente differente rispetto alle altre. Allo stesso tempo, però, se non ben gestite, le diversità tra una generazione e l’altra possono diventare la causa di conflitti, malcontenti, disallineamento del sapere e fallimento. In questo contesto, però, la tecnologia può aiutare le aziende nell'organizzazione e nella gestione delle differenti generazioni, mettendole in connessione e consentendo loro di interagire. In particolare, la HR-Tech Company HRCOFFEE (https://www.hrcoffee.it) ha sviluppato un nuovo modello di gestione del personale basato su un approccio people based (persone al centro). Grazie all’intelligenza artificiale, HRCOFFEE People Analytics Platform permette di mappare e portare a fattor comune le competenze, le conoscenze e i punti di forza dei dipendenti, rendendoli facilmente trasmissibili e tracciabili nel corso del tempo. In questo modo ogni azienda ha piena consapevolezza delle skills e delle conoscenze dei propri dipendenti e di chi siano i candidati più idonei per formare i team di progetto. Non solo, grazie a queste tecnologie innovative viene agevolato anche il percorso di crescita professionale del personale attraverso l'aggiornamento delle competenze ed è più semplice individuare i bisogni e le esigenze delle diverse generazioni, così da creare un ambiente di lavoro sereno e stimolante per tutte le fasce d’età. «Oggi nelle organizzazioni convivono ormai almeno quattro diverse generazioni che, negli ultimi anni, hanno determinato cambiamenti organizzativi importanti, con una rapidità che la storia non aveva mai visto prima - spiega Maria Cesaria Giordano, ceo e co-fondatrice di HRCOFFEE -. I Boomer, per esempio, sono analogici e tradizionalisti, hanno imparato a utilizzare la tecnologia solo in età avanzata e prediligono la comunicazione face-to-face e il confronto telefonico alle videocall o agli strumenti digitali. All’opposto la Generazione Z è iperconnessa e totalmente immersa in una dimensione che non ha più confini tra ciò che è online e ciò che invece è offline. La nuova generazione è smart, inclusiva e propensa all’innovazione. Diventa perciò fondamentale creare momenti di scambio e condivisione in modo da trasferire e tramandare le conoscenze e le competenze di generazione in generazione e mantenere viva l’azienda, evitando conflitti. L’attuale situazione, impone risposte di gestione che oggi la tecnologia può dare, come per esempio nell’ambito dei processi di onboarding, reverse mentoring e upskill. Il software di HRCOFFEE non soltanto aiuta a mappare la conoscenza aziendale attraverso gli analytics, ma aiuta l’organizzazione nei processi di aumento dell’engagement e del benessere dei propri dipendenti».

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